Quale sia il senso del mito e del sacro che ogni epoca ha, è
compito della storia del pensiero descrivere. Ma persino quando questo senso
appaia assente, o svilito, come oggi da noi e quanto più in Italia, tuttavia
esiste. In forme inaspettate. Eppure emerge, a volte, in tutta la sua
(pre)potenza arcaica, quella che mi piace definire la sua Urgestalt.
Ho trovato questa Urgestalt
nel Paradiso di Giorgio
Linguaglossa (Roma, 2000, Edizioni Libreria Croce). E nel leggere, la prima
immagine che mi è apparsa alla mente è stata quella de La caduta degli
angeli ribelli di Pieter Breughel il Vecchio. L’immagine si è affacciata
alla mente per due motivi. Il primo è la forza visionaria del dipinto, analoga
a quella che ho trovato nel Paradiso, il secondo è la sua costruzione su tre
piani, che ho ritrovato nella tripartizione del testo; la Città di Lite, la
Città di Dite e la Città dei sentieri che si biforcano.
La poesia di Linguaglossa ha una natura (o dimensione)
architettonica e allo stesso tempo pittorica. Dunque si muove in uno spazio
intermedio tra struttura e visione, fra tridimensionalità e superficie. Questa
profondità è lo iato che dà respiro e spazio all’invisibile. Uno spazio
ambiguo, nel senso di duplice. Quell’Urgestalt di cui si diceva. Ma è
proprio la presenza di questa dimensione architettonica nel testo che
testimonia la consapevolezza di Linguaglossa della diversità della lingua
poetica rispetto al linguaggio d’uso comune. Il suo poema arde.
(Il saggio si legge per intero sul blog di Francesca Diano qui)
2 commenti:
molto bello questo blog, ed avendo io un blog di poesia apprezzo molto tutto quel che c'è dietro il nome... moltinpoesia... girovagando per il web ho scoperto che siamo davvero tanti... e poco considerati.
un abbraccio
Grazie Ennio. La mia è una lettura non tanto come critica letteraria ma come critica d'arte.
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