domenica 20 novembre 2011

Alfredo Panetta
Dieci poesie


Una memoria contadina ispida, sconfitta, agitata da immagini secche,  appena sgrossate ( fa pensare a quelle di Giotto), o dolenti o orgogliose («Riesco a distinguere lontano dieci metri/ una pulce sul manto di una capra») o vicinissime in  modi animistici  al mondo animale («Tra parentesi, amico maiale, io lo so/ è assurdo pensarci disuguali»). Solo a volte si abbandona alla melanconia dell’io elementare che ha perso il suo mondo. Questa la prima impressione della poesia di Alfredo Panetta, che scopro adesso. Il dialetto calabrese è il suo coerente reliquario.  (E.A.)

A   FOLIA   
                                  

A folìa chi ndavìa singatu
cu sputazza ‘i cinnari nto margiu
‘a  trovai accuppata cu xacchi
d’armacera e umbri d’alivari.

Mpisu nta nu gghjiommaru i cimentu
i  jidita a curteju senza punta
cercu nu filu i cielu pe cusiri
i jorna chi mi mancanu du cuntu.

‘U ventu si ndi mpercica ‘nte timpi
na vuci russìja nto cannitu
jestimu tutti i craculi du tempu
prima u diventu axxeri  ‘i calijari.

sabato 19 novembre 2011

Emilia Banfi
La vita il poeta.
Con un commento
di Gabriel Pizarro.


Dal sito http://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/2011/11/scriviamo-la-nostra-storia-di-emilia-banfi.html
Su segnalazione di Leonardo Terzo. L'immagine L'esserci, 2005 è sempre di Terzo.


Scriviamo
la nostra storia
come i sassi del fiume
al passaggio dell'acqua
fingono
la loro inutilità

Stiamo
qui immobili a farci
blandire  muovere
da quella forza che

di noi vuole solo la resa
la fredda accoglienza
di quando la stella
si specchia nell'acqua
la sera.

giovedì 17 novembre 2011

Giorgio Mannacio
Ricerca interminabile
e da terminare


Questo intervento di Giorgio Mannacio ben rientra nel discorso sul destino della poesia. Avverto: non è leggero, eh! ( E.A.]

I.
Se l’attività poetica si manifesta e si conclude nella elaborazione di un testo di particolari qualità attraverso un lavoro continuo e pressochè sistematico, è impossibile che lo spirito costruttore non incontri sul proprio cammino spezzoni di altri versi ( concepiti in altro tempo e messi da parte dalla memoria ) o, ancor prima, brandelli di reminiscenze del più svariato contenuto. Ciò comporta, inevitabilmente , che nel progetto originario ( che è costituito da un obbiettivo finale da raggiungere attraverso l’uso di un determinato numero di parole disposte secondo un certo ordine ) si inseriscano stimoli diretti ad ottenere l’aggregazione alla prima fase di materiali non ancora strutturati o parzialmente strutturati.

Enzo Giarmoleo
Giotto, il denaro, l’usura.




Risale a qualche settimana fa la notizia della scoperta del diavolo nascosto in una nuvola di Giotto, precisamente nella ventesima scena della vita di San Francesco. Un esempio, forse il primo, di manipolazione del cielo. Sicuramente un’anticipazione rispetto al cavaliere sulla nuvola immortalato da Mantegna. Sfuggito per otto secoli all’occhio attento di esperti, critici, fedeli, pellegrini, sacerdoti, questo diavolo inquietante mimetizzato nel cielo, appare accanto al santo patrono d’Italia. Certo il diavolo può essere onnipresente ma ora che la studiosa medievalista Chiara Frugoni l’ha recentemente scovato in questa nuvola con le corna e il naso adunco, siamo un  po’ perplessi.

martedì 15 novembre 2011

SEGNALAZIONI
Abate, Bertoldo, Franzin,
Massenz, Mastrangelo,
Portaccio, Simonitto.





Segnalo l'uscita quasi in coincidenza di alcune raccolte poetiche di persone con cui sono in contatto. Spero che c'incontreremo in qualche posto per parlarne. [E.A.] 


lunedì 14 novembre 2011

Erminia Passannanti
Sul senso e sul futuro:
la poesia contemporanea


Ed ecco il secondo [E.A.]

