Michael Krüger, Il coro del mondo Milano, Mondadori, 2010
Il
linguaggio di poeti come Yeats ed Eliot non è più il linguaggio degli uomini
comuni del tempo di Wordsworth ma è un linguaggio nuovo che ha acquisito una
sofisticatissima colloquialità. Quello che Yeats rimprovera a Eliot noi lo
possiamo rivolgere contro Michael Krüger. Scrive Yeats: «Eliot has
produced his great effects upon his generation because he has described men and
women that get out of the bed or into it from mere habit; in describing this
life that has lost at heart his own art seems grey, cold, dry. He is an
Alexander Pope working without apparent imagination, producing his effects by a
rejection of all rhythms and metaphors used by more popular romantics rather
than by the discovery of his own, this rejection giving his work an
unexaggerated plainness that has the effect of novelty».
«A
noi, residuo plurilingue», scrive Krüger spetta un linguaggio poetico talmente
logorato dalla civiltà mediatica da essere un qualcosa di assolutamente
inutilizzabile (non-orientabile, come il nastro di Moebius), un qualcosa: «che
era già stato scartato» scrive il poeta tedesco, secondo il quale il linguaggio
poetico è qualcosa che proviene già da uno scarto di qualcun altro e di
qualcosa d’altro. Ed è proprio questo il particolare, diciamo così, statuto del
linguaggio poetico contemporaneo. Quasi che una posizione di autenticità sia
possibile soltanto aggiudicandosi dosi massicce di «scarti»; quasi che la
situazione di attesa dell’uomo contemporaneo sia analoga a quella di chi, poiché «tutti gli aerei atterravano
con ritardo/ e non c’erano più decolli», a cui spetta «l’odioso posto in
mezzo»; un’attesa che è un intermezzo, un interludio, un interspazio-temporale
tra decolli annunciati e cancellati. Come se la cancellazione fosse la spia di
una condizione oggettiva per ristabilire il giusto ordine delle cose; è una
poesia questa che non deriva più da alcun ordine delle cose, perché non c’è
alcuna ragione di un tale principio nella società dell’organizzazione totale e
della globalizzazione amministrata. Ciò che spetta alla poesia è esplicitamente
indicato nella poesia intitolata «Discorso di un viaggiatore», dove il
«viaggiatore», dopo il viaggio, si rende conto che non gli è restato nulla: «Se
lei permette, prendo un pezzo di pane e un po’ di vino. Grazie. Adesso mi sento
quasi come a casa».
Diciamo
che è la condizione dell’uomo del tardo Moderno quello che sta a cuore a
Krüger, e la poesia è soltanto uno strumento (sofisticatissimo) per la
rilevazione delle quantità di isotopi di uranio e di cesio che si trovano
nell’atmosfera (nella biosfera) dell’ambiente umano. Assodato che la democrazia
del tardo Moderno è quella che reclama a gran voce che tutte le arti siano
eguali, eguali in quanto tutte inessenziali; inessenziali in quanto tutte decorative… e che la tendenza al decorativismo costituisca il
piano inclinato di tutta l’arte del tardo Moderno, è un dato difficilmente
oppugnabile. Addirittura, risulta problematico financo discorrere di arte nel «reale»
del villaggio globale e del villaggio mediatico, che conosce soltanto, come è
stato detto, la diffusione dell’estetico, dato che se ne è perduto il concetto;
senza contare che un’arte senza stile
quale è quello della poesia del tardo Moderno ricade e rientra nell’estetico
per la porta di servizio (non certo per la porta principale). Direi che un’arte
senza stile è quella che richiede la diffusione dell’estetico in quanto: che
cos’è l’estetico se non un «servizio» che la diffusione dell’architettura e del
design permettono all’arte della
democrazia dispiegata? Anche se è vero che tutte le filosofie che discettano di
un’arte senza stile non sanno quello che fanno (impegnate come sono nell’eutanasia
della libertà), in verità, essa sta incondizionatamente dalla parte della
comunità servile, orgogliosamente partigiane della techné dei medaglioni.
La
poesia del poeta tedesco ha questo di vero, che si occupa dell’amministrazione
degli «scarti» come un amministratore del condominio si occupa dei rapporti
millesimali tra i condomini. Il poeta come amministratore del condominio dei
propri «scarti», di tutto ciò che è scaduto da tempo ed è perciò inutilizzabile
(inutilizzabile innanzitutto per i lettori della borghesia illuminata). Una
poesia che cerca se stessa nella discarica indifferenziata dei rifiuti è una
«cosa» talmente ostica e inafferrabile da determinare un rifiuto istintivo, lo
capisco… così, la migliore poesia per la
Germania è quella che descrive la perdita dei foglietti sulla quale la poesia
era stata vergata; analogamente, la migliore poesia per descrivere l’«inverno»
è quella che «narra» il fatto che il proprietario dell’agenzia di viaggi «ha
preso la cassa e ha tagliato la corda», e che «la nettezza urbana» dichiara di
non avere problemi, etc. E come vanno le cose con il «quotidiano»? Beh, i
rapporti che il poeta tedesco tiene con questa inafferrabile entità sono
rapporti del tutto fortuiti, spastici e apotropaici: «In casa tengo la porta
solo accostata», per favorire l’entrata della persona che si aspetta, perché
«potrebbe darsi che tu venissi. Posso aspettare./ Posso aspettare…». Ed ecco
che la poesia si compone più che di esperienze vissute, di mancate esperienze;
ovvero, è propriamente la mancanza di esperienza quella che fornisce il
paradigma e il pentagramma entro i quali far svolgere gli avvenimenti del
poetico.
