Vanitas vanitatum - Salvador Dalì
Sul blog di Francesca Diano IL RAMO DI CORALLO uscì il 9 sett. 2012 un suo resoconto (qui) del Convegno internazionale Dinanzi al morire svoltosi presso il Centro Culturale San Gaetano a Padova dal 6 all'8 settembre. Lo lessi il 27 settembre, il giorno successivo alla morte dell'amico Carlo Oliva (qui) e scrissi alcune considerazioni che Francesca ha avuto la gentilezza di ospitare nel suo blog (qui). Segnalo la cosa su Moltinpoesia, invitando chi volesse commentare a farlo direttamente sotto il post pubblicato da Francesca. [E.A.]
1.
Ieri sono stato ai funerali di Carlo Oliva. C’era molta gente. Nel salone in sottofondo una canzone anarchica. «Nostra patria è il mondo inter..». Sicuramente molti di questi suoi amici e amiche, oggi coi segni della vecchiaia nei corpi, saranno stati nelle manifestazioni a cui anch’io partecipai nel ’68-’69 per le strade di Milano. Invano cerco di riconoscere qualche volto. Non siamo più quelli di allora. Tra quanti hanno preso la parola per salutare l’amico morto, le cose più commosse e amare le ha dette Felice Accame, il libraio della Odradek di Milano, che con Carlo Oliva ha avuto un sodalizio intellettuale durato oltre un quarantennio. Ha accennato alla forza dell’amicizia e alla fiducia che si era costruita tra loro due nel tempo: quello che scriveva uno era condiviso pienamente dall’altro. Ma ha anche detto che tutto quel lavoro compiuto assieme in tanti anni è rimasto inascoltato: la società è andata nella direzione opposta a quella desiderata; i nemici si sono dimostrati più forti. È un atto di coraggio, per me ammirevole, dirselo e dirlo in pubblico davanti alla salma di un amico. Poi ciascuno farà o confermerà la propria scelta: inchinarsi ai forti diventati più forti o continuare a resistere comunque.
Ieri sono stato ai funerali di Carlo Oliva. C’era molta gente. Nel salone in sottofondo una canzone anarchica. «Nostra patria è il mondo inter..». Sicuramente molti di questi suoi amici e amiche, oggi coi segni della vecchiaia nei corpi, saranno stati nelle manifestazioni a cui anch’io partecipai nel ’68-’69 per le strade di Milano. Invano cerco di riconoscere qualche volto. Non siamo più quelli di allora. Tra quanti hanno preso la parola per salutare l’amico morto, le cose più commosse e amare le ha dette Felice Accame, il libraio della Odradek di Milano, che con Carlo Oliva ha avuto un sodalizio intellettuale durato oltre un quarantennio. Ha accennato alla forza dell’amicizia e alla fiducia che si era costruita tra loro due nel tempo: quello che scriveva uno era condiviso pienamente dall’altro. Ma ha anche detto che tutto quel lavoro compiuto assieme in tanti anni è rimasto inascoltato: la società è andata nella direzione opposta a quella desiderata; i nemici si sono dimostrati più forti. È un atto di coraggio, per me ammirevole, dirselo e dirlo in pubblico davanti alla salma di un amico. Poi ciascuno farà o confermerà la propria scelta: inchinarsi ai forti diventati più forti o continuare a resistere comunque.
2.
Oggi, con ancora nella mente le immagini della salma di
Carlo Oliva e del suo funerale, leggo sul blog IL RAMO DI CORALLO «Dinanzi al
morire – Un convegno e tre mondi a confronto». È un resoconto dei
principali interventi lì tenuti, ma anche una profonda riflessione sul tema
della morte che relegata da noi «nel sottoscala, come un parente di cui ci si
vergogna». Francesca Diano sostiene, infatti, che «l’occidente non accetta la
morte» e non la vuole «guardare in faccia», pur essendo «una delle società più
violente, sanguinarie e prive di compassione». Aggiunge che da noi «il lutto
diviene spesso una patologia da guarire», per il venir meno di «quelle forme e
quei riti codificati che nel corso della storia e delle culture hanno
accompagnato il trapasso». E conclude con una sorta di denuncia: oggi si
preferisce coprire il vuoto prodotto dalla perdita di senso di quei riti con
«l’ossessiva celebrazione dell’eterna giovinezza, dell’eterna efficienza,
dell’eterna sopravvivenza a qualunque costo».
[Il testo completo si legge qui]