venerdì 6 aprile 2012
mercoledì 4 aprile 2012
Laboratorio Moltinpoesia
alla Libreria Linea d’ombra di Milano
del 2 aprile 2012
su "La morte e la fanciulla".
Resoconto di Giorgio Mannacio.
L'incontro si è aperto con una riflessione un po' estemporanea sul sostantivo
Morte che in tedesco è di genere maschile e in italiano femminile. Il tedesco
consente un senso quasi romantico al titolo del lied La morte e la fanciulla, più impervio in italiano. Di seguito si è parlato, in termini generali, del rapporto morte/tempo e
dell'atteggiamento dell'uomo rispetto all'evento morte. Giovanna ha dato alla propria riflessione un taglio " filosofico" con
echi heideggheriani ( l'uomo che vive nel tempo ed è egli stesso tempo),
direzione che comporta connessioni importanti con la memoria e, quindi, la
letteratura. A questo punto ho suggerito agli amici il libro di Giorgio Agamben
Il linguaggio e la morte ( Einaudi
1982 ), saggio molto suggestivo anche se - forse - un tantino " cerebrale
". Evelina ha insistito "stoicamente" - nell'affermata assenza
di paura per la morte - sulla dignità della vita attiva e responsabile, (unico
) aspetto veramente da considerare.
Sono seguite letture di poesie (dei presenti e di altri poeti ) rispetto alle
quali vorrei rilevare - uscendo da una elencazione puramente notarile - la presenza di una impostazione
religiosa in una poesia di Maria Maddalena ribadita anche dalla sua
riproposizione di un testo di padre Davide Maria Turoldo. Le altre - e ciò mi sembra coerente con il riaffermato rilievo che noi
sperimentiamo solo la morte degli altri e come effetto sulla nostra sensibilità
- hanno, con accenti diversi " descritto" situazioni di perdita,
abbandono, lontananza. Non è mancata una esorcizzazione in chiave
satirico-grottesca (Braccini). Grazia mi è parsa singolarmente drammatica (con tratti "
ungarettiani " ); Luisa sempre coerente (l'immagine dei morti/farfalle è
inusitata, ma non peregrina ) al suo accostarsi gentilmente alle cose; il
recupero del dialetto in Ennio una riaffermazione di un radicamento
"storico" difficilmente estirpabile. Ho confessato la mia impotenza - che mi ha portato a non leggere testi miei -
nel trovare una soluzione esteticamente valida al tentativo di definire la morte nella sua struttura , indipendentemente da ciò che essa provoca
in noi in termini di dolore. Un grazie di cuore per la partecipazione.
martedì 3 aprile 2012
Roberto Bugliani
Apertis verbis
un
gran imbroglio, e sapevano i farabutti
guidar
bene le danze, colla faccia allegra a dirci
come
solerti i servi a far da sponda!
era
la perdita da cui cavar profitto
quando
il miraggio ci fotteva tutti senza
e
ciechi ci rendeva e remissivi
ora
che squilibri strutturali salgono a galla
enfi
del disastro, ora che bagliori
e i
latrati, quanti, dei mastini a guardia!
i
vincoli esterni, che vuol dir catene
e
vassallaggio e artigli nelle carni
in
eleganti panni il canagliume, che lo schermo affolla
giannizzeri
e scherani, sempre quelli
del
guai non si esce, semmai è colpa nostra
bisogna
farci tedeschi, e cinesi se non basta
se
non violenza è questa, la è spaccar vetrine?
un
trepestio nel vuoto, la voce roca di nebbia, non
il
freddo calcolo per pietà né errore ha fine
non
rimorso arresta il misfatto, finché c'è roba all'incanto
e
sangue da cavare, per asimmetrico gioco e sporco
in
moneta straniera ha conio la menzogna
lunedì 2 aprile 2012
Gezim Hajdari
Poesie
con una Nota di G. Linguaglossa
da POESIE SCELTE (1990 – 2007) Besa, Nardò, 2008
*
Quanto
siamo poveri.
Io in
Italia vivo alla giornata,
tu in
patria non riesci a bere un caffé nero
.
La
nostra colpa: amiamo,
la
nostra condanna: vivere soli divisi
dall'acqua
buia.