Se
prendiamo atto del retroterra da cui muove questa poesia, allora apparirà
chiaro che la forza espressiva dei componimenti di Krüger deriva proprio dalla
grande consapevolezza che l’autore ha del demanio di rottami e di scarti entro
il quale la poesia deve provare a rovistare e saccheggiare: le esperienze
significative saranno, appunto, quelle che abitano stabilmente il demanio dei
rifiuti indifferenziati delle esperienze attingibili dalla generalità, ovvero,
attingibili soltanto nella loro manifestazione fenomenica di indirezionalità.
Da
quanto precede risulterà chiaro che la poesia di Krüger intende porsi come una
zona refrattaria alle tendenze apologetiche del minimalismo europeo proprie del
tardo Moderno, che personificano l’esigenza di razionalizzazione del «reale»
(che è affetto da quella sorta di dimagrimento permanente che sono le
esperienze de-realizzate di cui esso è costituito). «
È tutto tranquillo. Non è successo niente», scrive Krüger. Siamo già
dentro la dimensione della superficie superficiaria, della direzionalità
indifferenziata, della stagnazione permanente.
È
chiaro che il non-stile del tardo
Moderno sia anche uno stile, anzi, lo
stile par excellence del tardo
Moderno: lo stile del beota, lo stile omiletico. Forse nessuno come Montale ha
compreso così a fondo le questioni legate allo stile da «ectoplasma» nell’epoca
della pinguedine dello stile che caratterizzava gli anni Settanta; ma oggi, in
pieno tardo Moderno (che più tardi non si può), lo stile omiletico trova il suo
corrispettivo sintagmatico nello stile
ironico colloquiale che prende in prestito dalla oralità del telefilm e del
cabaret la pinguedine della propria irresponsabilità estetica.
Da
questi pochi cenni apparirà chiaro come Krüger sia uno tra i pochi poeti
europei contemporanei che scriva una poesia
di grande responsabilità estetica, che ha il coraggio di addossarsi
tutta la responsabilità derivanti dallo statuto del proprio atto linguistico.
Di qui il mio augurio di leggerlo e meditarlo. A lungo.
Come vanno le cose
È tutto tranquillo. Non è successo niente.
Tutto è tranquillo. Non è successo niente.
E’ tutto tranquillo. Non è successo niente.
Non è successo niente. È tutto tranquillo.
*
So già cosa mi aspetta, oltre alla pioggia,
*
Nel cortile, presso i bidoni della
spazzatura, nell’angolo oscuro,
*Michael Krüger, sassone, è nato a Wittgendorf nel 1943 ed è cresciuto a Berlino. Attualmente risiede a Monaco, dove dirige la casa editrice Hanser e la rivista “Akzente”. Poeta e romanziere, in Italia ha pubblicato le raccolte Di notte tra gli alberi (2003) e Poco Prima del temporale (2005). Fra le traduzioni italiane delle sue opere ricordiamo Perchè Pechino (1987), Il ritorno di Himmelfarb (1995), La fine del romanzo (2000), La violoncellista (2002) e La commedia torinese (2007).
29 commenti:
Il tuo pregevole contributo critico all’opera di Michael Krüger è davvero apprezzabile, caro Giorgio. Come sempre, con passione e competenza sedimentate sul campo, offri spunti di lucida e intensa riflessione sul percorso poetico del tardo Moderno e sui relativi esiti, etici ed estetici. Grazie e un caloroso saluto.
- prego, citare la fonte da cui si è rilevata la citazione di Eliot verso Yeats.
Per favore, spieghi il Liguaglossa cosa intende con questo augurio !A lungo". Quanto "a lungo", esattamente?
Il suo commentario è una parafrasi di quello che dice lo stesso Krüger, non una virgola di più. Egli cerca di fare esattamente quello che Yeats accusa Eliot di fare: abbassa il soggetto, il genere e dunque anche il linguaggio.Quello che Yeats rimprovera a Eliot noi lo possiamo rivolgere contro Linguaglossa.
E' dunque da Krüger che il Linguaglossa ha preso i paletti per la sua "originale" teoria del linguaggio poetico che ha propinato in questo articoletto al lettore di blog semignaro.
Una domanda: a cosa gli servono questi articoletti al Linguaglossa? Il credito di quale genere di lettore ricerca?
Sorvoliamo su questo, in quanto il dilemma è di semplice risposta.
E' una chiosatura insomma come le tante che fa e che propina incollando una estesa citazione ad un'altra, come si fa nelle tesi di laurea triennale, senza aggiungere nulla di suo.
Inoltre, delle citazioni da Krüger mancano i dati bibliografici (le pagine?) e soprattutto, essenziale specificare quale edizione e di chi sia il traduttore.
Per leggere e sapere da dove originino queste idee e da quali esatti autori non citati, ma da Linguaglossa omogeneizzati a pappa, passati qui dopo 20 anni per "originali", consultare prego i seguenti autori, delle cui idee Linguaglossa si propone come il vetriloquo: Julia Kristeva, Jean Baudrillard,Hans Jonas, Gilles Deleuze e Félix Guattari, Paul Feyerabend, Gerhard Anna Concic-Kaucic, Paul de Man, Donna Haraway, Huston Smith, Cornel West, Ken Wilber.
