Appunti
Riordinadiario
moltinpoesia 2002
di Ennio Abate
1.
Alla
poesia italiana la storia è ignota, non si assume il proprio stato
storico (96) |
[La
storia è storia dell’anima, cioè non-storia (105). Vari
esempi: Saba: «Il tempo entro cui si dispongono le esperienze… è
cronologico-biografico, con i suoi riferimenti a casi familiari e
sentimentali, nel senso di un romanzesco privato o microsociale,
mentre gli eventi sovraindividuali – prima guerra mondiale o guerra
del «fascista abbietto» e del «tedesco lurco» - restano sullo
sfondo (106)
Ungaretti: in lui il tempo è categoria
metastorica, neppure psicologica (106).
Montale: il tempo si
cerca… in prossimità della «crisi» esistenziale… i riferimenti
agli eventi sociali e civili s’infittiscono, ma si tratta di un
mondo «disertato da esseri umani e attraversato solo da messaggi
cifrati, da angeli travestiti da demoni… e da lemuri animali, la
riduzione degli eventi umani a quelli naturali e della guerra a
«bufera» è continua e spontanea (106)
Mentre nella poesia
recente (fine anni ’50, quindi siamo alla poesia
critica di Majorino)
«passato, presente e futuro tendono invece a riferirsi a eventi
collettivi, su quelli si ordina la biografia.
Il passato è
l’infanzia e la giovinezza ma anche e più spesso il tempo del
fascismo…
questo
inserimento delle biografie in un complesso di eventi ha voluto dire
anche inserire il proprio passato e il proprio futuro nel passato o
nel futuro di un popolo, o classe o genere umano (107) ]
2.
«Poesia
di una classe incapace di dramma: il conflitto scompare dalle pagine
(97) | Ma nel dopoguerra c’è stato un cambiamento profondo|
dislivello fra il numero
patologicamente elevato dei volumetti di versi
e quello dei lettori, 97(!)
|
la poesia dell’epigramma, del quadretto, dell’epistola in
versi, della polemica in versi o della canzonetta canaglia (103).
Fortini la chiamava la poesia del «come se»: «scrivere
come se la poesia avesse una circolazione ed un significato sociale
che in realtà non ha e
consentisse (così era in altre età, nostre o d’altre letterature)
quel fitto esercizio in versi, dove un poeta vero e anche un piccolo
poeta possono lasciare talvolta qualche verità e bellezza che non
hanno i versi «maggiori»; e, scrivendo «come se», promuovere di
fatto l’avvento di un «consumo» del prodotto letterario-poetico.
Ma oggi
l’industria culturale non permette «come se», essa è tutta
«come se», seria, faceta, austera o leggera, divisa in «programmi»,
in «generi» canonici (103-4)
|stereotipo: la
poesia come qualcosa di desiderabile e di impreciso,
104 [Gavioli …!] | L’atteggiamento «ingenuo» del lettore di
versi non è probabilmente mai esistito, 104 una
«nozione di poesia» interviene sempre nella concreta «lettura di
poesia», 105|
3.
Fortini
classifica i poeti in
tre situazioni: del transito, della contraddizione e dell’avvento
(107) e le riconduce a tre settori dell’«intelligenza borghese»:
quella travolta dal fascismo e non adattatasi all’industria
culturale; quella
che ha sperimentato l’«altro» (popolo, proletariato, partito e
«le forme di vita germinate dall’industria»; quella delle
«minoranze che,
ai margini della cultura borghese nazionale ma ai confini di quella
delle grandi unità culturali mondiali, sebbene
prive di potere politico o culturale, non sanno rinunciare ad un idea
di totalità e di integrazione, a carattere rivoluzionario, e quindi
rifiutano sia la «morte» del transito sia la «vita» della
contraddizione»
(111)|
4.
[Questo
mio
ritorno a Fortini (casuale?... certo, ho mollato sul lavoro di
lettura dei suoi testi che
avevo deciso e mi sono
“distratto” inseguendo gli echi sempre più flebili o irrigiditi
dei suoi amici e allievi,
che mi sono sembrati in
altre faccende sempre più affaccendati…) è sempre corroborante.
Al di là dei dubbi nei
suoi confronti, insinuatisi
col
passar del tempo e dal
confronto con altre posizioni (di
Majorino, Negri,
ecc.), riconosco
che egli mette a fuoco i
problemi della poesia con una lucidità e semplicità sicuramente
superiore a quella di Majorino.
Sì, mi
restano perplessità
rispetto all’impianto filosofico (idealismo o materialismo), ma
Fortini non è riducibile all’idealismo hegeliano [sa
cos’è Marx e il marxismo e lo stalinismo].
Quindi i problemi che oggi
mi ritrovo ad affrontare
pensando Moltitudine
e poesia sono già
presenti nei suoi
scritti del 1959 o del 1952 (Saggi italiani).
Va bene perciò
tener presente Poesie
e realtà 1945-2000 di
Giancarlo Majorino,
ma
devo
risalire ai Saggi
italiani,
che
permettono
un’individuazione più precisa del nucleo politico e non
strettamente culturale
o “poetico” degli
attuali
discorsi sulla poesia]
5.
La
comunicazione poetica va confrontata «al
senso e allo sviluppo dei rapporti degli uomini fra loro, nella
società, per andare oltre la presente figura dei loro rapporti»,
145 | (avvertimento
presente anche nelle osservazioni che
mi ha fatto Lenzini a
Moltitudine
e poesia):
«le
posizioni più conservatrici e ideologicamente più arretrate
[possono]
formare immagini di integrità umana ricche di avvenire,
mentre posizioni ideologicamente più avanzate e intenzionalmente
«democratiche» [possono]
invece contenere ‘proposte di essere’ chiuse nei confini di una
società che rifiuta ogni salto qualitativo», 145 |
6.
