1.
Il percorso poetico di E.B si snoda tra la lingua e il
dialetto ( lombardo ). Di fronte a manifestazioni di tale tipo si è tentati ,
oggi, ad attribuire l’adozione del secondo modulo ad una volontà di
“esperimento “. Si pensa che tale adozione sia il tentativo di trovare una
sorta di “ via di fuga “ o di “ uscita di sicurezza “ da una lingua che sta
consumando e banalizzando sempre di più il proprio patrimonio di senso. Ma vi è
anche un’altra direzione o tentazione di indagine , a cavallo di discipline
incerte, come l’antropologia e la psicanalisi . Tale indagine pretende di
ricondurre i due differenti momenti di espressione ad istanze o istinti più
profondi e originari: dialetto come linguaggio naturale o materno; lingua come
idioma culturale o paterno. C’ è qualcosa di arbitrario e insieme di fondante
in questo tipo di indagine dato che nell’esperienza poetica non c’è mai
qualcosa che sia solo istintivo e naturale ovvero solo culturale. Ma la
distinzione può servire a misurare l’esistenza e il peso delle influenze e la
loro concreta incidenza sui risultati del lavoro poetico.
2.
Nel caso di E.B – la cui personalità poetica ho incontrato
quasi per caso – sarei portato ad escludere con una certa sicurezza che lei
pretenda di fare esperimenti linguistici. Almeno tre i motivi di questa
affermazione. Vivo da troppo tempo a Milano per non essere in un certo senso
sensibile ai nomi e cognomi di questa terra alla quale sono approdato dal sud.
Nel caso di E.B, il suo nome e cognome mi rimandano alla “ mia infanzia di
immigrato “. In molti cortili della Milano degli anni trenta operavano fabbriche piccole ma famose o
laboratori artigiani sciamanti all’ora di mezzogiorno al suono della sirena in
operai e impiegati. Vi risuonava, a volte, il nome Emilia; il cognome Banfi. O
forse è un sogno, ma radicato e nascente in e da una realtà che ho vissuto
anche nei nomi.
Emilia, secondo appunto, abita in terra padana. Si può e si
deve pensare a tale radicamento nel territorio come ad una ulteriore risorsa ,
almeno rispetto a me che – come forestiero in patria – era vincolato alla “
illustre limitatezza “ di un italiano corretto ma scolastico. Infine, E.B
scrive molto,quasi con precipitazione ( “ quasi quotidianamente “, confessa ) e
ciò mi sembra davvero lontano da ogni possibile “ tempo di sperimentazione “.
MI sembra dunque che E.B voglia né più né meno , e con
estrema naturalezza, realizzare la propria esperienza poetica “ servendosi “
della condizione globale e reale di due “ stati civili” e di
“ due lingue “
3.
Questa sua condizione in un certo senso privilegiata – come
sono tutte le condizioni di
“ ricchezza “ – si riflette nel suo modo di fare poesia ? Si
può affrontare tale domanda secondo
diverse prospettive, anche se le
risposte che vengono in mente sono largamente discutibili. Ma queste note non
vogliono offrire neppure scampoli di verità,
piuttosto stimoli di riflessione.
Mi hanno sempre sorpreso – nei contatti con la poesia di E.B
e dunque con la sua “ persona “ – l’abbondanza
di elaborazioni poetiche e la facilità con la quale esse sono state
raggiunte , correlate ad una continua e quasi quotidiana applicazione.
A parte ogni rilievo valutativo , a me pare che tali
caratteristiche ( che le ho a volte rimproverato )
nascano proprio dalla condizione che è sua propria di
partecipare ad almeno due mondi. Certo
tale conclusione deve tener conto del carattere “ istintuale “ dell’autrice ,
confermata dalla
“ precocità “ ( da lei confessata ) della sua avventura
poetica. E.B si misura “ quotidianamente “
( altra confessione ) con lo scrivere. Se da un lato lei ci
appare come un sismografo che registra
ogni piccola scossa di diversa natura e qualità, dall’altro l’oscillazione del
sismografo appare, più che una risposta: una sorta di preventivo stato di
allarme o addirittura una oscillazione permanente e attiva . Non so se anche
questo sia stato oggetto di “ confessione “ ma, certo, per E. B. fare poesia è come respirare. In questa
affermazione radicale è contenuta in una sorta di “indifferenza “ per il
destino della parola scritta e quindi verso la cristallizzazione del suo lavoro
in un tutto organicamente compiuto. In tale posizione sono contenute due
conseguenze almeno apparentemente contraddittorie . Da un lato una giusta dose
di “ disinteresse “ per ciò che può venire , dopo ed eventualmente, e
dall’altro il rischio che la poesia ridotta a puro istinto vitale perda in
tutto o in parte un suo significato specifico.