Non si capisce infine se per Linguaglossa Eliot e Krüger siano autori d'eccellenza o precursori proprio del tipo di linguaggio e del tipo di prospettiva che egli continua qui e là a disprezzare.
Per finire, nessun dovuto, atteso, insopprimibile riferimento è fatto a nomi ed opere di critici che abbiano già scritto e teorizzato su Krüger e a cui l'articoletto di Linguaglossa si rifà (si spera li abbia letti, quanto meno, il che renderebbe implausibile il non citarne le idee e la fonte).
Stefano G.
Chi è il traduttore? Di chi è questa traduzione da Krüger? Non penso che al traduttore farà piacere vedere la sua opera ristampata in questa sede senza accreditare il nome del copyright per la traduzione. Sono atti di pirateria del web questi belli e buoni e Linguaglossa non si toglie il vizio di appropriarsi della 'intellectual property' degli altri senza accreditare le fonti e gli autori. A B C della correttezza critica. (S.G.).
Magari, quando ha tempo, mi farebbe piacere sapere anche qual'è la sua opinione sulla poesia di Kruger. Qualcosa che derivi dalla sua fonte personale, per capirci. Grazie
mayoor
Rifacendoci allora al titolo si potrebbe dire: "La critica della superficie superficiaria."
Buona questa!
Leopoldo Mastella
Dovrei volerlo fare, sarebbe idoneo farlo, mi piacerebbe forse farlo, ma non investo energie in questo genere di sforzi a vuoto, non su un blog, almeno, e non a questo punto. Inoltre non offro gratis in pasto le mie idee a chi potrebbe farne un copia e incolla e ripubblicarlo altrove senza citare la (mia) fonte, appropriandosene, o peggio ancora riassumendo le idee ma ad un livello inferiore da quello in cui queste idee sono state generate : scusi se è poco, come spirito di motivazione a desistere dall'elargire idee potenzialmente originali su un sito non protetto. Stefano G.
.. e quindi? Se non scende in campo non ha senso avanzare pretese. Inoltre mi sembra che lei abbia un'idea sommaria di questo blog, ma è vero che qui la critica si confronta con persone diverse instaurando dove possibile un rapporto colloquiale. Utile alla critica forse, ma senz'altro utile anche a chi scrive poesia. Insomma, qui la critica non fa spettacolo di se' ma si rende utile.
mayoor
... almeno fino ad oggi è stato così.
m.
A Linguaglossa
Il suo inizio di articoletto francamente non ha senso.
Come si legano le due frasi a e b? Sono Yeats and Eliot sullo stesso livello o meno?
La prima frase di Linguaglossa li direbbe entrambi moderni e ''sofisticatamente colloquiali'', associandoli (chi cita?)
Poi subito dopo, incongruentemente, li disunisce, citando (senza dettagli dell'opera, come ho detto) il noto giudizio molto negativo di Yeats sul linguaggio moderno di Eliot.
Inizio citazione da Linguaglossa
"a) Il linguaggio di poeti come Yeats ed Eliot non è più il linguaggio degli uomini comuni del tempo di Wordsworth ma è un linguaggio nuovo che ha acquisito una sofisticatissima colloquialità.
Cosa intende per linguaggio "nuovo" e cosa intende per "sofisticatissima colloquialità rispetto a Wordworth". Sono cose così approssimative sulla poetica di entrambi da fare cadere le braccia perfino ad un insegnante di liceo.
Quali opere, per formulare una domanda esplicita, di Yeat esattamente il Lingaglossa ha in mente rispetto a questa colloquialità...si può ottenere una risposta, un titolo, un anno di pubblicazione relativo ad una fase storica, si potrebbe avere un giudizio comprensibile e non confuso ed approssimativo sulle fasi e sui suoi tempi?
b) Quello che Yeats rimprovera a Eliot noi lo possiamo rivolgere contro Michael Krüger."
(Fine citazione da Linguaglossa)
Allora sono o no sullo stesso livello antiromantico e moderno. E perchè nella prima frase li si premia per una qualche sostanziale somiglianza e poi si cita, di palo in frasca, il giudizio terribilmente oppositivo di Yeats su Eliot?
Risolva, il Linguaglossa, le sue contraddizioni logiche.
Rilegga, prima di spedire, le cose che scrive a vanvera.
Spieghi, a parole sue, al lettore (noi), che chiama in causa, cosa distingue, esattamente, Yeats da Eliot, tematicamente e stilisticamente, al punto
(a) (sempre che ne conosca l'opera e non sia andato a leggersi solo qualche introduzione da raccolte)
e spieghi soprattutto visto che è in ballo, perché Yeats, che Linguaglossa pone sullo stesso livello di modernità nella frase (a) poi critichi così duramente Eliot nella frase (b)(la citazione da Yeats è una delle più note che circola sul web e basta fare un copia e incolla per trovare saggi in cui autori come Michael o'Neil ne discutono i contenuti).
Ringrazio e colgo l'occasione per scoraggiare vivamente i miei studenti ad andare sui siti internet a raccogliere le loro notizie.
Si muovano da casa, vadano in biblioteca a consultare i testi invece di fare ricorso a questi bignami approssimativi della cultura.