Annamaria De Pietro
Quindici poesie
Prosopopea di Orfeo (*)
Da fiume a fiume lei fluì – Euridice –.
Da serpe a serpe discese e scendeva
– ed io a ponente scesi, e giù strisciai
e lacerai la veste contro il sasso
dello stipite in fumo, e la bagnai
contro un’acqua che al sasso discendeva,
e io non sapevo donde avesse passo.
domenica 1 aprile 2012
César Vallejo
Un uomo passa con il pane in spalla…
Un uomo passa con il pane in spalla.
Potrò scrivere dopo sul mio sosia?
Un altro si siede, si gratta, cava un pidocchio dall’ascella, lo schiaccia.
Con che ardire parlar di psicoanalisi?
Un altro mi è entrato nel petto con un palo nella mano.
Parlare poi di Socrate col medico?
Passa uno zoppo e dà il braccio ad un bimbo.
DISCUSSIONE
Ennio Abate
E' così facile lo sposalizio
di Poesia e Scienza?
Con interesse, ma sempre
più scuotendo la testa, ho letto l'intervista (qui) di
Paolo Polvani a Roberto Maggiani, poeta e curatore del sito La
Recherche. Riallacciandomi in parte a quanto scritto nel dialoghetto n.2
tra Samizdat e il Poeta Invisibile (qui),
pubblico questa lettera di commento critico, sollecitando una discussione a più
voci. [E.A.]
Gentile Roberto
Maggiani,
guardo con favore ogni
tentativo di scuotere i poeti dal sogno della poesia “pura”, autosufficiente,
sacralizzata e per lo più evanescente. Ma - anticipo la mia opinione - ho
trovato il suo modo di impostare il problema del rapporto tra
poesia e scienza poco attento agli sviluppi storici di entrambe e rischioso per
la piega “spiritualizzante” che vedo nel suo discorso.
Oggi abbiamo tanti modi
di fare poesia (semplificando: tante poesie) e tanti modi di fare scienza
(tante scienze). Questa pluralità da un lato può essere un vantaggio (più
voci mostrano spesso più di alcune, magari anche eccelse), ma dall’altro è un
problema in più, confonde certi tracciati sicuri; ed è segno comunque di una
crisi che, come tutte le crisi, può
avere esiti imprevedibili e persino disastrosi. (Nulla è scontato e gli esempi,
passati e attuali, non mancano).
In passato poesia e
scienza ebbero ciascuna una propria indiscussa e autorevole unità. Oggi non più.
Si pone allora un problema: i molti produttori
della enorme e caotica valanga di testi scritti o spesso anche di
espressioni orali, che classifichiamo ancora col termine 'poesia',
e i veri e propri eserciti di esperti in saperi formalizzati e
specializzati (o iperspecializzati), che, al servizio di istituzioni (macro e
micro) economiche e politiche e spesso soprattutto militari (aspetto, quest’ultimo,
niente affatto trascurabile), fanno quella ‘ricerca’, che ancora
indichiamo col nome di 'scienza' (o 'scienze'), possono davvero incontrarsi, ascoltarsi, dialogare?
E, di conseguenza, si
pone pure una serie di obiezioni angoscianti: ci sono, cioè, le condizioni
minime (e indispensabili) per permettere un dialogo, un ‘rapporto’ tra poesia e
scienza? E di che tipo? La convinzione (speranzosa) che, pur partendo da
presupposti e strumentazioni diversi, poesia e scienza siano due modi di
conoscenza che attingono allo stesso “reale”, o l’ipotesi che potrebbero attingervi, che fondamenta hanno?
venerdì 30 marzo 2012
Massimo Parizzi
Da Seamus Heaney
a Katherine Mansfield
Per continuare e approfondire anche sul
blog i temi trattati nell'incontro del 27 marzo (2012) alla Palazzina Liberty
di Milano sulle traduzioni di Marcella Corsi dai Poems di Katherine Mansfield pubblico l'intervento di Massimo Parizzi
che va letto idealmente assieme a quello di Patrizia Villani (qui). [E.A.]