4.
Da quel che traggo dal materiale mandatomi, non c’è quasi
intervallo temporale ( ma non si tratta solo di questo: il tempo è solo il
substrato necessario di altro lavoro ) tra stimolo e reazione poetica. In
questo atteggiamento io vedo un certo pericolo se – come è mia opinione ( e qui
entro nel campo decisamente soggettivo della mia esperienza e della opinione
che su tale esperienza mi sono fatta ) –
non basta il mero stimolo da emozioni a condurre ad un autentico risultato né
basta il mero ricordo che- come dice Rilke ( I quaderni di M.L Brigge , pag. 21
) non è ancora esperienza. L’immediatezza della risposta allo stimolo, la sua
facilità rendono più difficili le associazioni, l’accumulo di senso , il peso
della parola ( ma su questo punto la discussione è apertissima ).
5.
Parlando della qualità degli stimoli ho creduto di rilevare
( non vorrei che ciò fosse il frutto di una sorta di fantasia razionalizzatrice
) una distinzione a seconda che essi siano per così dire primordiali ovvero
storico / culturali.
Vi sono poesia di E.B che scaturiscono dichiaratamente da “
incontri” storico/culturali. Penso alla poesia Omaggio a Zanzotto legata alla
scomparsa del poeta e all’intervento di Moltinpoesia. Oppure a quella scaturita
da un dibattito su Fortini (La fine ).Ovvero, ancora, ad alcune nate dopo
scambi epistolari tra lei e me.
Altre, invece , sono , almeno all’apparenza, indipendenti da
eventi storicamente verificabili e culturalmente significativi. In questa
categoria vi è una certa prevalenza , ma
forse non significativa, su temi legati alla mera fisicità della natura (
Vent,La sua bela,Matino, Rob de ca )
Non mi azzarderei , nonostante sia tentato a farlo quasi per
esigenza sistematico/razionalizzatrice,
ad istituire una rigida correlazione tra dialetto/ poesie
sulla natura e lingua/ poesie d’altro contenuto. Infatti Papaveri,Fiore, Volo
sono scritte in lingua.
Il rilievo può però essere utilizzato in un altro senso e
cioè nell’osservazione che la lingua è certamente prevalente nelle poesie che
definisco per comodità come “ civili “.
E’ interessante, poi, rilevare che uno stesso tema ( alludo
alle poesie sul pendolo ) è stato trattato
sia in lingua che in dialetto. In questo caso credo di
vedere delle differenze significative sul piano testuale. Nella poesia in
lingua mi pare accentuata una catena associativa ( tempo, fioritura, dolore )
che ha cadenze di ascendenza quasi
ermetica. Essa cede , nell’omologa in dialetto, alla fisicità del vivere in
comune ( dormire, svegliarsi etc ). Almeno in questa poesia E.B diversifica
l’uso degli idiomi utilizzati a seconda che esperisca la fonte emozionale (
l’oggetto pendolo ) in una direzione culturale ovvero fisica.
6.
In una “ produzione “ quasi giornaliera e articolata su diversi riferimenti
antropologici/culturali è inevitabile e quasi naturale la discontinuità della “
resa estetica “. Intendo con tale termine esprimere non una valutazione critica
del lavoro di E.B rispetto ad una canone predefinito che si esprima nel
giudizio brutto/bello. Intendo – e spero di riuscire a spiegare il mio pensiero
in termini sufficientemente univoci – riferirmi ad una compiutezza e
uniformità di stile
conformata ad una
disciplina autentica che l’autore riesce a darsi e a trasferire nel testo
oggettivamente inteso. Sotto questo
aspetto il lavoro di E.B mi sembra ancora non perfettamente compiuto anche se
la sua esperienza si realizza in esiti spesso felici ( come si vedrà ).