S. G.
Senta Mayoor,non inizi a fare il paladino sulle roccaforti del blog: qui si mette in rete qualcosa e qui la si critica a parità di voci. Smettetela altrimenti di avere un blog aperto e chiudetevelo solo agli amici: è una prerogativa dei blog potere mettere limiti all'accesso dall'esterno. Io sto facendo la critica della critica, la conosce questa disciplina? Una sorta di controllo -qualità: non sto facendo la gara a chi sa meglio la poetica del soggetto trattato. Quindi, sia gentile, scenda dalla torretta di vedetta e legga i miei commenti critici al testo di Linguaglossa, attentamente, se davvero è interessato alla dialettica e non al monologo di un sedicente esperto di poesia inglese e tedesca (che è tutto da provare, con titoli di opere che il Linguaglossa ha prodotto in questo campo). O sta facendo una chiosatura delle sue a qualche libro letto al mare?
Non può nemmeno protestare contro il fatto che ho messo in evidenza la mancanza di citazione del traduttore: potrei o non potrei essere, ad esempio, io quel traduttore e risentirmi della pirateria del Linguaglossa? Dunque sia aggiunga il nome del traduttore per correttezza.E bastaaa, adesso!
ma lei non sta confutando le argomentazioni di Linguaglossa adducendone altre. Capisco la correttezza, meno la sua isteria. Tanti auguri.
m.
Ennio Abate a Stefano G.:
Preferirei che lei, ammesso che sia davvero Stefano [Nota. Sono costretto a questa formula dato l'uso e abuso di nickname], si firmasse per esteso, ci dicesse parcamente del suo lavoro e magari delle ragioni che l’hanno spinto ad affacciarsi su questo blog. Insomma, dialogasse o polemizzasse con noi, ma uscendo dall’ombra.
Non l’ha fatto, non lo fa. Non per questo ci mettiamo a bacchettarla, a insinuare sulla sua persona, a farle le pulci con acrimonia.
Perché, invece, lei si permette proprio questo e *soltanto e soprattutto questo* con l’articolo dell’amico Giorgio Linguaglossa?
Lei ha fatto alcuni rilievi condivisibili. Ad es., anch’io avrei voluto che della citazione di Eliot Giorgio indicasse la fonte e magari la traducesse. O che le citazioni da Krüger avessero «i dati bibliografici» a posto. Ma non ne faccio un problema o IL PROBLEMA. Linguaglossa, come tutti, è preso da varie faccende e la fretta a volte è cattiva consigliera. Non voglio giustificarlo. Ma sottolineare alcuni limiti della sua recensione va bene. Non mi va invece la demolizione da parte sua del suo lavoro di assiduo osservatore della produzione poetica contemporanea con un’animosità eccessiva e ricorrendo a malignità di vario tipo («a cosa gli servono questi articoletti al Linguaglossa? Il credito di quale genere di lettore ricerca?»; « E' una chiosatura insomma come le tante che fa e che propina incollando una estesa citazione ad un'altra, come si fa nelle tesi di laurea triennale»; «consultare prego i seguenti autori, delle cui idee Linguaglossa si propone come il ventriloquo»; «sempre che ne conosca l'opera e non sia andato a leggersi solo qualche introduzione da raccolte»).
Non credo che la reputazione di Krüger o dei suoi traduttori sia danneggiata da questo post. Gli abbiamo offerto la nostra vetrina, magari non perfetta, e facciamo conoscere il suo nome a un'altra fetta di visitatori. C’è qualche approssimazione? La correggeremo col tempo e l'aiuto di amici e amiche benevolenti.
[Continua]
Ennio Abate [Continua]:
E poi poteva fare le stesse obiezioni a Linguaglossa ma con altro stile.
Lei, a intuito, potrebbe essere uno studioso di letteratura, magari è un docente universitario. Ci fa piacere che si affacci su questo blog. Ma, quando commenta, non potrebbe mettere da parte la bacchetta e strapparsi all’ossessione degli apparati critici rigorosissimi?
Inoltre, se la sa più lunga di Giorgio e dei frequentatori di questo blog su Yeats o Eliot o sullo stesso Krüger, perché, invece di sottolineare con la matita blu «l’inizio dell’articoletto» di Giorgio, non mette a disposizione le sue competenze, dandoci, come richiede Mayoor, «la sua opinione sulla poesia di Krüger»?
Eviterebbe così la brutta impressione che lei, no, non può sprecarsi a nostro vantaggio («non investo energie in questo genere di sforzi a vuoto, non su un blog, almeno, e non a questo punto»), ma il tempo per bacchettare Giorgio lo trova, eccome!
Diamine, un po’ di generosità nella distribuzione dei saperi da parte di chi li ha verso chi non li ha o ne ha di meno dovrebbe essere opera meritoria. E non guasterebbe in questo momento in Italia!
Orsù spezzi anche per noi il pane della sua sapienza letteraria, prof. Stefano G. !
Eh no, lei è di quelli che non offrono «gratis in pasto» le “sue” idee! Se le tiene ben strette, le “privatizza”. Forse sarà anche nemico dei sostenitori del no-copyright e storce il naso di fronte alla problematica (per me interessante) dei *Creative Commons*. Forse scrive solo su siti protetti o in ambienti accademici iperprotetti, dove «elargire idee potenzialmente originali» fa crescere la fama e il conto in banca. Ma allora - mi tolga la curiosità - perché viene qua sul blog dei “moltinpoesia”?
Lei ha tutto il diritto di fare «la critica alla critica» su un blog, appunto, aperto. (Ma spero che non si astenga dal farla anche nei suoi ambienti protetti. O lì tace e acconsente e qui spara a zero e si sfoga?).
La faccia questa critica, ma con più garbo, senza isterie e non con la spocchia sadica di chi deve mettere in castigo o prendere in castagna il reprobo di turno, che osa parlare di Krüger o di Yeats o di Eliot senza avere tutte le carte (accademiche) in regola.