Problema:
la poesia offre «qualcosa di più» rispetto ad altre forme di
comunicazione e di espressione (come la riflessione politica o
filosofica)?
C’è in essa «una proposta d’essere
[un’immagine guida?] più forte e più vera di quella del pensiero
filosofico, scientifico politico?, 145
|
Attualità
della diagnosi
di Fortini
:«Nel
nostro paese la lirica può benissimo continuare così, con i suoi
seicento o settecento opuscoli di versi ogni anno, i piccoli gruppi,
l’amministrazione della fama, le sollecitazioni editoriali, il
rapido e monotono mutare delle mode… e l’arbitraria elezione di
questo o di quel gruppo a rappresentante esclusivo per l’Italia.
[La
mia
distanza
da questi fenomeni nasce dal mio
cercare
altro
e non da semplice “risentimento” per chi gestisce il micropotere
poetico]
7.
È
chiaro che fino a quando si continuerà a credere di fatto, anche se
in
teoria lo si contesta, alla poesia come grazia e arbitrio, per
eccellenza inverificabile, si avrà;
a) nell’ordine sociale
un incremento di poeti della domenica che sarebbe di per sé innocuo
se non appestasse l’aria con una patologica concezione del luogo
[eminente?] e della destinazione della poesia;[ecco
qui ben
indicato
il limite di
fondo
del
fenomeno
moltinpoesia,
che io forse ancora un po’ copro parlando di nebulosa,
di
ambivalenze, etc.]
b)
nell’ordine dell’espressione, la frustrazione ricorrente di tutti
i tentativi di superare l’arbitrio stilistico (cioè quella che
Pasolini chiama la «libertà stilistica»), compiuti per
autolegislazione
di individui o gruppi [mi
pare il caso di Linguaglossa,
che
si pone nella posizione del “legislatore estetico” marginalizzato
rispetto ai “vincenti”... e questo non va bene]
(145-146)
8.
quale
la posizione di Fortini?
Di apprezzamento
degli sforzi (presenti in Pavese e Jahier) di abbandonare la poesia
soggettiva e di muovere verso l’epica e la drammatica, ma anche
indicazione del loro
limite: i risultati
resteranno «nell’ambito della lirica, del ‘solipsismo
egoistico’.
La
possibilità del superamento del lirismo individuale potrebbe venire
solo dalla scrittura in prosa, «dalla narrativa o descrittiva
didascalica e saggistica»[quindi
nessun disprezzo per la prosa, anzi!]
.
Porta l’esempio
di Pasolini: il suo sperimentalismo voleva innovare «nella
cultura»[anche
Linguaglossa ha
questo obiettivo!]
[ echi anche
nei discorsi di Majorino
quando parla di
mortificazione della cultura, di
necessità dello spostamento]|
9.
Critica
di tali
posizioni da parte di
Fortini: «si fa della cultura il vero prius della poesia e della
poesia un momento capitale della cultura. Ma che cosa fondi,
sviluppi, modifichi la cultura, non lo si dice»
(147). Si
considerano le «idee», cioè la cultura, come la condizione per il
rinnovamento della poesia. Ma non ci
si
chiede perché e per chi quelle «idee» dovrebbero
essere rinnovate. Non
ci si rende conto che la prima «idea» di cui occorre far la critica
è
l’idea di poesia.
[Cosa
che non vede Linguaglossa.
E
non vede neppure Troisio, il
quale si
dichiara in disaccordo nell’intervista con
questa “diffidenza” fortiniana
per
la poesia
[Valutare
in proposito quanto Giovannetti con il suo essere contro la Poesia
s’avvicini a Fortini o lo abbandoni
per il postmodernismo]
|
10.
Fortini
insiste sul problema
dei destinatari, cioè della lettura. Per lui bisogna dire cosa ci
si ripromette dalla scrittura in versi, quale specie di «educazione
alla verità» ne può venire. E
precisare «cosa distingue una
poesia in versi da una pagina di narrazione e di saggistica [ma oggi
anche dalle
altre forme di comunicazione tipiche dei mass
media].
«La collocazione della poesia in un dato punto
della sfera comunicativa non potrà essere affidata alle poetiche,
ma ad una metodologia o teoria filosofica; e mediatamente, alla
prassi, al sistema di reali
forze e controforze sociali, nel quale ciascuno di noi prende luogo»
(147).
L’attenzione
del poeta deve essere rivolta all’essere
non allo scrivere
(148). Quindi bisogna
mirare alla «reale trasformazione delle cause che governano i
rapporti sociali fra gli uomini».
Questo non significa che «il
poeta non possa e non debba anticipare, nel proprio lavoro, quei
mutamenti» (148) [ «tanto più che essi sono pur chiaramente
visibili», aggiungeva ottimisticamente, 148| [
Vedi anche osservazione
di Cataldi nel modulo
che ho preparato
sulla rivoluzione
industriale: gli inglesi avevano un’altra idea della natura,
perciò…]
11.
[Con
queste posizioni di Fortini
siamo agli antipodi del Leopardi di Negri (Lenta
ginestra), che vede
nell’immaginazione soggettiva di Leopardi l’unico spazio di nuova
“costruzione ontologica”.
Quest’ottica fortiniana
era valida alla
fine degli anni ‘50 e
non oggi? Eppure non
si era anche allora all’indomani della sconfitta delle tensioni
resistenziali, cioè comunque in una situazione di “crisi”?
La
posizione di Fortini è storica, ma non strettamente legata alla
contingenza storica del
secondo dopoguerra,
semmai è legata
alla visione ben più
epocale o generale del
pensiero marxista]
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