The construction of Empire State Building
come
precipitasse, e non si sa dove finisca.
Occhi vispi
di uno scoiattolo impagliato.
Gambe
lunghe che non si sa dove finiscano:
Qui è pieno di gente
Come quando
vedi una formica sul piano della cucina
e
dici:
E' pieno di formiche.
Lo
scoiattolo impagliato che si riposa nell'universo
con la
patta aperta e con fuori l'Empire
che non si
sa dove finisca, pensa:
Dunque appartengo alla gente?
E che razza è la mia, da dove
arriviamo?
…
Immagini
che durano un attimo. Alcune restano in piedi
come
l'Empire tra parole che s'attaccano.
Un bambino
nella pancia dell'universo.
Un animale
della specie che vien detta gente.
Share
elevatissimo tra gli impagliati
con la
patta aperta e con fuori l'Empire
che non si
sa dove finisca.
…
Non è detto
che l'universo stia qua per sempre.
Lunghe
gambe potrebbero decidere di separarsi.
L'importante
è che ci sia abbastanza spazio
altrimenti
verranno sacrificati gli scoiattoli ombelicali
(pene
ombelicale, di madre universale).
Gambe
lunghe che non si sa dove finiscano
son
arrivate coi telefilm all'epoca in cui gli attori
fumavano
sigarette.
Droghe
spaziali producono l'effetto espansivo
che vien
detto vita.
Lo share
invece è tra le droghe preferite dai gambe-lunghe.
Immagina l'80 per cento.
Non è spaventoso l'80 per cento?
Gli scoiattoli
sanno che non esiste alcun 80 per cento
ma se
esistesse che aspetto avrebbe?
(Un
rettangolo di gomma rossa lucidissima)
Quante barche stanno
galleggiando
sui mari di tutta la Terra
in questo preciso momento?
...
Parole
trovate in soffitta s'attaccano alle immagini.
Sconosciuti
maestri sanno già cosa farsene.
Le
raggruppano, le fanno danzare, ne prendono alcune
e scrivono
dell'Empire nella patta aperta dello scoiattolo.
…
I lettori
sono pazzi
secoli di vita
li han ridotti in poltiglia di percentuali.
Siamo alla
fase calante
quella del
collettivo numerico.
Presto
tutto s'acquieterà
sulla linea
chiara dell'orizzonte
che divide
gli universi in collisione:
quello
pieno di denaro
e l'altro
gonfio di cibo.
Questo è.
...
La verità è
che tutto sa di cannella.
Non solo i
preti di tutte le religioni, ma anche i libri
e le case
dove viviamo. Perfino l'Himalaya
chiudendo
gli occhi… ecco, per un istante
non ti puoi
sbagliare
sa di
cannella la Terra
perché
l'universo è l'abito di un monaco
che scrive
senza gravità tenendo sulle dita
ben dieci
campi di calcio come fossero nidi
di
uccellini affamati.
Ogni tanto
li sfoglia.
Sulle
spalle ha uno scoiattolo che gli passa le parole
via via che
servono, come per tenere accesa la caldaia
di una
vecchia locomotiva.
Nel mezzo del cammin di nostra droga
vita…
Altro non
c'è.
Un colpo di
tosse.
Lontano si
direbbe il suono di un'armonica.
…
Tutto ha lo
stesso sapore.
Le arance
sanno di cannella.
Coca Cola e
PC sanno cannella.
Le stelle,
serpenti a sonagli con la bocca spalancata
sanno di
cannella.
Sarà
l'inchiostro, il sangue.
O saranno i
motori a scoppio, le mamme
i critici
d'arte, le cartoline dall'Europa
nell'epoca
dei Simpson…
Le
caramelle lassative.
I poeti,
scoiattoli preoccupati
sebbene con
l'Empire nella patta aperta
si dedicano
a far bolle di sapone
che durano
meraviglie.
Il monaco
ride.
Ride sempre.
11 commenti:
Anch'io rido , caro Mayoor e per far ridere in questo modo ci vuole parecchia bravura! Lo scoiattole impertinente, tutta quella cannella,bambini , animali, sguardi su tristezze che diventano magìe...ma cosa ti è successo?!? Quanto è bello tutto questo. E' la nostra storia densa di interesse e di ardore...! Ciao Emy
Ironia ed instabile verità. Nel riso, cogli tutto quanto è transitorio, l'universo stesso, come sottolinei in alcuni tuoi versi. Un gioco-serio, quello che hai imbastito, dove il passatempo sottolinea la distanza giusta dalle questioni fondamentali. Lo spazio necessario per evitare la folgorazione.
Buona giornata
Surrealismo al sapor lisergico. Ma dove cavolo hai sentito che le bocche spalancate dei serpenti a sonagli sanno di cannella??? e gli scoiattoli cosa suggeriscono appollaiati sulle spalle??? Superato l'impatto, e accettata l'idea che esista un mondo oltre lo specchio, tutto fila liscio come l'olio.
Sei tu, Mayoor!
Ciao!
