ce n'ho abbastanza per comprarmi una bottiglia di vodka
un chilo di arance un amburg il pane tondo una birra
un pacchetto di marlboro.
E poi mangio l'amburg col pane tondo tostato e
bevo la birra e fumo la marlboro e poi spremo due
arance con la vodka.
E poi esco e incontro la più grande figa della mia
vita con gli occhi verdi e le ciglia nere e la bocca
rossa e le mani nervose e decidiamo cazzo di non
fare nessun film di non scrivere nessuna stronzata di non
recitare
nessuna cagata e di non andare in campagna
e di non occuparci della casa né della merda né dei
Io butto nel fiume il trench di mio fratello
io compro i biglietti per la partita roma-river plate
io raccolgo gli occhi nella spazzatura
io accompagno mio figlio nel paradiso totale
senza nessun pericolo né gas né elettricità né politica
né bicchieri né coltelli né stanze di pavimento.
E lei scompare come le ore e appare come le ore
e me ne frego della pensione e me ne frego di morire
me ne frego dei fascisti e dovunque mi sdraio sogno
e ho sempre voglia di baciarla e gli alberi
respirano e le nuvole di merda si spaccano
e da dentro partono razzi luminosi
e dovunque sono vivo e non ho nessuna paura
né dei rinoceronti né dei serpenti né degli appuntamenti
e butto via l'elmetto e esco dalla trincea delle spalle di
piombo
e mando affanculo tutti gli stronzi cagacazzi della terra
e grido come un'arancia stellare
e viaggio nella luce dell'ananas e cago cicche d'oro
sulla faccia dei nazi-igienisti maledetti
puliscicessi. Buttare via il tempo della vita
a lucidare i bidè e conservare i bicchieri
e sorridersi a culo sbarrato e invecchiare
come i più stronzi prima di noi.
Maledetti cagoni falsi e vigliacconi.
lei apparirà. Bruciando i tampax dell'anima sanguinante.
apparirà con gli occhi verdi e ciglia nere e bocca rossa
anima luminosa come arcobaleno puro
radice che spiega con tutta la chiarezza perché questa merda
è merda
e finirò di vivere la vita con la paura di vivere la vita.
Victor Cavallo- da 1° Guida Poetica Italiana, 1979
*Nota
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4 commenti:
Trovo che questo poeta abbia sicuramente tanti problemi tranne quelli intestinali. La sua poesia lo rivela molto esplicitamente il che rende il tutto molto comprensibile. La rabbia chissà perchè è sempre associata alla merda. Qualcuno lo sa spiegare? Ciao Emy
Preferisco questa:
Isole Tremiti. Una febbretta dentro il nuovo sole - una malcerta ferrovia
di campagna. un tram storto dietro i portici. un cuore che guarda sempre
vecchi film.
I fantasmi sono i primi a gioire della ventura primavera
dell'erba che spacca i sanpietrini respirare mostri col cuore ingordo di dolcezza.
Ah questo cuore che sale le scale degli ospedali che gira a Porta Portese
che vomita chiama tace come un cane bastonato come una gabbietta vuota
e grida come un gommone rovesciato.
Mi sento povero di occhi.
(e poi continua)
mayoor
... c'è forza e genuinità in questa composizione, c'è il quotidiano ma senza i capricci stilistici e stitici che usano i quotidianisti di professione i quali non sanno quanto già chiarito da Walter Benjamin in un suo aritcolo militante degli anni Trenta secondo il quale non c'è quotidiano senza impenetrabilità del quotidiano, ci sarebbe un nesso che lega il «quotidiano» alla sua «impenetrabilità» e questo nesso è, secondo il filosofo tedesco, «dialettico».
Altro elemento da sottolineare mi sembra essere l'oralità, elemento comune alla poesia delle giovani generazioni. Cioè, in parole povere, la poesia dei più giovani sembra abbandonare la «visione ottica» per privilegiare la «visione sonora», la cosiddetta oralità. Talché molte delle poesie dei più valenti dei giovani mi sembra che siano fatte apposta per essere declamate in teatro. L'oralità va d'accordo con la teatralità, ma senza alcun riferimento al processo di ribaltamento derisorio di bachtiniana memoria o di teatralizzazione della "vecchia" poesia, come si dice con orribile termine, "performativa" che sarebbe un ibrido, un qualcosa che non sta né di qua né di là.
Mi piace il modo "naturale" della rabbia e della ribellione dell'autore a tutte le parole d'ordine (false e imbonitorie) che avevano agitato le anime dei padri.
Mi piace anche quella «discesa culturale» nitidamente avvertibile nella composizione, che è un modo perspicuo di addebitare ai padri le colpe della loro cultura e di liberare i figli dalle colpe di quella cultura.
Mi piace, in sostanza, questa rivolta generazionale integrale tipica dell'epoca della stagnazione e dell'imbonimento totalitario della società total-mediatica.
Condivido il buttare all'aria l'armamentario, l'infrastruttura logocentrica della versificazione tradizionale, con l'implicito referenziarsi alla piccola borghesia in fase di stallo degli ultimi tre quattro decenni, con i loro pifferai e le macumbe dei loro intellettuali.
Che dire? bene, purché la ribellione sia vera e integrale, e duratura, e che i falsi e mediocri padri vengano mandati in quel posto che meritano senza dubbio alcuno. A cominciare dai minimalisti romano-milanesi e dei loro alleati i massimalisti mitomondisti e mitografi di una mitologia da baratto, da merce di scambio: per che cosa?
Giorgio Linguaglossa
Solo per dire che Vittorio Vitolo, in arte Victor Cavallo, molto nel 2000 all'età di 53 anni, è almeno padre, per meglio dire patrigno (nel senso che non li amava) dei minimalisti romano-milanesi. Sull'oralità ci sarebbe da dire parecchio, ma adesso mi fa un po' fatica... solo che Victor era un grande attore, anche se riconosciuto più all'interno della comunità che dal grande pubblico. Le poesie, messe su un leggio per essere dette e poi gettate al vento una a una, diventavano vere e proprie partiture, come mai più mi è capitato di vedere.
Quanto alla merda che dice Emy, è che ce n'è tanta nel mondo... Anche nella letteratura, in senso positivo, penso a Rabelais e Céline, e in senso negativo, penso alla riduzione della lingua letteraria alla lingua di comunicazione e di orazione civil funebre, con la quale si fanno i quattrini al giorno di oggi.
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