Ho letto i racconti di Katherine
Mansfield, e poi le sue poesie, oltre una ventina d’anni fa. Ora Ennio Abate e
Marcella Corsi, invitandomi qui, mi hanno obbligato a rileggerla, e a leggere
per la prima volta altre sue poesie e pagine di diario. E di questo, oltre che
dell’invito, davvero li ringrazio. Ma, quando della Mansfield ancora non avevo
letto nulla, dei versi di un altro poeta mi avevano messo su di lei, come dire,
una pulce nell’orecchio. E, facendo i compiti, mi sono accorto che non mi
uscivano di mente. Ho quindi deciso di proporvi uno sguardo su Katherine
Mansfield attraverso quest’altra poesia. È di Seamus Heaney, mi piacque molto e
provai a tradurla. Il suo titolo è Apprendistato. Ve la leggo.
giovedì 29 marzo 2012
SEGNALAZIONE
La morte e la fanciulla
Prossimo incontro del Laboratorio Moltinpoesia
Letture e dialoghi sul tema
La morte e la
fanciulla
ovvero I poeti e la morte
La fanciulla:
Via, ah, sparisci!
Vattene, barbaro scheletro!
Io sono ancora giovane; va’, caro!
E non mi toccare.
La morte:
Dammi la tua mano,
bella creatura delicata!
Sono un’amica,
non vengo
per punirti.
Su, coraggio!
Non sono cattiva.
Dolcemente dormirai
fra le mie braccia!
(traduzione di P. Soresina, Garzanti)
ovvero I poeti e la morte
La fanciulla:
Via, ah, sparisci!
Vattene, barbaro scheletro!
Io sono ancora giovane; va’, caro!
E non mi toccare.
La morte:
Dammi la tua mano,
bella creatura delicata!
Sono un’amica,
non vengo
per punirti.
Su, coraggio!
Non sono cattiva.
Dolcemente dormirai
fra le mie braccia!
(traduzione di P. Soresina, Garzanti)
L’incontro, curato da Ennio Abate e Giorgio
Mannacio, è aperto a tutti.
I partecipanti potranno leggere testi propri o
di altri.
Libreria Linea d’ombra
Via San Calocero 29
Milano
Telefono: 028321175 Fermata MM Linea verde Sant’Agostino
mercoledì 28 marzo 2012
Patrizia Villani
L’arte della traduzione
1. Premessa
Prima di parlare del lavoro di Marcella Corsi sulle poesie di Katherine Mansfield è necessario fare una premessa sulle caratteristiche di quell’operazione sul testo che è la traduzione. Vorrei chiarire in primo luogo che considero la traduzione un’arte, e non una scienza, ma occuparsi di traduttologia aumenta il livello di consapevolezza del traduttore sulle caratteristiche e la quantità dei problemi da affrontare, e lo studio della teoria rende più chiaro il percorso che ci porta da un testo A nella lingua di partenza a un testo B nella lingua d’arrivo.
E allora incominciamo con una definizione: tradurre significa innanzitutto comprendere e interpretare un sistema di segni concretizzati in una lingua e in una data opera, ma significa anche interpretare le componenti extra-linguistiche, e cioè l’esperienza complessiva, la particolare visione del mondo che costituisce il substrato, l’humus della lingua e del testo.
lunedì 26 marzo 2012
SEGNALAZIONE
Quintocortile
Viale Bligny 42 - 20136 Milano - tel.338. 8007617
in collaborazione con
Milanocosa e CFR Edizioni
Invita
mercoledì 28 marzo - h. 18
alle presentazioni e letture di
Immigratorio di Ennio Abate (CFR 2011)
Winterreise, la traversata occidentale di Manuel Cohen (CFR 2012)
Ne parleranno:
Adam
Vaccaro, Ennio Abate, Manuel
Cohen, Gianmario Lucini
In
esposizione:
MONOCOLORI, 'Insolita
Mail-Art'
a
cura di
Donatella Airoldi e Mavi
Ferrando
Info:
Associazione
Culturale Milanocosa - Adam Vaccaro - Tel. 347 7104584 begin_of_the_skype_highlighting 347 7104584 end_of_the_skype_highlighting, info@milanocosa.it
Associazione Quintocortile - Mavi Ferrando, Donatella
Airoldi - Tel. 338 8007617 begin_of_the_skype_highlighting 338 8007617 end_of_the_skype_highlighting, quintocortile@tiscali.it
domenica 25 marzo 2012
SEGNALAZIONE
Prossimo incontro
del
Laboratorio Moltinpoesia
a cura di Ennio Abate
O valley of waving broom,
O lovely, lovely light,
O heart of the world, red-gold!