Io, da lettore meno prevenuto e che pure non faccio mancare le mie critiche all’amico Giorgio, il senso generale del suo articolo l’ho capito e apprezzato, malgrado alcuni punti oscuri o discutibili e persino qualche contraddizione logica. Lei perché solo su questi si è fermato?
[Fine]
Perchè? Gentile Abate, ma perché il web è la morte per gli studenti, e la morte della cultura. Abbiamo noi sistemi di alta precisione per sapere esattamente gli "studenti" da dove prelevano le loro spesso strambe idee. E le ho detto tutto.
Grazie della pazienza. Lei ha perfettamente inquadrato il mio attuale umore verso queste operazioni che andrebbero limitate all'età di 20-25 anni al massimo e non oltre. Le astuzie del web e le pochezze della sua disponibilità andrebbero lasciate ai pulcini che beccano i semi ed estraggono vermi dal suolo, per sopravvivere. Altro è il tempo quando si diventa onesti ed adulti verso la materia per cui o la padroneggi davvero o la lasci perdere: non so se mi sono spiegato!
Stefano G.
Cito la frase (a) del Linguaglossa:
"Il linguaggio di poeti come Yeats ed Eliot non è più il linguaggio degli uomini comuni del tempo di Wordsworth ma è un linguaggio nuovo che ha acquisito una sofisticatissima colloquialità. "
Procediamo con l'analisi sommaria degli enunciati: questa frase sciocca ci dice che:
1. il tempo di Yeats e Eliot è lo stesso quando non lo è se non per una breve sovrapposizione generazionale
2. quello precedente, di Wordsworth, era un tempo di uomini "comuni"
( Wordsworth pur non essendo un uomo comune, come figlio del suo tempo parlava un linguaggio comune poi mutato durante l'epoca successiva?)
3. Si dice che il linguaggio in voga al tempo di Wordworth era un linguaggio degli uomini comuni. Si dice contemporaeamente che il linguaggio mutato all'epoca Yeats ed Eliot non era più il linguaggio degli uomini comuni. Poi ci dice che appunto il loro linguaggio era di ''sofisticatissima colloquialità''. Ma l'uomo comune non parla notoriamente un linguaggio colloquiale per eccellenza e non formale? Il linguaggio comune non corrisponde alla colloquialità?)
4. Yeats e Eliot sono automaticamente uomini non comuni semplicemente per essere non più uomini del tempo precedente e tuttavia parlano un linguaggio colloquiale. Da cosa si distacca allora il loro linguaggio da quello dell'uomo comune dell'epoca di Wordsworth?
5 Yeats e Eliot parlano quel linguaggio (che è assimilato dal tempo e suggerito come avente prerogative comuni di ''sofisticatissima colloquialità'') non per la loro genialità e la loro ricerca ma semplicemente per essere uomini di quel tempo.
4 gli ''uomini comuni'' del tempo precedente a quello di Yeats e Eliot (che è detto essere erroneamente lo stesso) non aveano colloquialità, ma parlavano un linguaggio altro dalla colloquialità (quale?)
Ecco, mi fermo qua : fermo qua lo stupidario.
Non so quale sia la università frequentata da Linguaglossa. Vorrei che ci dicesse se era Lingue e letterature Straniere. Qui sembra essere all'opera una persona che non sa nulla di ''Letterature Straniere''. Ha frequentato o meno questo genere si Facoltà? Legge le opere in originale come fanno rigorosamente tutti quelli che si occupano di Letterature Straniere? Oppure le legge in traduzione?
Qualche domanda per lo spettro di Yeats.
Chiudo qui perché effettivamente mi pare chiusa la questione dell'attendibilità minima richiesta di questi pensierini messi insieme dal Linguaglossa su Wordworth, Yeats, Eliot e Michael Krüger ed i loro distinti linguaggi poetici. L'operazione disinforma, sottrae piuttosto che aggiungere.
Buongiorno Stefano G.
non intervengo sulla questione di merito poiché non ho gli strumenti culturali di stretta competenza sulla questione deotonlogica,critica letteraria etc etc da te sollevata,
condivido l'argomento piu spicciolo o ABC, che nulla ha a che fare con i diritti d' autore che esulano da un regolamento di mercato. Mi spiego subito. Ti è stato sollevato da E.A. l'argomento "creative commons". Ma il problema è diverso e molto più semplice . Chi sostiene come BENE COMUNE la diffusione senza sfruttamento commerciale o scopo di lucro, del proprio e/o altrui prodotto "immateriale"(culturale è riduttivo per la teoria del bene comune), NON sostiene MAI MAI MAI l'appropriazione inconscia, conscia, o addirittura indebita, di contenuti altrui, di cui ne è molto molto rigoroso. Questo è un punto di partenza e di arrivo per l'umanesimo sottostante a tale pratica: il riconoscimento del soggetto che dà a quello che riceve.