1. Il fatto che la poesia sia diventata 'nota a troppi', diceva Leonard Woolf, svilisce l'intellettuale 'alti-frons', e 'alti-frons-issimo' (A Caccia di intellettuali, Ripostes, 1993). Infatti, quando un soggetto culturale si declassa, per le alte sfere critiche, è sempre sintomo di un populismo che raggiunge ed infetta il mondo delle arti. Il fatto che la poesia, in dati periodi, venga praticata da 'più persone', invece che essere confinata ad una o più elites culturali egemoniche, invece, può essere un sintomo (positivo) di gravità dei tempi, gravità che induce, non per vanità o ambizione, il poeta in erba, il potenziale poeta, i '+ poeti', i 'futuri grandi poeti', a tentare la via espressiva della poesia per ricavarne consolazione, e/o l'illusione di uno spazio per 'dire la propria' (idea, protesta, afflizione, etc). 

Lucio Mayoor Tosi
La storia dell'arte che finì

 Dopo l'incontro con Giorgio Linguaglossa  si moltiplicano gli interventi  sul destino della poesia. Pubblico questo primo di Mayoor,  apparso  sotto il post "Glossa a Linguaglossa" e poi cancellato. [E.A.]

Per contribuire al dibattito scelgo di dire la mia nella  forma di un racconto, diciamo avveniristico. Un tema scolastico verosimilmente scritto nel secolo che verrà. 

Alla fine del secolo XX  due importanti forme dell'arte che avevano accompagnato l'evoluzione dell'uomo e della società fin dall'antichità, entrarono in crisi: pittura e poesia. 
Le ragioni della loro scomparsa sono da ricercarsi nella progressiva perdita di interesse dovuta al proliferarsi di nuove forme espressive più funzionali  agli scopi della comunicazione delle istituzioni e dei centri di potere che fino ad allora le avevano promosse e sostenute. 
Fino al secolo precedente ( l'800) queste arti avevano avuto il compito di diffondere, con immagini e parole, le idee necessarie per trasmettere significati utili alle nazioni per ogni loro istanza, per magnificare, sedurre, far conoscere, appassionare o cercare consenso. 
Con l'avvento nel nuovo secolo le scoperte scientifiche e le conseguenti nuove tecnologie generarono l'intensificarsi dei mercati e l'affermazione su scala internazionale di ciò che veniva allora chiamato moderno capitalismo.

venerdì 11 novembre 2011

Ennio Abate
Glossa a Linguaglossa



Note a «Dalla lirica al discorso poetico. Storia della poesia italiana (1945-2010)»

Eravamo davvero in tanti ieri sera all’incontro con Giorgio Linguaglossa arrivato da Roma. Per conoscerlo di persona. Alcuni avendo già letto il suo ultimo libro. Altri per ascoltarlo e farsene un’idea. Linguaglossa ha confermato di essere uno studioso militante (partigiano e controcorrente) della poesia del Novecento.  E di esserlo in modi radicali, forse per alcuni persino irritanti. Suggerirei, però, di  discutere la sua ricerca  come  quella di uno di “noi” o vicino a “noi” , senza bloccarsi di fronte alle  asperità del suo linguaggio, alla sua eterodossia  e neppure a certi suoi giudizi drastici o, secondo alcuni, “troppo distruttivi”.
Si tratta di ragionare e discutere - senza adesioni gregarie, ma senza  spocchia però! - la sua tesi (politico-estetica) sulla poesia italiana del Novecento.
Linguaglossa sostiene che  essa è stata dominata da un «paradigma moderato» impostosi  già con l’ermetismo e che si perpetua  tuttora nel «minimalismo romano-milanese», vivacchiante stancamente di rendita (quella anceschiana della Linea Lombarda).
Di un’«altra storia» possibile, da far emergere anche con studi più mirati e approfonditi, egli vede tracce nel Montale prima di «Satura», nelle resistenze di isolati come Fortini, Ripellino, Flaiano; o di “periferici” come De Palchi, Guidacci, Calogero, Merini; oppure nella rivolta, anch’essa poi rientrata, della neoavanguardia. 
Questa ricostruzione storico-teorica della poesia italiana dal 1945 al 2010 delinea un processo di “spappolamento” della forma poesia.  E in quella che parrebbe una “democratizazione” della poesia (la «nebulosa poetante», di cui anche noi moltinpoesia siamo parte) egli vede un  sintomo di epigonismo malaticcio e senza sbocchi di “guarigione”.
Gli  orfani della «poesia lirica», avendo smarrito ogni nozione della  forma-poesia, restano  impelagati in «discorsi poetici», giocherellando con gli scampoli delle tradizioni poetiche forti o sprecandosi in un fai-da-te senza bussola.
Linguaglossa parla di noi tutti, dunque? Forse.
E poiché da tempo la critica o si è azzittita (almeno dagli anni Settanta) o perlopiù, se torna a parlare, preferisce farlo dai pulpiti accademici di sempre, lavorando sui “valori certi”, cioè soprattutto sui poeti  canonizzati  - i “visibili” (grazie alla grande editoria )  -  e spesso solo per confermare gerarchie consolidate, aggiungendo magari alcune ultime (a volte dubbie) perle, la ricerca di Linguaglossa, che si spinge anche con molti azzardi in direzione di “un’altra storia” e tra le nebbie  dove operano gli «invisibili», ci dovrebbe stare a cuore. Linguaglossa  può essere uno dei pochi interlocutori validi con cui misurarci per sciogliere i nostri dilemmi. Apriamo, dunque, una discussione su questo suo libro.  Di seguito le note che ho utilizzato durante l’incontro alla Palazzina Liberty del 10 novembre 2011 [E.A.]

