mercoledì 7 marzo 2012

MOLTINPOESIA
A più voci sull’incontro
con Amedeo Anelli di ‘Kamen’



Ieri 6 marzo 2012 si è svolto l'incontro del Laboratorio Moltinpoesia con Amedeo Anelli della rivista 'Kamen'. Ecco un rendiconto a più voci.  [E.A.]




Paolo Pezzaglia:


Caro Ennio e cari Molti,
mando di presto mattino questo messaggio per confermare il vivo interesse che ha suscitato in me l’incontro con Amedeo Anelli e la sua ‘Kamen’. Conoscevo questa rivista solo per averla trovato citata non so dove, ora mi abbonerò.
Mi è piaciuto l’approccio di Anelli, e della sua collaboratrice: oltre ad apprezzare la sua grande cultura e l’ampio respiro “europeo” della rivista (ma perché fare esclusioni e porre limitazioni geografiche?)  ho ammirato la sua responsabile autonomia  e molti dei suoi giudizi, spesso sorprendenti, sempre affilati e precisi come le frecce del Guglielmo Tell.
Si è trattato di un vero “laboratorio” all’antica con un maestro di bottega che spiega l’arte agli  apprendisti, divertendosi lui, e noi, che lo seguivano con altrettanto divertimento...
Non dirò altro perche fare i reportage non è tra le mie corde. Volevo solo dire a tutti che mi sono trovato molto bene, cosa che non mi succede spesso.


Lucio Mayoor Tosi:


Concordo con Paolo, è stata una serata istruttiva oltre che appassionante e divertente. 
Penso che il Laboratorio abbia fatto un salto di qualità, e sinceramente era da parecchio tempo che speravo succedesse. Solo non immaginavo quale avrebbe potuto essere la svolta necessaria per passare, dalla semplice amichevole partecipazione tra poeti, ad un'altra esperienza, più proficua anche se più impegnativa, che comporta studio e applicazione mettendo da parte complimenti e compiacimenti vari perché in definitiva superflui, se non anche dannosi. 
In passato mi sarei contentato di soluzioni più fattive, vedi il “Fogliettone” o la possibilità di redigere un'improbabile antologia, ora invece penso che l'identità critica abbia prevalso in modo a mio avviso salutare anche se, com'è comprensibile, ha creato disagio e qualche scontento tra i molti. 
A mio parere non ne viene alterata per questo l'identità del gruppo, non sento cioè il pericolo che si passi a quegli ambiti specializzati e selettivi che sappiamo essere per tante ragioni preclusi ai molti. Tra quei molti sconosciuti ci sono anch'io, e per quel che mi riguarda, umilmente so di avere ancora molto da imparare. 


Enzo Giarmoleo:

Non sapevo molto di ‘Kamen’. L'incontro si è svolto in modo informale grazie all'attitudine di Amedeo Anelli, che è riuscito a creare un'atmosfera tutt'altro che ingessata e formale e che nello stesso tempo dava spessore a quanto andava dicendo. 
Anelli ci ha fatto capire il lavoro minuzioso portato avanti dai redattori che hanno creato in questi ultimi 20 anni un importante lavoro di ricerca dei testi teorici anche della tradizione, ricerca necessaria senza la quale c'è il reale pericolo di cadere nella superficialità dell'esistente, nel vuoto degli anni 80, nella mancanza di senso delle strutture socio culturali di quel periodo. La rivista nasce credo nei primi anni novanta per reagire a quel vuoto. 
Da qui la necessità per Kamen di approfondimenti culturali, andando alle radici della teoria, di dedicare molto spazio a ciascun argomento privilegiando la formula monografica. La necessità inoltre di fare letteratura italiana non isolandola dal contesto delle culture europee, non nel senso comparato ma dialogico (Oldani non si capisce senza  Mandel'štam) per colmare le manchevolezze della cultura italiana.
Un accenno è stato fatto all'analisi strutturalista. Si capisce che ‘Kamen’ si muove in senso diacronico.
Nessun accenno è stato fatto alla letteratura americana a parte qualche veloce battuta in negativo ma forse potrebbe essere l'argomento della prossima volta. A pelle potrei pensare che se alcun menzione  viene fatta di questa letteratura e dei suoi importanti risvolti (Eliot, Pound, Withman, Ferlinghetti, Ginsberg ecc) si può cadere nello stesso errore che si era voluto correggere e non si vede perché si possa dialogare solo con le letterature europee.
Enzo 


Ennio Abate:


Aggiungo  alcune note sull’incontro del 6 marzo 2012 con Anelli, Stefania Sini ed altri suoi amici milanesi convenuti alla Palazzina Liberty anche per salutare Amedeo, tra cui il musicologo e poeta Sandro Boccardi:


1. È stato davvero sorprendente per me conoscere ieri sera di persona Anelli. Per anni ci siamo inviati segnali convenzionali (‘Kamen’ in cambio di ‘Poliscritture’; qualche segnalazione su questo blog di autori stranieri o di mostre da lui curate come critico d’arte). Una sola, breve e veloce telefonata. M’ero costruita nella fantasia l’immagine di un uomo alto,  segaligno,  austero, compassato. Amedeo è invece tutt’altro: testa leonina,  robusto, di  media altezza,  gioviale, persino esuberante e a tratti istrionico; e ridacchia, divaga, conosce innumerevoli personaggi della cultura, cita nomi di scrittori o artisti quasi sconosciuti, punge sempre nei giudizi.