Ciò indifferentemente o tanto quanto per autori diciamo di arte,talento, o fama, etc etc che per autori perfettamente signori nessuno, fra cui commentatori,passanti, perfetti anonimi sconosciuti. L'uguaglianza in questo caso è praticata e regna sovrana, al contrario del noto fenomeno di mercato dei ghost-writer, poichè il rispetto/riconoscimento "valore INDIVIDUO" ne è uno dei cardini, pena rientrare nel qualunquismo e individualismo tipico di un mondo di ladri, a diversi livelli di crimine, in cui il criminale (o, vista la fattispecie in cui ci troviamo: il pirata) conviene confinarlo ad una sola casistica classica del corrotto, o del mafioso, o al massimo del colletto bianco che ne è sempre il più immune.Mentre invece la societa criminale parte da quella che normalmente si autodefinisce "onesta".
in realtà è spesso tutto un gioco degli specchi di una societa violenta, che sarebbe quindi anche fra i primi capoversi del suo primo intervento (§abbassa il soggetto, il genere e dunque anche il linguaggio.Quello che Yeats rimprovera a Eliot noi lo possiamo rivolgere contro Linguaglossa§) a cui seguono altri di identico contenuto sul piano delle contestazioni fino a quelle sulla mancanza del "soggetto" che ha tradotto.
Il problema è "abbassare il soggetto" e ridurlo esclusivamente ad oggetto da cui ricavare un qualsiasi vantaggio personale.
I fantasmi in ballo in realtà sono tanti..e di molti non ho titoli per cui dire ..è come nelle conversazioni su Fortini di qualche post fa...riaffermare che se con i vivi occorre andarci con i piedi di piombo, con i morti ancora di piu e visto che non possiamo fare sedute spiritiche con loro per farli ritornare in vita, occorre molta attenzione a non distorcere nemmeno di una virgola il loro nome e il loro pensiero...
Purtroppo però da quanto leggo nelle dinamiche di questa comunità , tu ti stai ponendo con le stesse armi di chi ne ha cura ...E.A. può prendere a pesci in faccia sotto la veste della "critica", rigirando le frittate e dare a te anche della donnetta ..oppure altri sostenerlo sperticandosi sulla buona educazione quando per primo lui o altri l'hanno sforata...tu ti stai mettendo sullo stesso loro piano poiche costretto o meno allo stesso piano, usi la famosa parola cultura come un'arma...ovviamente hai delel motivazioni diverse dalla mie..io mi sono sentita manipolata su un piano relazionale piu ampio, tu invece su un piano relazionale piu specifico, ma credi che in queste condizioni di totale incomunicabilità si possa confliggere per riportare il soggetto al centro e cuore del discorso, chiunque esso sia, in cui poter comprendere quindi, consecutio, anche questo o quell X= Yeats o quell'Y=signor nessuno ?
Il "so-trarre", anziché il sottrarre, riguarda un ABC preliminare che appunto moltiplica,in quanto pre-vale l' identica sostanza di riconoscimento tanto a un perfetto anonimo(pensatore, scrittore traduttore o semplice lettore), quanto per proprietà transitiva, rafforzata dalla natura talento musicale, riveste la qualità di particolare faro, patrimonio dell'umanità e di quella stessa umanità.
ciao
Ad Ennio: citi i "Creative Commons", ma ti invito a notare che il testo che Linguaglossa ti ma inviato potrebbe essere quello di Mondadori da cui la traduzione è tratta senza citare il copyright del traduttore o semplicemente riconoscerne la degna esistenza. Non mi risulta che Mondadori abbia messo in circolazione questa opera sotto il "Creative commons." Mi informerò con una semplice telefonata e ti farò sapere. Altra soluzione è che tu ti faccia dire da Linguaglossa chi sia il traduttore, e lo aggiunga tu come di dovere, magari telefonando a Mondadori per informarti se è ok pubblicare questo testo dalla loro antologia. Se gli altri se ne fottono di queste semplici regole di internet, tu come gestore del sito fai bene a cautelarti e verificare se la versione che il Linguaglossa ti ha chiesto di postare sia effettivamente quella che è nel volume Mondadori. La superficialità degli altri non sia la tua.
Saluti, Stefano
In un volume di un dato testo in traduzione il copyright del contenuto del volume è doppio ed è tributato sia all'autore del testo originale sia a quello del testo in traduzione per le note questioni su cui vi ha gentilmente illuminato la signora Francesca Diano in qualche post precedente a questo.Non mettere il nome del traduttore e pubblicarne una poesia senza contattarlo e chiedere il permesso di utilizzare la sua opera è grave.
Ennio Abate:
@ Stefano
Lei ha eluso un buon 70% dei problemi posti nel mio commento precedente (a partire da quello importante della sua identità, che permetterebbe di guardarci negli occhi e di calibrare meglio il confronto). Comunque, io non sono così apocalittico: non credo che il Web sia la morte per gli studenti e la morte della cultura. La cultura si uccide in tanti luoghi, anche nelle università e nei libri prodotti dalle università. E le “strambe idee” si prelevano da ogni dove. Spazzatura c’è n’è per tutti i viali, vialetti e vicoli della “Polis Culturale”. Ma per i medesimi viali, vialetti e vicoli (anche sul Web) s’incontrano pure idee interessanti e ben pensate. Posso simpatizzare con l’esigenza di rigore e di pulizia etica dei suoi commenti, ma non spinta fino al puritanesimo sprezzante o alle bacchettate da Orbilius verso la “plebe internettara” paragonata a «pulcini che beccano i semi ed estraggono vermi dal suolo, per sopravvivere». La mitologia dell’Università Apollinea (o della Laurea Giusta per parlare di Yeats, Eliot o Krüger) è l’altra faccia della medaglia dello Spontaneismo più o meno dionisiaco. Entrambe le mitologie bloccano ricerca, dialogo e critica. Sui “Creative Commons” aprirei il discorso in una prossima occasione. Mi pare giusto individuare il traduttore dei testi di Krüger. Da una veloce indagine proprio sul Web ( e senza telefonare a Mondadori e compiuta non per “cautelarmi”) trovo la notizia che si tratta di una traduttrice e poetessa: Anna Maria Carpi. Quindi a Cesare quel che è di Cesare, ma non ce la meniamo troppo. E, come dicevo, un po’ più di generosità e meno acrimonia.
