Una notte ho sognato la tua morte:
In tale paradosso eri pallido e sospeso,
sottile il naso, i denti stretti forte.
“Non ti riconosco tanto indifeso…”
Tu mi hai guardato come sorpreso
che stoltamente avessi malinteso
e l’ora ignorassi della tua sorte.
“Ulisse! hai traversato le oscure porte
e fra i vivi sei tornato!” ho urlato scosso.
Hai sorriso e sfiorato la mia mano:
“Tu sei mio figlio” lieve hai detto,
“vederti e toccarti io sempre posso.”
“Non andare…” ti sussurro invano.
Ma tu sei rimasto immobile e perfetto.