Oh valle ondulata di ginestre,
incantevole, incantevole luce,
cuore del mondo, oro rosso!
Le traduzioni di Marcella Corsi
dai POEMS
di Katherine Mansfield
di Katherine Mansfield
Ne parlano Patrizia Villani e Massimo Parizzi
Martedì 27 marzo 2012 ore 18
Palazzina Liberty
Largo Marinai
d’Italia, 1 - Milano
sabato 24 marzo 2012
Francesca Diano
Congedi.
Viatico in undici stazioni
Le Sorti, Francesco Marcolini –
Giuseppe Porta inc. Venezia 1540
I
L’ESCLUSA
Andavo per strade coperte di polvere
L’orlo della mia gonna sfilacciato
Non si curava di fango o sterco
I piedi scalzi – segnati dal rifiuto persino della terra.
Signori o plebei – non facevo alcuna differenza
Nessuna presenza era presenza
Ed ogni assenza – assenza.
Mi dolevano le ossa – ero una casa diroccata
Disabitata persino da me stessa
Preda di predatori e depredata di me.
Ero povera – di quella povertà che non conosce
Nemmeno il nome di miseria
Perché al mondo non c’era creatura
Che mi guardasse se non come sgualdrina.
Giuseppina Broccoli
Destrudo
F. Bacon
Immedicabile,
inerte
come ramo di gelso
alla fugacità delle corolle.
Storpiata dalla mascella ferita
la parola si guasta,
si mutila in suoni labiali molesti,
dilata significati
di sgarbata privazione.
Il chiasso metropolitano
inquieta l’ inerzia,
disperde l’ultima resa di Clara
lungo un tratturo di collina.
mercoledì 21 marzo 2012
DISCUSSIONE
Ennio Abate
Sull’interpretazione
di una poesia di Wallace Stevens
Su
Alfalibri supplemento al n.17 di alfabeta 2 ho letto la poesia di Stevens commentata da
Guido Mazzoni. La
ripropongo su questo blog, ma mi soffermo soprattutto sul commento. Per due motivi. Il
primo: vi ho colto un cenno al discorso di Lukács che avevo messo in bocca a Samizdat (qui): « Oggi il «volgo»,
dal punto di vista di Lukács, potrebbe essere il singolo imprigionato nella sua
«individualità privata personale», con minime e falsate relazioni con gli altri
e spesso solo di fronte alle «pure potenze astratte» che ci dominano. Pensa ai
disoccupati, ai poveretti che se ne stanno chiusi in casa al computer a spedire
curriculum a tutto spiano». Mazzoni, infatti, in modi simili scrive: «Lo stato
di cose che rafforza la dipendenza oggettiva degli esseri particolari dai
meccanismi alienati, incontrollabili dell’economia, della tecnica, della
politica è lo stesso che spezza ogni legame fra gli individui».
Il secondo: trovo inaccettabile la “rassegnazione all’americanizzazione” o al «destino dell’uomo occidentale», di cui già parlò Romano Luperini in L’incontro e il caso (Laterza 2007) [Cfr. un mio commento qui]. Mazzoni correda la sua lettura di dotti richiami al nichilismo teorizzato da Nietzsche e alla freudiana «pulsione di morte», che sarebbero « componenti normalizzate della vita psichica collettiva», e di due frasette dai (per me) “novissimi qualunquisti” Carver e Houellebecq. Nietzsche, Freud e i postmoderni: ecco il contenuto della valigetta della generazione accademica umanistica che oggi fa la spola tra Italia e USA e cura la formazione della massa studentesca precaria nelle nostre disfatte università; e tratta allo stesso modo - non è impertinente l'accostamento! - anche questioni politiche "locali" come quella della TAV (Cfr. qui) per non dire della "riforma del lavoro".
Il secondo: trovo inaccettabile la “rassegnazione all’americanizzazione” o al «destino dell’uomo occidentale», di cui già parlò Romano Luperini in L’incontro e il caso (Laterza 2007) [Cfr. un mio commento qui]. Mazzoni correda la sua lettura di dotti richiami al nichilismo teorizzato da Nietzsche e alla freudiana «pulsione di morte», che sarebbero « componenti normalizzate della vita psichica collettiva», e di due frasette dai (per me) “novissimi qualunquisti” Carver e Houellebecq. Nietzsche, Freud e i postmoderni: ecco il contenuto della valigetta della generazione accademica umanistica che oggi fa la spola tra Italia e USA e cura la formazione della massa studentesca precaria nelle nostre disfatte università; e tratta allo stesso modo - non è impertinente l'accostamento! - anche questioni politiche "locali" come quella della TAV (Cfr. qui) per non dire della "riforma del lavoro".
Non vorrei implicare lo stesso Stevens in questa
critica che rivolgo al commento di Mazzoni. E perciò chiedo: sono gli
occhiali postmoderni e disincantati di Mazzoni a produrre questa
interpretazione del testo di Stevens, che invece potrebbe essere letto anche in
altro modo? O è lo stesso testo qui esaminato che si presta e suggerisce solo tale
interpretazione? Mi piacerebbe sentire la vostra opinione. [E.A.].
martedì 20 marzo 2012
Roberto Bertoldo
La polis che non c'è (6)
Poesia civile della rivendicazione
Concludendo il discorso su La polis che non c’è. Tre modi di
interrogarsi in poesia sul venir meno della polis e della società civile pubblico
gli appunti di lettura di R. Bertoldo su Il disgusto di Gianmario Lucini [E. A.]
Gianmario Lucini, Il disgusto, Edizioni CFR, Piateda (SO) 2011.
La
parola poetica di Lucini ne Il disgusto
viene lasciata libera, almeno questa è l’impressione di lettura, di adattarsi
alla volubilità emotiva dell’autore. Ne viene fuori un’espressione variegata
che contempla tanto il linguaggio lirico elitario, esito dell’ampia apprensione
culturale e poetica di Lucini, quanto quello prosaico popolare, esito dell’umano
civismo dell’autore. Forte della pregnanza poetica presente in genere nei poeti
della sua generazione ma, rispetto a questi, capace di restare libero da
influenze ideologiche, Lucini riesce a guardare le nostre colpe sociali dal di
dentro. La poesia civile di Lucini è dunque poesia della rivendicazione, non
tanto però nei riguardi dei poteri quanto, come il Foscolo disgustato, nei
riguardi del popolo. Un popolo “di lacché” (p. 57), un popolo che non è un
“popolo” (p. 58); così come i poeti sono senza civiltà (p. 40 e p. 41), sono
“mercenari” (p. 44), portati solo a un canto utilitaristico (p. 53); insomma,
un popolo che è “nemico”, ma un nemico con «mie sembianze» (p. 39).
Roberto Bertoldo
La polis che non c'è (5)
Poesia civile del resoconto
Concludendo il discorso su La polis che non c’è. Tre modi di
interrogarsi in poesia sul venir meno della polis e della società civile pubblico
gli appunti di lettura di R. Bertoldo sulla mia raccolta Immigratorio [E. A.]
Su Ennio Abate, Immigratorio,
Edizioni CFR, Piateda (SO) 2011
La
scelta dell’intersezione di due generi come la prosa e la poesia per realizzare
la pulsione narrativa originaria ha prodotto, in Immigratorio, un depotenziamento lirico interessante per le scelte
stilistiche che lo veicolano. La sottile trama veristica presente a livello
lessicale e epistemologico – pensiamo a Zichilibò, Babbasciò, ma anche al
vecchio pittore Ans che consiglia a Vulisse di «lavorare dal vero» (p. 47),
anche se poi Vulisse abbandona in parte il disegno «dal vero» (p. 48) – trova
espressione sia nelle elencazioni ellittiche e nelle ripetizioni che l’autore
usa a fini descrittivi non simbolici, sia nella struttura popolare, quasi da
canzone, da cui l’uomo emerge in modo ecumenico.
sabato 17 marzo 2012
Ennio Abate
I moltinpoesia (2)
Dialoghetti
a puntate tra Samizdat e il Poeta Invisibile
sul
‘noi’ che non c’è e alcuni modi
provvisori per edificarlo
Seconda puntata: la «sporca
religione dei poeti»
Poeta invisibile - Dicevi di sentire puzza di sacrestia anche nella poesia d’oggi? Spiegami...
Samizdat
- La religione ci stordisce da secoli coi suoi incensi. E in poesia tuttora la fa da padrona. Faccio un esempio. Malgrado
gli studi di Auerbach sul realismo di
Dante, te lo presentano come il poeta mistico per eccellenza, il pellegrino
cantore di Dio, tutto "trascendenza". Eppure scommetto che se vivesse oggi, quel suo realismo
gli farebbe riscrivere la Commedia all’incontrario,
dal paradiso all’inferno; e forse ancora più giù; e persino le sue solennissime terzine gli si sconnetterebbero
dallo sdegno. Vabbè, nella cultura europea
e occidentale alcune radici saranno pure lì, nella religione e nel
cristianesimo. Ma tacere sui frutti tossici che hanno prodotto e producono,
continuare a innaffiarle pur se diventate di plastica, mescolare
religione e Vitelli d’oro capitalistici è, per credenti e non, indecente.
Sabino Caronia
Valentino Campo
ovvero l’arte di scavare pozzi
«La migliore
poesia degli anni Novanta parte da lì, dal punto in cui pratica come un foro
nel terreno alla ricerca di un misterioso combustibile (“l’arte di scavare
pozzi”, dirà Valentino Campo): l’interrogazione del fondamento che non c’è».
Queste parole
di Giorgio Linguaglossa nel recente volume Dalla
lirica al discorso poetico. Storia della poesia italiana 1945-2010 (Edilazio
2011) ben si prestano ad introdurre alcune nostre considerazioni sulla poesia
di Valentino Campo.
E appunto al
Nostro, come risulta dal componimento che apre la raccolta L’arte di scavare pozzi, La quarta guerra sannitica, non resta altro da fare che ripartire
dalla «quarta guerra sannitica», e quel componimento di esordio vuole essere appunto
una metafora dell’intellettuale contemporaneo: «Scrivo da una zattera di
pietra. / Ho inciso ogni tronco con la testa / del giavellotto, / unto di
sterco il mio volto. / Cosa ci faccio / in questa selva di vetro? / i romani dove
sono? / non li vedo. / Non so la rotta / la mia e di questo scoglio, / non
cerco indizi in alto, tra le foglie. / Affilo punte di selce / preparo il
rancio, / passo in rassegna ombre / poi scavo, / ancora.».
SEGNALAZIONE
Roberto Maggiani
Nella frequenza del giallo
Stromatoliti
Ricordarsi tutto ciò ch’è andato perso –
a fatica ritrovarlo –
risalire le pendici del monte
dal quale cademmo
sul terreno della preistoria
pelosi e con il cranio piccolo
in un pianeta che ha dovuto evolversi
impervio
attraversato da cataclismi –
a fatica ricomporre la conoscenza.
Siamo gli ultimi trenta secondi
di una evoluzione di ventiquattro ore
e ringrazio per l’ossigeno i cianobatteri
delle stromatoliti11.
mercoledì 14 marzo 2012
Giorgio Linguaglossa
Ancora sulla poesia dell'essenzialità
di Tomas Tranströmer
Presi di sorpresa dell'assegnazione del Nobel a un poeta quasi sconosciuto in Italia avevamo accolto la notizia un po' scherzandoci su (qui). Linguaglossa ci ripropone ora la sua figura e due poesie [E.A.]
È fin troppo chiaro che con il Nobel per la
poesia a Tomas Tranströmer, i membri dell’Accademia giudicante esibirono un coraggio insolito, innanzitutto
perché Tranströmer era un poeta isolato e non rientrava nel concerto dei poeti
di rappresentanza o da vetrina mediatico-culturale oggi di moda in Europa. Di
fatto, il massimo poeta svedese vivente è uno sconosciuto in Italia, dove gli
editori maggiori non lo hanno mai considerato degno di pubblicazione, in quanto
non rientrante nella ristretta cerchia dei poeti sostenuti dal mondo
accademico. Del resto, anche il mondo accademico svedese ha faticato non poco
per accorgersi della portata del poeta.
Emilia Banfi
Della guerra restano avanzi
Della
guerra restano avanzi
di tutte le guerre come pasti
scaduti avvelenati dai comandi
dalle prese di potere che non rispondono
ai figli che stanno a guardare come forme
iniettate di sangue infetto nelle piccole vene
avanza lo stupore il malore il sempre come
di tutte le guerre come pasti
scaduti avvelenati dai comandi
dalle prese di potere che non rispondono
ai figli che stanno a guardare come forme
iniettate di sangue infetto nelle piccole vene
avanza lo stupore il malore il sempre come
chiodo
nelle piccole mani -Come Gesù- dice la nonna
-Vieni qui non guardare non è per te questo morire-.
I fiori nascosti a marcire sulle grigie tombe seccano
al sole d’agosto al passante che guarda che non ha visto
il fondo dei fondi lo sguardo sospeso tra il monte e il mare.
-Vieni qui non guardare non è per te questo morire-.
I fiori nascosti a marcire sulle grigie tombe seccano
al sole d’agosto al passante che guarda che non ha visto
il fondo dei fondi lo sguardo sospeso tra il monte e il mare.
Non
capire non leggere il nome guarda solo la pietra
perché solo di questo si tratta.
perché solo di questo si tratta.
Hans Jonas
L’isola della verità
Ci
condussero in un boschetto di tigli in fiore
su
un’isola al di là del mare abitata da uomini bianchi.
E
ci dissero: «questa è l’isola della verità,
qualunque
cosa toccate diventa verità. Ed essa è. Per sempre».
Fu
così che toccai il prato verde. Ed esso divenne prato verde.
Poi
toccai il cielo con un dito. Ed esso divenne cielo azzurro.
Lucianna Argentino
Poesie
dalla raccolta inedita
“L'ospite indocile”
Sta in quel
di più – visione delle madri
lei che parla
senza staccare la lingua dal dolore
e
continuamente lo rifà presenza
di se stessa
e di quel che
del suo
motivo le avanza.
lunedì 12 marzo 2012
DISCUSSIONE
Una rivoluzione poetica
partita da Genova?
Nella mailing list dei moltinpoesia è partita una piccola discussione tra favorevoli e contrari al MANIFESTO DI GENOVA DELLA RIVOLUZIONE POETICA firmato da Ferlinghetti - Jodorowsky -Bertoli - Pozzani - Costa - Giannoni - Ganz. Lo ricopio dal Web e e chiedo commenti o interventi. Invito anche quanti hanno già espresso opinioni in merito nella discussione interna ai moltinpoesia a riportarle qui sul blog, come meglio credono. [E.A.]
MANIFESTO DI GENOVA DELLA RIVOLUZIONE POETICA
- La
poesia è prima di tutto un atto, vivere nel migliore dei modi e dei
mondi possibili. Si sostanzia anche nello scrivere, certo, però solo
dopo - dopo! - e solo come atto ed espressione del vivere. Altrimenti
c'è solo arte, letteratura, poesia. Ridicolo.
- Noi vogliamo dare luogo e voce alle vere istanze di crescita ed emancipazione di questo tempo, non alle sue mode e modi.
domenica 11 marzo 2012
Flavio Villani
I sommersi
“La memoria umana è uno strumento
meraviglioso ma fallace.”
P. Levi
“…ricercavamo
procedimenti utili
a intrattenere i fantasmi…”
A. Giuliani
Certi fatti accadono all’improvviso, a volte,
spesso nulla più di un tonfo
insignificante a prima vista
e
tanto distante da non sembrare vero.
Tu allora pensi a cadute d’altro genere,
per lo più innocue (un libro, un attaccapanni,
uno scaffale, che altro, in fin dei conti?)
ma poi delle urla non ti dai ragione,
e lo sai
che non può essere altrimenti.
Marina Pizzi
Cantico di stasi (2011-2012)
1.
in un
ospizio di foglie
la pigrizia
dell’angelo.
si secca la
gioia di dio
pertugio di
lacrime.
incline al
giocondo arenile
balbetta
d’eco la conchiglia.
in mano
all’armonia dell’inguine
resta la
giara senza l’olio santo
prosciugato
dal resto del mondo.
mandami un
calesse avrò già pianto
nel dilemma
scortese del fango.
è tutta qui
la resina del dubbio
quando la
casa crolla tutta sicura
di stare in
piedi. i duri fratelli
hanno
lasciato la casa dopo il saccheggio.
in un tuono
di vendetta la scaturigine
del sacco
chiuso a bomba. intorno le vipere
spasimano
gl’intrecci. l’ironia del vicolo
spadroneggia
sugli amanti senza riparo.
SEGNALAZIONE
Marco Cetera
Come non detto
Per leggere il suo poema musivo ipertestuale clicca sotto:
Prove tecniche di es-autor-azione.
«Uno dopo l’altro, da Dostoevskij a Mike Bongiorno, da Heidegger all’Uomo Ragno, ho tradito tutti. Con inaudita violenza ho usato le loro parole contro la loro stessa volontà e le ho disposte secondo un nuovo ordine narrativo, il mio. Ho ricondotto le parole alla loro irriducibile singolarità di evento: esse non sono più la manifestazione di un significato originario più profondo, ma vengono pensate e adoperate semplicemente nella loro esoscheletrica presenza. Espressioni svuotate, rese monche, incrinate, modellate secondo le regole di un gioco che mira innanzitutto a svelare ciò che si cela dietro la loro significante apparenza: l’assenza dell’autore. Il significato, così smascherato ed esautorato, si irradia anarchicamente in tutte le direzioni. Esplode, senza più alcun bisogno di verità. Pronto ad essere usato a mio piacimento. In questo senso, Come non detto è la prova ontologica che decreta, in modo tangibile ed empirico, la morte dell’autore. Una morte violenta. Perché dietro il suo decesso (decostruzione & decomposizione) si cela un altro autore. Io, un assassino. Condannato all’eterno ritorno di un patricidio.»
venerdì 9 marzo 2012
Ennio Abate
Il poeta e la morte.
Omaggio a Elio Pagliarani
Muoiono i poeti. Come tutti gli altri. Gli amici
più stretti esibiscono aneddoti e ricordi di loro
incontri con il defunto, si pubblica qualche loro poesia, si dicono le solite
cose. Di Pagliarani ho riletto attentamente questa sua
poesia, che non conoscevo. E' intitolata Oggetti e argomenti per una disperazione (da Lezione di fisica del 1964) e si trova su vari siti (l'ho ripresa da Le parole e
le cose). Me la sono letta
attentamente e ho aggiunto un commento e, in appendice, un giudizio di Fortini su Pagliarani. E' il mio omaggio a un poeta visto in due occasioni a Milano ( a un funerale e a un reading), ma di cui mi piacque, subito, alla prima lettura, La ragazza Carla, su cui vanamente, quando insegnavo, tentai di attirare l'attenzione dei miei studenti . [E.A.]
Oggetti e argomenti per una disperazione
ad Alfredo Giuliani
Che sappiamo noi oggi della morte
nostra, privata, poeta?
Poeta è una parola che non uso
di solito, ma occorre questa volta perché
respinti tutti i tipi di preti a consolarci non è ai poeti che tocca dichiararsi
sulla nostra morte, ora, della morte illuminarci?
mercoledì 7 marzo 2012
Marcella Corsi
8 marzo in versi.
Antonia Pozzi (Milano 1912-1938)
Mi è stato chiesto di comporre
un ricordo di Antonia Pozzi (quest’anno è il centenario della nascita) attraverso la selezione di alcune sue poesie.
Lo faccio volentieri.
La sua scrittura in versi – e la
sua vita – attestano quanto per uno spirito libero in un corpo di donna fosse
difficile tollerare le limitazioni culturali, storiche direi, a tale esigenza
di piena espressione di sé in relazione con il mondo. Non mi sembra un caso che
Antonia si sia uccisa, a 26 anni, dopo che le era stato impedito di vivere il
suo primo grande amore, senza che alla sua produzione in versi fosse stato dato
riconoscimento di pubblicazione, in una atmosfera socio-culturale resa
invivibile dalle leggi razziali appena promulgate. Pur nelle inevitabili
differenze storiche, l’attualità di questa “giovinezza che non trova scampo” mi
sembra evidente.
MOLTINPOESIA
A più voci sull’incontro
con Amedeo Anelli di ‘Kamen’
Ieri 6 marzo 2012 si è svolto l'incontro del Laboratorio Moltinpoesia con Amedeo Anelli della rivista 'Kamen'. Ecco un rendiconto a più voci. [E.A.]
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