Nel già ricordato Il pendolo, stilisticamente perfetto in
alcune cadenze che salvano e rinnovano cadenze della tradizione ( penso ai versi:….che la voce – ha di
antico ) ,si svolge , in rapidissima
sequenza, il passaggio dal tempo al corpo ( che nel tempo fiorisce, sfiorisce ,
gioisce e pena ): passaggio tutto immagine e non declamazione. Sotto questo
aspetto la versione in lingua è più convincente della versione in dialetto . La
stessa concentrazione /traslocazione di
senso si ha nel brevissimo Vent e in quella altrettanto breve ma fortemente
allusiva Matin. Si coglie in esse una forte concentrazione, una risoluzione
compatta del senso nelle parole.
Non sempre ciò riesce nelle poesie più lunghe nelle quali
l’urgenza di dire quello che “ il cuore comanda di dire “ si accontenta di
mettere insieme una serie di parole che diluiscono la forza dell’emozione
originaria ( penso a Sogni ). Tale carenza si riscontra più spesso nelle poesie
di ispirazione “ civile “ ( Il poeta operaio, Contadini; ne La fine vi sono
accostamenti impropri cioè non giustificati dal contesto ). Non traggo da ciò
conclusioni definitive circa la maggior presa estetica delle poesie brevi su
quelle lunghe o di quelle “ naturalistiche “ su quelle “ civili “ . Mi limito a
rilevare una mia impressione. Tanto più che una poesia “ lunga “ come La
cadrega ha un nucleo forte e notevole rappresentato dalla metamorfosi – molto
convincente e ricca di implicazioni – della cadrega in locomotiva. Eguale forza ha l’incipit a Rob
de ca nella quale il realismo della scena dell’infilare l’ago si trasferisce e
si trasforma con naturalezza magica nell’ago/dolore.
Nelle poesie lunghe si incorre più facilmente nel pericolo
di una serie prosastica di parole che si accontenta della linea spezzata quale
garanzia di poeticità laddove alla linea spezzata si deve arrivare “ per
necessità di ritmo o di senso “. Il ragionamento va condotto senza pregiudizi
verso il breve o il lungo ma ricercando, di volta in volta, la necessità di
allungare o abbreviare il tempo/spazio del testo. Voglio dire a me e ad E.B che
non bisogna farsi travolgere dall’urgenza di affermare o negare qualche cosa,
urgenza che porta – inevitabilmente – a privilegiare forme discorsive e lineari
anziché quelle allusive e concentrate proprie della frase poetica.
Penso che a tale tipo di esiti E.B possa arrivare sia in
lingua come in dialetto come prova –a
mio giudizio – Fiori ( i primi 4 versi;
il resto lo indebolisce ) e Te piaserò.
In quest’ultima è notevole il moto retrogrado del tempo – una sorta di
flash-back – che colloca qui e altrove un fatto reale. Il tempo, in tale
composizione, si ribella a sé stesso in un duplice movimento : anticipa il
passato in quella che G.Marcel ( con intenti diversi ) chiamava “ la memoria
del futuro “. Insomma la più bella e convincente realizzazione di E.B.
E.B non deve porsi come lo studente che sottopone il proprio
compito al professore e chi scrive deve
semplicemente rendere conto di un’analisi condotta su testi poetici che ha
giudicato interessanti e degni di essere ascoltati con attenzione nel loro
farsi e nel loro esito.
APPENDICE
POESIE " Dal tempo al tempo"
OMAGGIO A
ZANZOTTO.
Fiera di
paese
motori
accostati fuori
utilità
di platani inutili
messi lì
ad oscurare il cielo.
La
musica, la musica spacca
i muri
del pensiero assorti
vanno
occhi e piedi insieme
fendono
aria e terra afose
senza
mete s'infila monotonia
da
quattro lati spuntano obesi
carrelli
di leccornie e filano
zuccheri
dal sole accesi
sulla
terrazza s'affaccia sola
la
campagna in fondo, nera.
LA FINE.
Vorremmo
arrivare supportati
da
un'inutile fine?
Con
ipocriti pianti sopra
i nostri
volti e ghigni
dentro il
culo?
Amate la
vostra gente
piegati
miseri come candele
consunti
e fiochi di luce
attendete
il sicario l'uomo
che saprà
raccontare
al
contadino della sua
condanna
e sarà cittadino
ormai in
divisa aprirà la porta
anche al
più stupido di noi
me
compresa che scendo
alla
campagna ascensore
senza
vita.
VENT.