Flavio
in queste composizioni di Lucio Mayoor Tosi non ci si annoia davvero, riescono a tenere sveglio il lettore con dribbling e una continua capacità di smarcatura... siamo all'interno di un surrazionalismo senza insurrezione né resurrezione, dentro una fisicità al "sapor lisergico", come è stato detto, tra varechina e amuchina, c'è un po' di deodorante quanto basta a dare una spruzzata di vernice al tutto. È una poetica interessante questa dove c'è un po' di tutto nel tutto, che equivale a dire che c'è un po' di niente nel niente. È una variante intelligente dell'epoca della stagnazione e della recessione stilistica.
...Gulliver nel Paese dei giganti e dei nani. Che vertigine!!
Annamaria
Il tema è la vacuità. A Budda sarebbe piaciuta, lo so. Non fosse così imperturbabile... ma la visionarietà è di stampo induista, non buddista. La parola chiave è il monaco ( il monaco ride / ride sempre), e sopra si fa cenno anche ad un maestro.
Spiegando non si capisce, è un paradosso ma è così. Spiegando si esce dall'esperienza "surrazionalista" e questa poesia torna ad essere un'immagine sacra, piena di serpenti e di Lingam ( l'Empire nella patta aperta). Ma spiegando, per una volta almeno, e per via degli elementi occidentali che vi sono descritti, chiunque può comprendere e sentire come proprie queste… astrattezze.
Ringrazio di cuore per i commenti, mi par di capire che vi è piaciuta e non ci avrei scommesso. Io stesso tenno a giudicare l'irrazionale come una sciocchezza, almeno in partenza ( grazie Annamaria per aver pensato a Gulliver). E mi rimetto il soprabito.
mayoor
da Rita Simonitto
Apprezzo molto le poesie di Mayoor e questo apprezzamento tocca più livelli. Innanzitutto quello mio personale. Rimango sempre affascinata e incuriosita di quello che Mayoor riesce a fare con le parole riuscendo a trarre, in particolare da alcune di esse (scoiattolo, cannella, Empire), evocazioni che, come radar, scandagliano vari strati di esperienza: da quella infantile (lo stupore davanti al primo scoiattolo; il sapore dei biscotti alla cannella; l’emozione davanti al primo grattacielo, a quella adulta che sembra invece dare tutto per scontato e dove Impera il delirio dell'homo sapiens che non ammette altro al di fuori di sè e di ciò che lui ha costituito.
Per uscire dall’ovvio,dallo scontato e dal costituito, ecco dunque un altro livello che appartiene alle potenzialità del gioco linguistico: un particolare uso delle spezzature come un enjambement portato all'eccesso; una girandola (psichedelica) fra nomi e attribuzioni; nomi-oggetti che si muovono dentro la cornice della poesia prendendo ora un posto, ora un altro e che, cambiando posizione, vanno a costituire altri legami, per lo più stranianti così come lo è (straniante)il mondo osservato dall’occhio straniato del poeta. E’ la difficilissima strada del surreale che permette di attingere al reale, un mondo che automaticamente si riproduce e non sa di essere così straniato e straniante.
Ci sarebbe da piangere, e a ben ragione.
Invece, scrive Mayoor, “Il monaco ride./ Ride sempre./”
Bellissima questa chiusa! Soprattutto se teniamo conto che gli dei punivano coloro che osavano ridere perché ciò era considerato un segno di ribellione, di mancato riconoscimento del loro potere.
Grazie a Mayoor per questa sua capacità di ironia.
Sono io che ti ringrazio. Sì, erano biscotti alla cannella. E anche il primo scoiattolo... queste cose non le sa neanche mia sorella. Ma come fai?
mayoor
Rita può. Emy
Anch'io ho subito pensato a Gulliver e ho visualizzato anche alcune opere di Dalì e Magritte. Da sorella, essendo usciti dallo stesso "ceppo", invidio questa tua capacità di giocare con le parole in un non-sens pure comprensibilissimo, accompagnato da umorismo ironico e comunque sempre un po' melanconico. Per quel che vale, per me sei bravissimo.
Rifletto solo ora sulla necessità di tenere alta l'attenzione del lettore, che in effetti è una preoccupazione che spesso mi accompagna. Frammenti e ripetizione di frammenti, che per me rientrano nel piacere compositivo, in una sorta di copincolla dovrebbero generare l'effetto delle sottolineature. Evidentemente mi specchio nel lettore distratto, reso emotivamente superficiale dal consumismo, assuefatto a messaggi che si avvalorano grazie al fatto che vengono ripetuti e moltiplicati. L'intenzione è quella di inserire dosi omeopatiche di creatività nel linguaggio mediatico, a partire dai social network che nascono sì con promesse di nuove libertà comunicative, ma che stanno diventando terreno esplorativo per indagini tese a classificare usi e consumi a fini di mercato. Classificazioni che diventano forme di controllo o di condizionamento. Pertanto, a mio avviso, andrebbe rimarcata la necessità di espressioni individuali libere e non facilmente classificabili. Usando la massima creatività. Il contributo della poesia, per la sua imprevedibilità, ha valenze di rottura negli schematismi del linguaggio.
mayoor
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