sabato 15 giugno 2024

Su "Le poesie italiane di questi anni" (1959), in "Nuovi saggi italiani" di Franco Fortini

 


                                        Appunti 
Riordinadiario moltinpoesia 2002



di Ennio Abate

1.

Alla poesia italiana la storia è ignota, non si assume il proprio stato storico (96) |

[La storia è storia dell’anima, cioè non-storia (105). Vari esempi: Saba: «Il tempo entro cui si dispongono le esperienze… è cronologico-biografico, con i suoi riferimenti a casi familiari e sentimentali, nel senso di un romanzesco privato o microsociale, mentre gli eventi sovraindividuali – prima guerra mondiale o guerra del «fascista abbietto» e del «tedesco lurco» - restano sullo sfondo (106)
Ungaretti: in lui il tempo è categoria metastorica, neppure psicologica (106).
Montale: il tempo si cerca… in prossimità della «crisi» esistenziale… i riferimenti agli eventi sociali e civili s’infittiscono, ma si tratta di un mondo «disertato da esseri umani e attraversato solo da messaggi cifrati, da angeli travestiti da demoni… e da lemuri animali, la riduzione degli eventi umani a quelli naturali e della guerra a «bufera» è continua e spontanea (106)
Mentre nella poesia recente (fine anni ’50, quindi siamo alla
poesia critica di Majorino) «passato, presente e futuro tendono invece a riferirsi a eventi collettivi, su quelli si ordina la biografia.
Il passato è l’infanzia e la giovinezza ma anche e più spesso il tempo del fascismo…
questo inserimento delle biografie in un complesso di eventi ha voluto dire anche inserire il proprio passato e il proprio futuro nel passato o nel futuro di un popolo, o classe o genere umano (107) ]


2.
«Poesia di una classe incapace di dramma: il conflitto scompare dalle pagine (97) | Ma nel dopoguerra c’è stato un cambiamento profondo| dislivello fra il numero patologicamente elevato dei volumetti di versi e quello dei lettori, 97(!) |
la poesia dell’epigramma, del quadretto, dell’epistola in versi, della polemica in versi o della canzonetta canaglia (103).

Fortini la chiamava la poesia del «come se»: «scrivere come se la poesia avesse una circolazione ed un significato sociale che in realtà non ha
e consentisse (così era in altre età, nostre o d’altre letterature) quel fitto esercizio in versi, dove un poeta vero e anche un piccolo poeta possono lasciare talvolta qualche verità e bellezza che non hanno i versi «maggiori»; e, scrivendo «come se», promuovere di fatto l’avvento di un «consumo» del prodotto letterario-poetico.
Ma
oggi l’industria culturale non permette «come se», essa è tutta «come se», seria, faceta, austera o leggera, divisa in «programmi», in «generi» canonici (103-4)

|stereotipo:
la poesia come qualcosa di desiderabile e di impreciso, 104 [Gavioli …!] | L’atteggiamento «ingenuo» del lettore di versi non è probabilmente mai esistito, 104 una «nozione di poesia» interviene sempre nella concreta «lettura di poesia», 105|

3.
Fortini classifica i poeti in tre situazioni: del transito, della contraddizione e dell’avvento (107) e le riconduce a tre settori dell’«intelligenza borghese»: quella travolta dal fascismo e non adattatasi all’industria culturale; quella che ha sperimentato l’«altro» (popolo, proletariato, partito e «le forme di vita germinate dall’industria»; quella delle «minoranze che, ai margini della cultura borghese nazionale ma ai confini di quella delle grandi unità culturali mondiali, sebbene prive di potere politico o culturale, non sanno rinunciare ad un idea di totalità e di integrazione, a carattere rivoluzionario, e quindi rifiutano sia la «morte» del transito sia la «vita» della contraddizione» (111)|


4.

[Questo mio ritorno a Fortini (casuale?... certo, ho mollato sul lavoro di lettura dei suoi testi che avevo deciso e mi sono “distratto” inseguendo gli echi sempre più flebili o irrigiditi dei suoi amici e allievi, che mi sono sembrati in altre faccende sempre più affaccendati…) è sempre corroborante.
Al di là dei dubbi
nei suoi confronti, insinuatisi col passar del tempo e dal confronto con altre posizioni (di Majorino, Negri, ecc.), riconosco che egli mette a fuoco i problemi della poesia con una lucidità e semplicità sicuramente superiore a quella di Majorino.
Sì,
mi restano perplessità rispetto all’impianto filosofico (idealismo o materialismo), ma Fortini non è riducibile all’idealismo hegeliano [sa cos’è Marx e il marxismo e lo stalinismo].
Quindi i problemi che
oggi mi ritrovo ad affrontare pensando Moltitudine e poesia sono già presenti nei suoi scritti del 1959 o del 1952 (Saggi italiani).
Va bene perciò tener presente
Poesie e realtà 1945-2000 di Giancarlo Majorino, ma devo risalire ai Saggi italiani, che permettono un’individuazione più precisa del nucleo politico e non strettamente culturale o “poetico” degli attuali discorsi sulla poesia]


5.
La comunicazione poetica va confrontata «al senso e allo sviluppo dei rapporti degli uomini fra loro, nella società, per andare oltre la presente figura dei loro rapporti», 145 | (avvertimento presente anche nelle osservazioni che mi ha fatto Lenzini a Moltitudine e poesia): «le posizioni più conservatrici e ideologicamente più arretrate [possono] formare immagini di integrità umana ricche di avvenire, mentre posizioni ideologicamente più avanzate e intenzionalmente «democratiche» [possono] invece contenere ‘proposte di essere’ chiuse nei confini di una società che rifiuta ogni salto qualitativo», 145 |