M'avevan
di,
fides no
del vent
chel vusa
al porta
malàn
e amour
sbaglià
Alura u
specià la pas
u sistemà
i mè penser
Ma cume
l'era bel
ul vent
chel vusa...
VENTO- M'avevano detto,/non fidarti del vento/che
urla/porta malanni/ e amori sbagliati/Allora ho atteso la pace/ho riordinato i
pensieri/Ma com'era bello/ -il vento che urla-...
LA SUA
BELA.
la sfiurò
ul paisan
la buca
dèla sua bèla
cumè
l'aveva vist fa
ul vent
cunt i spig
un po
calus i man
sui tètt
in del sulc
la tèra i
udur
el so nom
inscì bèl
poc al
pretendeva
dumà ul
lasas andà
e
grundaven d'amour
nascost
de prim volt
al pareva
pùsè luntan
ul fragur
del turent
dumà ul lur
respir
al
disfava l'aria
e nient
mai pù
l'era
ammò me prima.
LA SUA
BELLA- Sfiorò il contadino/la bocca
della sua bella/come aveva visto fare/il vento con le spighe/un po' ruvide le
sue mani/sui seni nel solco/la terra gli odori/il suo nome così bello/poco
pretendeva/solo il lasciarsi andare/grondavano d'amore/nascosto di prime
volte/sembrò più lontano/ il fragore del torrente/solo il loro
respiroscomponeva l'aria/e niente mai più/fu come prima.
MATINA.
L'unda
del mar
la ma
porta via
in dèla
prima caresa
e
l'ùltima stèla
la nega
in dèl to nom.
MATTINO.
- L'onda del mare/mi porta via/nella prima carezza/e l'ultima stella/annega nel
tuo nome.
ROP DE
CA.
Basta un
fil de lùs
per
infilà la gùgia
quèla che
poeu
la ta
sbùsa el coeur
Basta na
parola
per
sentit pusè visin
a basam i
oeucc
e finì la
sera
Basta el
runfà
d'un gat
sùla man
per
purtat via
un poeu
de an
Basta ùna
cùsina
cunt i
piat da lavà
un
davansal du piant
per fat
sentì a cà
Basta
chèl bèl udur
dèl saun
dèla mia dòcia
per finì
la mia fadiga
cul vapur
chèl me cunsula
Basta un
fil de lùs
per sta
lì a guardà
e vidè ul
mund
che ammò
per una not
lè bun
d'indurmentàs.
COSE DI
CASA- Basta un filo di luce/per infilare l'ago/quello che poi/ti buca il
cuore/Basta una parola/ per sentirti più vicino/ a baciarmi
gli occhi/e finire la sera/Basta il russare/di un gatto sulla mano /per
tirarti via /un po' di anni/Basta una cucina/coi piatti da lavare/ un davanzale
due piante/per sentirti i a casa/Basta quel bell'odore/del sapone della della
mia doccia/per finire la mia fatica/col vapore che mi consola/Basta un filo di
luce/per star lì a guardare/e vedere il mondo/che ancora per una notte/si sa
addormentare.
PAPAVERI.
Sgargiante
rossezza
di
quattro papaveri
tra i
binari, al limite.
Tra le
scure pietre
e odor di
ferraglia,
al
passare del treno
tremavano.
FIORI.
Il
carattere dei fiori
è
inattaccabile,
ovunque
siano
uno muore
l'altro spunta.
Avvicendamento
di
cromatici profumi
e noi a
rinchiuderli
in
stupide boccette.
Non sa
chi della monotonia
si fa uno
scudo,
che giè
aldilà del suo grigiore
spunta
una pervinca blu.
VOLO,
Sorpresa
nel vento
ad
inseguire ali
di mille
colori
tu non mi
volesti
vedere
volare
la tua
fionda
mi colpì
proprio
sull'ala
spiegata
verdeazzurra
con una
sola
non si
può volare
si può
saltellare
si può
sognare
e così
vidi il cielo
riempirsi
di sole
e poi di
stelle
nubi
solitarie
gocce di
luce
al canto
di chi può
ma non
fui così infelice
al mondo
tanti hanno
una sola
ala ed insieme
si può
volare.
IL
PENDOLO.
Ah! Quel
pendolo
che la
voce
ha di
antico
M'incarna
rosa
con spine
in corpo
pericolosa
ma pur
sempre
rosa.