@ In soffitta
Cara Rosanna, queste punture ormai fisse ad ogni commento contro E.A., il “padrone di casa”, quello che predica bene e razzola male, quello che prende a «pesci in faccia sotto la veste della "critica"» mi stanno stufando. Non entri neppure in questa occasione nel merito del tema del post perché dici di non avere «gli strumenti culturali di stretta competenza sulla questione deontologica,critica letteraria etc etc», ma quelli per azzannarmi post dopo post, sì?
Se le «dinamiche di questa comunità» non ti vanno e ti sei «sentita manipolata su un piano relazionale più ampio», trovane un’altra che ti soddisfi di più e non ti manipoli. Non ho nessuna voglia di cancellare i tuoi commenti. Ormai ci sono quasi affezionato. Non capisco neppure le ragioni del cambiamento di tono per cui dalle stelle in cui mi avevi collocato quando ti sei affacciata su questo blog sono finito nelle stalle. Ma non importa. Però non abusare così tanto della mia pazienza. Ignorami, non mi citare, parla dei temi affrontati nei post. (E se ora vuoi rispondermi a tono, usa la posta elettronica o il telefono - indirizzi e numeri li hai - e non lo spazio commenti). Grazie.
Chi vuole sapere il nome del traduttore lo può cercare su internet. E' un'operazione semplice! Visto che Linguaglossa ci ha fornito il titolo del libro "Il Coro del mondo " Mondadori 2010. Internet serve anche a questo. Se volessimo essere proprio ligi dovremmo descrivere la fonte nel seguente modo anche se sa troppo di pubblicità.
Dettagli del libro
Titolo: Il coro del mondo. Poesie 2001-2010
Autore: Michael Krüger
Curato da: Carpi A. M.
Editore: Mondadori
Collana: Lo specchio
Data di Pubblicazione: Dicembre 2010
ISBN: 8804606789
ISBN-13: 9788804606789
Pagine: 201
Formato: brossura
Reparto: Studi letterari > Poesia > Poeti
Non si può dire in assoluto che il nome del traduttore sia stato occultato poichè in questo momento serviva di più la fonte cioè il titolo del libro. Strano sarebbe stato non citare l'opera che comunque contiene il nome del curatore e del traduttore che in questo caso sono la stessa persona.
E’ vero anche che troppo spesso appaiono descrizioni di libri che debordano quando si tratta di descrivere con solerzia libri di amici o di autori importanti che si scambiano favori.
C’è il sospetto che in qualunque caso Linguaglossa sarebbe stato oggetto di critica. C’è del marcio in questa storia! Enzo
... scusatemi se intervengo ma nella mia qualità di imputato è regola delle democrazie che l'imputato conosca il nome e il cognome del pubblico ministero che lo accusa (e lo ingiuria). In mancanza delle generalità della pubblica accusa, non intendo conferire con una persona che si trincera dietro lo schermo dell'anonimato; e poi non intendo rispondere agli insulti (non mi abbasso al livello del signor Anonimo). Ciascuno resti sul piano che più gli si addice: al pubblico ministero gli insulti a me (in qualità di imputato) la normale prosodia.
Strana richiesta Linguaglossa di identità dell'accusatore, tu che ritieni superfluo non citare per nome e cognome l'artista traduttore della poesia che hai postato e mantenerlo nell'anonimato. Dunque, mi dispiace ma la richiesta non sarà soddisfatta perché giustificata da comportamento e filosofia equivalente.
Ennio Abate a Anonimo/Stefano G:
Ha ragione Enzo: c'è del marcio in questa storia!
Prof. Stefano G. siamo su un blog non all'Università. O meglio potrei dire: venga fra noi, nell'università dei "moltinpoesia"!
Anche Dante passò dal Latino al volgare.
E si ricordi il Fra Cristoforo di Manzoni:
" - Fate luogo voi, - rispose Lodovico. - La diritta è mia.
- Co' vostri pari, è sempre mia.".
Trovato subito sul Web, eh!
Oh, cosa mi tocca fare! Citare persino Manzoni!
(Mi scuso per non poter aggiungere l'edizione...)
A casa mia quando apro la finestra di solito chiudo la porta per evitare aria corrente che fa male alla salute. Beati voi che siete così colti ed informati! Nessuno vi può fregare , forse contraddire. Quelli meno informati, tipo me, che passano ogni tanto per ascoltare, capire e che soffrono tra le arie fredde di questa corrente si ammalano e poi se ne devono andare per ragioni di salute. Per fortuna ogni tanto Poesia riscalda e chiude a volte una finestra a volte una porta, ne abbiamo bisogno ora più che mai. Invitiamola. Ciao Emy
Questa ricevuta da Linguaglossa è una stroncatura al suo pezzo "critico". Mi dispiace vedere che tanto scandalo sollevi che uno riceva una legittima stroncatura. Non è una parrocchia dove suore e fraticelli sorgono in difesa di un loro sfortunato confratello, spero. Le stroncature sono dure ma bisogna poterle accogliere così come i complimenti. Quanto alla ipotesi che io sia un accademico (e dunque mi pare di capire "intrinsecamente" odioso), no, non sono accademico, sono un insegnante di liceo.
