Secondo una recente, sintetica ed efficace definizione, «un critico lette-
rario è un lettore che scrive di quel che legge» (Onofri, 2008, p. 9). Di
conseguenza, «passare dalla lettura disinteressata alla scrittura (scrittu-
ra critica) significa stabilire un rapporto col proprio linguaggio» (Bal-
dacci, 2001, p. 31). Critica e lettura, accomunati dal fatto di essere due
momenti della ricezione delle opere, per altri aspetti differiscono dun-
que tra loro. In greco, krités significa "giudice" e krinein "giudicare":
con il termine critica (in inglese criticism, in francese critique, in tedesco
Kritik) Ci si riferisce all' operazione di chi descrive, interpreta e valuta
un' opera d'arte. Questa attività, tuttavia, potrebbe essere svolta anche
da un singolo lettore che decida di dar forma scritta, nello spazio chiu-
so di un diario privato, alla sua esperienza. La critica letteraria invece si
differenzia dalla lettura non solo perché è lettura-scrittura ma anche per-
ché è un atto pubblico, un'esperienza rivolta a persuadere un destinata-
rio, là dove la lettura è un atto individuale. L'attività del critico, a diffe-
renza di quella del lettore, comporta un agire comunicativo legittimato
in qualche modo da un'istituzione culturale (scuola, università, editoria,
giornalismo) e capace di conquistarsi un ascolto e un consenso median-
te la forza argomentativa e persuasiva dello stile.Il critico in sostanza
può essere considerato un intellettuale che tie ne in riuso il patrimonio
letterario, lo seleziona e ne rende i significati attuali in situazioni storiche
nuove rispetto a quelle del contesto originario (cfr. Luperini, 2002).
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