SOGNI.
i sogni
accompagnano
nei
deserti percorsi
da
trappole giganti dove
il sole
brucia, senz'acqua
ma non
muori
nessuno
vede la tua storia
ti fermi
a chiedere di cambiare strada
nessuno
si ferma ad ascoltare
nessuno
conosce la tua strada
I sogni
accompagnano
nelle
case, negli uffici
nel
traffico, nelle fogne
della
città gaudente
di mille
facce mai conosciute
ma non
muori
ti fermi
a chiedere di cambiare la scena
nessuno
si ferma a guardare gli occhi verdi
nessuno
conosce il tuo teatro.
I sogni
accompagnano
i bambini
a scuola ai giardini
sulla
giostrina da due euro e via
l'uomo
che per due caramelle
ti prende
per mano
ma non
muori
ti fermi
a chiedere di diventare padre
nessuno
si ferma a capire il tuo gioco
nessuno
conosce il tuo progetto.
I sogni
vivono una vita
nella
nostra vita ci baciano
o ci
scuotono fino alle lacrime
a volte
si ride per un po'
e si
aspetta ancora
per non
morire
si apetta
ancora un altro sogno
un'altra
storia del tuo libro
un'altra
pagina da staccare.
IL POETA
OPERAIO.
La
maggioranza ha detto sì!
La
maggioranza ha detto no!
Ho perso
il posto di lavoro
hanno
chiuso il nido comunale
aumenta
il tiket sui medicinali
mia madre
prende la pensione
viene a
vivere con noi
dorme in
cucina per ora non sta male
Scarico
cassette al mercato della frutta
mia
moglie non vuole più scopare
è sempre
stanca e prende il Lexotan
i bambini
al sabato li porto al DISCOUNT
giocano
col carrello della spesa
le
tortine costano meno e anche la carne
i
biscotti fanno schifo e anche il formaggio
Domenica
ho invitato il Piero e la fidanzata
faccio la
pasta al pomodoro col tonno
e poi ci
fumeremo una sigaretta o due
Lei è
incinta l'hanno licenziata.
Mia
moglie vuole andare in pizzeria
porto
anche mia madre così paga lei
Mi piace
vedere i tram passare
con la
gente che va a lavorare.
Ogni anno
cadono le foglie
Ogni anno
spuntano le viole.
CONTADINI
Era così
anche
quella di tuo padre
l'ombra
che stasera
l'impietoso
sole allunga.
Dall'avaro
cielo
solo un
po' di pioggia
ti manda
l'odore del sambuco
e il
tramonto arrossa il fico
Torni
ancora alla stalla
e tasti
della vacca gravida
l'affannoso
ventre
fra
qualche giorno ci sarà festa
Verso
casa non vedi l'ora
di
portarlo al petto
quel
figlio
che non
vede la tua stanchezza
il suo
abbraccio ti rinfresca il collo,
gli
chiedi se ha studiato,
ma no
t'accorgi che mentre lo baci
gli lasci
sui capelli
l'odore
della vecchia terra bruna.
LA
CADREGA.
In del
liber dèla memoria
u truà na
storia de fioeu
piscinit,
che cureven
dre a na
cadrega
La tirava
el pusè grand,
l'era na
cadrega scenca,
fada de
lègn e de paia
l'era
pièna de bùs,
una
cadrega vègia,
una
cadrega straca.
In del
curtil la pulver
la se
sulevava, l'era
'l fùm
dèla lucumutiva,
luntan i
a purtava
in d'un
paes pien de surpres.
L'arivava
poeu la sera
la
cadrega la turnava indua l'era
fèrma là
in fund a la ringhera
cun sù la
gata indurmentada,
semper in
cumpra, strepenada,
ul so
cùsin tùt smangià
ruinà,bùtal
via l'era un pecà.
La
cadrega l'era lì, storta,
prunta
per duman, la speciava
dumà chi
picul man,
l'era
cumpagn d'un sògn,
l'era
verda e pièna de carbun,
la
fùmava,la cantava, la fisciava,
l'era
drisa,bèla, viva,
l'era na
gran lucumutiva.