2. La rivista ‘Kamen’, nata nel 1991, è certamente  specialistica: ha un vero ‘Comitato Scientifico e di Redazione’, raccoglie studiosi di buono e alto livello; e - tratto distintivo nettissimo  - di  varie nazionalità (Birgitta Trotzig, Christine Koschel, Richard H. Weisberg, Luisa Marínho Antunes). Pur non essendo prodotta in ambiti accademici e universitari,  mantiene il rigore della ricerca che solo lì di solito si trova. Non è di facile lettura. Richiede  meditazione e non occhiate veloci. Evita l’eclettismo (la rivista almanacco o contenitore). Compone dei numeri monografici su un tema (ad es. l’umorismo); e a certi autori ritenuti di valore dedica anche una serie di numeri (è il caso di Giacomo Noventa, Dino Formaggio, Edgardo Abbozzo), scavando a fondo. Mira - è stato detto - a un «radicalismo virtuoso». E sostiene gli autori che sceglie  facendoli conoscere nella rete internazionale di rapporti che man mano ha ampliato. La pulizia e semplicità della grafica, la rarità delle immagini, la lunghezza dei saggi, l’assenza di pubblicità dalle sue pagine indicano subito e anche visivamente la voluta distanza da piacevolezze e chiassosità prevalenti oggi  nella comunicazione spettacolarizzata anche di riviste e siti Web.


3. La rivista - Anelli ci ha detto -  coniuga ricerca poetica e ricerca filosofica, etica ed estetica.  Predilige il filone dantesco (minoritario) della letteratura italiana rispetto a quello petrarchesco (dominante). Vuole negli studi letterari il superamento dell’impostazione storicistica alla Francesco De Santis o alla Benedetto Croce tuttora imperante in Italia.  E non ha abbandonato gli studi di teoria della letteratura oggi passati di moda. Pensa sui tempi lunghi, slegandosi dal condizionamento dell’attualità e delle mode. Mette insieme intelligenze che lavorano e lavoreranno su progetti di ampio respiro: sulle tradizioni europee e italiane; sulla letteratura europea dal Seicento in poi; sull’identità dei popoli del Mediterraneo.


4. La sua proiezione in campo internazionale  e più specificamente europea  è la cifra fondamentale di ‘Kamen’.  La rivista ha una rete internazionale di collaboratori ed arriva nelle biblioteche, nei centri di ricerca di vari continenti. Si potrebbe dire che è più nota all’estero che in Italia. Questo dipende certamente dal provincialismo, dalle arretratezze  storiche e dal degrado crescente della cultura italiana nel confronto di quella europea o anglosassone ma pone, a mio parere,  due problemi: 1. la rivista può fare da ponte tra le culture  di varie nazioni (in primis europee; ma “perché porre limiti geografici?”, come chiedono sia Pezzaglia che Giarmoleo) e quella italiana, solo se questa  verrà scossa dal suo torpore e degrado; 2. il ponte tra culture implicherà  rapporti (temporanei? definitivi?) soltanto  tra ristrette cerchie di studiosi o permetterà transiti e scambi tra cerchie ben più ampie? Fa capolino qui la  vecchia questione gramsciana  degli intellettuali cosmopoliti e/o nazionali, che andrebbe ripensata alla luce della (drammatica e niente affatto lineare) globalizzazione di cui tanto si parla.


Appendice. Nota di E.A.


Ascoltando Anelli, ho pensato che il lavoro di ‘Kamen’ è per certi versi agli antipodi di quello del Laboratorio Moltinpoesia. ‘Kamen’ si rivolge a studiosi con competenze specialistiche, ha definito un preciso campo d’interessi (lo dichiara il sottotitolo “Rivista di poesia e filosofia”) e privilegia la dimensione europea (e internazionale). Il Laboratorio Moltinpoesia è “aperto a tutti”, è (per far fronte a una realtà culturale “pluralizzata” e frammentata, non per programma) eclettico,  mettendo a  confronto i più vari modi di  essere moltinpoesia oggi in circolazione: alti, medi, bassi in quanto alla “qualità” (considerata oggi d’incerta definizione); accademici e non accademici; di potere macro o micro; per addetti ai lavori e non addetti ai lavori. E mi hja fatto  un po’ sorridere, ad esempio, un’affermazione fatta da Anelli sulla non “litigiosità” dei redattori di ‘Kamen’. Specie se la confronto con  certe tempestose discussioni che avvengono nel Laboratorio o sul blog. Il confronto tra le nostre due diverse esperienze sarebbe perciò da approfondire.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Azzeccato, Ennio, il tuo ritrattino di Amedeo Anelli. Evidente l'antitesi con la forma e i contenuti della rivista.
L'incontro è stato interessante soprattutto nel ricordare che non dovremmo limitarci al nostro ristretto orticello, e che là fuori c'è il mondo. Tutto intero.
Ciao
Flavio

Anonimo ha detto...

Il post di Erminia Passannanti su "La terra desolata" mi ricorda l'interesse che Eliot aveva per la tradizione europea per Dante oltre che per Shakespeare. C'è un'analogia tra il corpus poetico di Thomas Sterne Eliot e lo schema della Divina Commedia. Quindi un Eliot europeizzato ma pur sempre americano nell'antropologia del sentire. Oltretutto gli interessi di Eliot sono già globali,vanno dalla leggenda del Graal alle credenze pagane , alla Bibbia, al buddismo per ritornare all'Europa con Baudelaire.
Importanti mi sembrano anche gli esiti di questo meticciato poetico che spesso ci ha fatto uscire dal nostro provincialismo come dimostra l’interesse di Cesare Pavese per la letteratura americana.
Enzo