Stefano Grasso
Ennio Abate a Stefano Grasso:
Beh, indipendentemente dall'essere un accademico (che non è cosa "intrinsecamente" odiosa: ci sono accademici rispettabili e seri e altri arroganti e palloni gonfiati) o insegnante di liceo,nessuno ha sostenuto qui che non si debba criticare. Anzi ho riconosciuto che alcuni rilievi fatti andavano considerati. Ma il tono usato all'inizio per "una legittima stroncatura" è parso e non solo a me troppo enfatico e acrimonioso. E poi c'era l'anonimato che è una maschera davvero antipatica, tranne casi di appurata difficoltà o rischi di ritorsione.
Accertata la sua identità ( per essere sicuro mandi una mail a moltinpoesia@gmail.com perché vorrei essere certo che 'Stefano Grasso' non sia un nickname a cui non corrisponde persona raggiungibile almeno per posta elettronica) penso che la discussione possa proseguire.
Troppi preconcetti, Ennio, mi creda contro questo e quello. Ho fatto presente la mia critica e la ribadisco. Io ritengo di essere stato anche fin troppo tenero essendo questa frase finale la pi++ stupida e superficiale, come da titolo: "Da questi pochi cenni apparirà chiaro come Krüger sia uno tra i pochi poeti europei contemporanei che scriva una poesia di grande responsabilità estetica, che ha il coraggio di addossarsi tutta la responsabilità derivanti dallo statuto del proprio atto linguistico. Di qui il mio augurio di leggerlo e meditarlo. A lungo." Quali altri poeti europei contemporanei conosce a fondo il Linguaglossa per potere pervenire a questo giudizio? Li elenchi e ne dica le qualità e le carenze rispetto al poeta qui discusso, comparativamente, almeno un paio. La frase non sussiste se non si citano altri poeti. Ma lasciamo cadere un velo pietoso.
Quanto ai palloni gonfiati, gentile Ennio, spero che convenga che ce ne sono tanti, in ogni classe sociale e lavoro e ambiente: nessuno escluso. Ed uno potrebbe essere per esempio proprio l'autore di questo saggio così inconsistente passato per chissà che e chissà cosa, come tono assunto a coprire il vuoto di conoscenze su cui si fonda.
Poi se uno si propone sul web, o nella sfera pubblica, in una qualsiasi forma di contenuto, deve sapere a cosa va incontro, o no?
Arrivederci al prossimo post sulla Letteratura Europea Contemporanea.
Cordiali saluti,
Stefano Grasso
@ Stefano grasso
effettivamente, nell'inizio della frase c'è un mio refuso dovuto alla fretta con cui redigo a volte gli articoli che vanno sul web. Nella frase: «Il linguaggio di poeti come Yeats ed Eliot non è più il linguaggio degli uomini comuni del tempo di Wordsworth ma è un linguaggio nuovo che ha acquisito una sofisticatissima colloquialità», al posto di "degli uomini comuni" andava scritto "del linguaggio poetico"... e allora tutta la frase acquista un senso ben preciso.
Per quanto il Sig. Stefano Grasso si sbracci e si agiti per redigere una "stroncatura" (come lui assevera) del mio scritto, io direi molto semplicemente che i lettori di questo blog (come tutti i lettori del mondo) sono ben in grado di leggere il mio scritto e di trarne le dovute conclusioni: cioè se esso sia "stupido e superficiale" come lei assevera e se lo scrivente sia un "pallone gonfiato".
Ho la sensazione, caro Stefano Grasso, che se c'è uno di noi due che si crede Dio in terra questo è proprio lei, che ritiene di dispensare con un linguaggio da trivio e brunettiano delle bacchettate che, peraltro, rischiano di ritorcersi sulla sua stimabile persona.
Per quanto riguarda «quali altri poeti europei contemporanei che conosce a fondo il Linguaglossa», non vorrà certo che mi metta a fare la lista dei poeti stranieri che ho letto (in traduzione e in lingua originale)! o che per ciascuna affermazione che riguarda Krüger io debba indicare i poeti che invece non sono alla sua stessa altezza... veda, scrivere articoli non è come fare i bilanci della contabilità: un tot di qua e un tot di là... lasci che glielo dica con franchezza: a giudicare dal suo linguaggio brunettiano lei deve essere un frustrato, un arrabbiato (e questo lo capisco e lo posso anche condividere) ma così le sue "stroncature" rischiano di diventare "autostroncature" per l'arroganza e il risentimento che le anima e che non la lascia ragionare con serenità.
Personalmente, ritengo che le stroncature siano sempre le benvenute in un mondo letterario così spocchioso e vacuo ma, caro Stefano grasso, mi consenta di replicare che, a mio parere, molte delle argomentazioni da lei addotte a derubricare il mio articolo sono spocchiose, speciose e/o gratuite, sono aprioristiche e mostrano una animosità che non le consentono di argomentare con la dovuta lucidità i suoi scritti se non passando direttamente agli insulti e alle offese.
Una domanda: dato che lei si occupa di "palloni gonfiati" non le passa mai per la testa che anche lei sia un tantino, come dire, "pallone gonfiato"? un savonarola delle patrie lettere? e che voglia auto pubblicizzarsi con "stroncature" arrabbiate, affrettate e discutibili?
E in ultimo, sono davvero contento di aver acquistato, a buon mercato, un lettore così attento come Lei ai miei articoli critici.
Distinti saluti
giorgio linguaglossa
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