LA SEDIA
- Nel libro della memoria/ho trovato una storia/di piccoli bambini/che
correvano dietro ad una sedia/La tirava il più grande/,era una sedia
zoppicante,/fatta di legno e paglia,/era piena di buchi,/una sedia vecchia,/
una sedia stanca./Nel cortile la polvere si sollevava/era il fumo della
locomotiva/girava,girava,/lontano li portava/in un paese pieno di sorprese./
Arrivava poi la sera/la sedia tornava dov'era/ferma là in fondo alla
ringhiera/con sopra la gatta addormentata,/sempre in cinta,spelacchiata/il
cuscino tutto liso,/rovinato,buttarlo via era un peccato./ La sedia era lì
,storta,/pronta per domani,aspettava/solo quelle piccole mani,/era come un
sogno,/era verde e piena di carbone,/fumava,cantava, fischiava,/era
dritta,bella,viva,/era una gran locomotiva
TE
PIASARO'.
Quand
serarò i oeucc
te me
trueret tusèta
a l'angul
suspes dèla vita
a sarò là
sul gran sasun
de quei
sasun che se sa no cumè
ma riesen
a fiurì
cunt i
gamb a pensulun
cui
scarpèt cul butunin
che se
mètèn la dumeniga
un
vestidin de cutunèla
un bel
naster e un culetin
Te
punteret ul did
sùl mè
splendid suris
chèl
brilerà al su
te
piasarò.
Gavarò no
sentur de turnà pù
quand i
brasc te dervarò
ma camina
pian perchè
te
cùnterò di rop
che de là
te mai sentì.
TI
PIACERO'. Quando chiuderò gli occhi/ mi troverai bambina/all'angolo sospeso
della vita/sarò là sulla grossa pietra/di quelle pietre che non si sa come/ma
riescono a fiorire/con le gambe a penzoloni/con le scarpette col bottoncino/che
si mettono la domenica/un vestitino di cotonella/un bel nastro e un
collettino/Punterai il dito/sul mio splendido sorriso/ che brillerà al sole/Ti
piacerò/ Non avrò sentore del non ritorno/quando ti aprirò le braccia/ma
cammina piano perchè,/ti racconterò cose /che di là non hai mai sentito/
3 commenti:
a Giorgio Mannacio e a chi vorrà leggermi:
I miei testi sono sempre da me non giudicabili. Valutarli per me è un compito impossibile. Sono i miei testi, le mie idee. le mie emozioni (quest'ultime così insidiose). E' vero la mia poesia sorge in me come una figlia che chiama per capriccio o per impellente bisogno, non posso non ascoltarla ma potrei farla attendere , farla ragionare, avvicinarmi con rispetto e ascoltarla con calma ma per ora con questa figlia ho un rapporto strettissimo che sfugge ad ogni mia più saggia ragione. Quando scrivo è davvero un'avventura a due , strade ogni volta nuove da percorrere, curiosità, movimento, e purtroppo ancora emozioni, forse purtroppo... . Emilia Banfi
Vedi Emilia com'è diverso poter leggere più poesie in una volta? :)
Complimenti, il commento lo trovo condivisibile. Mannacio non si addentra nei contenuti, nell'intimità del messaggio tra autore e lettore, ma vi si aggira con fare rispettoso. Non anticipa, non si intromette.
Tempo fa avevo commentato tentando (ma queste cose io non le so fare) un parallelo con la Merini, più che altro perché so che una delle critiche più velenose che le sono state rivolte fu quella, paradossalmente, di aver scritto troppo. In questi commenti ci ho sempre letto dell'invidia. Molti poeti infatti levigano, riscrivono, ci mettono anche anni prima di essere certi di consegnare una poesia che ritengono perfetta. Quindi restano stupefatti e si insospettiscono per tanta ricchezza. Sciocchezze! Scrivere poesia scaturisce da una qualità interiore inesauribile, è un talento e ci si può contare sempre.
Piuttosto: mi meraviglia tanta critica (è la seconda che ricevi :) a titolo gratuito. Davvero non pensavo fosse possibile. Se si sparge la voce questo blog è destinato a sicuro successo.
Un abbraccio.
mayoor
Cara Emilia, l'analisi delle tue poesie fatta da Giorgio Mannacio mi ha offerto prospettive di lettura e di comprensione dei testi interessanti e originali.La duplica valenza delle poesie in dialetto e in italiano è senz'altro una chiave interpretativa che va utilizzata.
Ma quello che vorrei farti è un invito a non mutare lo sguardo con il quale contempli tutto ciò che ti appare: gli esseri umani, il mondo,le cose.Continua a trasmettere con la tua poesia, che è musica, i sentimenti ,le emozioni che provi e che fai provare anche a noi.
Maria Maddalena Monti.
Posta un commento