venerdì 4 novembre 2011

SEGNALAZIONE
2° Incontro del Laboratorio Moltinpoesia
alla Palazzina Liberty

Giovedì 10 novembre 2011 ore 18,30

alla Palazzina Liberty, Piazza Marinai d’Italia, 1

Milano

 

il Laboratorio MOLTINPOESIA, FAREPOESIA, Milanocosa e Il Segnale

invitano a discutere

il libro di Giorgio Linguaglossa
Dalla lirica al discorso poetico.
Storia della poesia italiana (1945-2010)

 


Roma, EdiLet, 2011

Sarà presente l’autore

«Che cosa è successo nella poesia italiana degli ultimi 65 anni? La poesia che si è trasformata in discorso poetico, ha un futuro? È in grado la forma-poesia di accettare la sfida posta dai linguaggi della modernità?» (G. Linguaglossa)


giovedì 3 novembre 2011

Ennio Abate
Riflessione di un commentatore di blog
e omaggio a Elvio Fachinelli




Nel mio lavoro (sì, lavoro, anche se non pagato...) di “commentatore - contrabbandiere”, che cerca  cioè di riportare la voce della campana suonata nel villaggio X anche nel villaggio Y (e viceversa) e di  esercitare il suo diritto di critica sui testi pubblicati in vari blog (Nazione Indiana, Le Parole e le cose, ecc.) o mailing list, ho ricevuto parecchie reazioni infastidite o aggressive. Fino alla censura o al blocco della discussione. Colpa mia, colpa altrui? Mi sono andato a rileggere in questi giorni da una sbrindellata copia di "Quaderni piacentini", n.36, nov. 1968 lo scritto di Elvio Fachinelli, «Gruppo chiuso o gruppo aperto?» e ne ripropongo la parte iniziale e finale. Le sue  lucide riflessioni andrebbero prese in considerazione da chiunque intenda “fare gruppo” o si affaccia da "estraneo/a" in un gruppo più o meno già strutturato. [E.A.]


martedì 1 novembre 2011

Enzo Giarmoleo
Riflessione circolare
sulla morte di Gheddafi



non sto dicendo che le infrastrutture della Libia siano state esteticamente deformate da oltre 50 mila tonnellate di bombe all’uranio impoverito ad alto contenuto esplosivo e che le nano particelle all’uranio viaggino inodori insapori incolori indisturbate nel paesaggio libico

non sto dicendo che l’obiettivo delle potenze occidentali sia quello di impossessarsi delle immense riserve di idrocarburi della Libia di far propri 200 miliardi di fondi sovrani libici presenti nei forzieri occidentali ed attuare strategie geopolitiche per bloccare la penetrazione cinese nel continente africano

Lucio Mayoor Tosi
Smettano di scrivere i Poeti



Credo che i poeti dovrebbero far sentire di più la loro voce. E il modo migliore per farlo potrebbe essere quello di mancare, di rendersi assenti all'umanità. 
Per una settimana o per un mese non teniamo reading, presentazioni di libri, spettacoli, dibattiti. Non si scriva di poesia sui giornali e sulle riviste, anche quelle specializzate. Nulla di nulla.

SCIOPERO!

Rendiamo evidente l'assurdità del vivere di soli affari. 
Rendiamo chiaro col nostro silenzio che il mondo non è più a misura d'uomo ( se mai lo è stato). 
Inventiamoci una manifestazione silenziosa di protesta per tutto ciò che manca.
Mi piacerebbe che si organizzasse una manifestazione senza slogan ne' versi, con cartelli lasciati bianchi, senza scritte, a cui partecipino tutti i poeti, noti e meno noti.  E' davvero impossibile?

Lo propongo qui, agli amici del blog, nella speranza che ne possa nascere qualcosa, un passaparola che si concretizzi in gesto solidale verso tutti coloro che stanno pagando per una crisi assurda, disumana.