6.
Problema: la poesia offre «qualcosa di più» rispetto ad altre forme di comunicazione e di espressione (come la riflessione politica o filosofica)?
C’è in essa «una proposta d’essere [un’immagine guida?] più forte e più vera di quella del pensiero filosofico, scientifico politico?, 145
|

Attualità della diagnosi di Fortini :«Nel nostro paese la lirica può benissimo continuare così, con i suoi seicento o settecento opuscoli di versi ogni anno, i piccoli gruppi, l’amministrazione della fama, le sollecitazioni editoriali, il rapido e monotono mutare delle mode… e l’arbitraria elezione di questo o di quel gruppo a rappresentante esclusivo per l’Italia.

[La mia distanza da questi fenomeni nasce dal mio cercare altro e non da semplice “risentimento” per chi gestisce il micropotere poetico]

7.
È chiaro che fino a quando si continuerà a credere di fatto, anche se in teoria lo si contesta, alla poesia come grazia e arbitrio, per eccellenza inverificabile, si avrà;
a) nell’ordine
sociale un incremento di poeti della domenica che sarebbe di per sé innocuo se non appestasse l’aria con una patologica concezione del luogo [eminente?] e della destinazione della poesia;[ecco qui ben indicato il limite di fondo del fenomeno moltinpoesia, che io forse ancora un po’ copro parlando di nebulosa, di ambivalenze, etc.]
b) nell’ordine dell’espressione, la frustrazione ricorrente di tutti i tentativi di superare l’arbitrio stilistico (cioè quella che Pasolini chiama la «libertà stilistica»), compiuti per autolegislazione di individui o gruppi [mi pare il caso di Linguaglossa, che si pone nella posizione del “legislatore estetico” marginalizzato rispetto ai “vincenti”... e questo non va bene] (145-146)

8.
quale la posizione di Fortini? Di apprezzamento degli sforzi (presenti in Pavese e Jahier) di abbandonare la poesia soggettiva e di muovere verso l’epica e la drammatica, ma anche indicazione del loro limite: i risultati resteranno «nell’ambito della lirica, del ‘solipsismo egoistico’.
La possibilità del superamento del lirismo individuale potrebbe venire solo dalla scrittura in prosa, «dalla narrativa o descrittiva didascalica e saggistica»
[quindi nessun disprezzo per la prosa, anzi!] .
Porta l’esempio di Pasolini: il suo sperimentalismo voleva innovare «nella cultura»
[anche Linguaglossa ha questo obiettivo!] [ echi anche nei discorsi di Majorino quando parla di mortificazione della cultura, di necessità dello spostamento]|

9.
Critica di tali posizioni da parte di Fortini: «si fa della cultura il vero prius della poesia e della poesia un momento capitale della cultura. Ma che cosa fondi, sviluppi, modifichi la cultura, non lo si dice» (147). Si considerano le «idee», cioè la cultura, come la condizione per il rinnovamento della poesia. Ma non ci si chiede perché e per chi quelle «idee» dovrebbero essere rinnovate. Non ci si rende conto che la prima «idea» di cui occorre far la critica è l’idea di poesia.

[Cosa che non vede Linguaglossa. E non vede neppure Troisio, il quale si dichiara in disaccordo nell’intervista con questa “diffidenza” fortiniana per la poesia

[Valutare in proposito quanto Giovannetti con il suo essere contro la Poesia s’avvicini a Fortini o lo abbandoni per il postmodernismo] |

10.
Fortini insiste sul problema dei destinatari, cioè della lettura. Per lui bisogna dire cosa ci si ripromette dalla scrittura in versi, quale specie di «educazione alla verità» ne può venire. E precisare «cosa distingue una poesia in versi da una pagina di narrazione e di saggistica [ma oggi anche dalle altre forme di comunicazione tipiche dei mass media].

«La collocazione della poesia in un dato punto della sfera comunicativa non potrà essere affidata alle
poetiche, ma ad una metodologia o teoria filosofica; e mediatamente, alla prassi, al sistema di reali forze e controforze sociali, nel quale ciascuno di noi prende luogo» (147).
L’attenzione del poeta deve essere rivolta all’essere non allo scrivere (148). Quindi bisogna mirare alla «reale trasformazione delle cause che governano i rapporti sociali fra gli uomini».
Questo non significa che «il poeta non possa e non debba anticipare, nel proprio lavoro, quei mutamenti» (148) [ «tanto più che essi sono pur chiaramente visibili», aggiungeva ottimisticamente, 148|
[ Vedi anche osservazione di Cataldi nel modulo che ho preparato sulla rivoluzione industriale: gli inglesi avevano un’altra idea della natura, perciò…]

11.
[Con queste posizioni di Fortini siamo agli antipodi del Leopardi di Negri (Lenta ginestra), che vede nell’immaginazione soggettiva di Leopardi l’unico spazio di nuova “costruzione ontologica”.
Quest’ottica
fortiniana era valida alla fine degli anni ‘50 e non oggi? Eppure non si era anche allora all’indomani della sconfitta delle tensioni resistenziali, cioè comunque in una situazione di “crisi”?
La posizione di Fortini è storica, ma non strettamente legata a
lla contingenza storica del secondo dopoguerra, semmai è legata alla visione ben più epocale o generale del pensiero marxista]


Nessun commento: