di Ennio Abate
dissimulava,
sdegnata dai
suoi inquisitori
reclami
sfuggiva piangente dentro siepi di donne
e s’imprigionava
a sera
nella stanza da
letto
meticolosa
lettrice ma d’altri amori
e solitudini
spegnendo
anzitempo la lampada
ché l'occhio - (di
lui o di chi?) -
non
trattenesse il cambiamento già tante volte
scrutato
ormai disponeva all'astuta buonanotte
il suo corpo inaccessibile
finché non
s’abbatteva
nel sonno anche quello
di lui
che
caldo d’un desiderio improvviso e pazzo
sollevava ancora maree
ma di fredde domande
non giungevano alle sabbie dormienti di
lei
annaspavano nel
suo,
non più nell’umidore
di lei
e si ritiravano
lei ogni maschile abbraccio aveva sfracellato
e per pietosa
finzione lo allontanava
soltanto dagli scogli suoi più taglienti
non ridente in
fiabe o in miti saggia
non adagiata sul
dorso del centauro
brutto
di pelo e madido di sudore il di sotto cavallino di lui
sprofondava in un mare coperto di
silenzi
(9 agosto 1985 / 10 giugno 2025)
Nota
Il mito di Atalanta dice che,
per accontentare il padre, gli aveva promesso di
sposarsi solo con chi l'avesse battuta in una gara di corsa. Il pretendente che non ne fosse uscito vincitore,
sarebbe stato ucciso. Soltanto Melanione (o
Ippomene), volle cimentarsi nella
rischiosissima impresa chiedendo aiuto ad Afrodite, che gli diede tre mele d'oro, colte dal Giardino delle Esperidi. Durante la corsa, seguendo il consiglio di Afrodite, le lasciò cadere. E Atalanta si fermò a raccoglierle, perdendo la gara.