Riassunti mondiali (1994)
1.
I corpi in trincea a buchi / bombardati da velivoli.
E quindi si solleva in su / la crosta terrena stessa.
È lava rossa, espansa; / è movimento come in noi, si esulta.
Ma per bloccare l'impeto / caldo umano sono scaricati
addosso i massi giù / dai mostri meccanici in cielo.
Oh non c'è un bel essere / diabolico fra noi capace
di rispondere ribelle e / battere l' irragione al dominio.
2.
Qui c'è solo la cosa del lavoro e la foia.
Ma stiamo per ore allo schermo mirando.
Le giostre, le sfide, con camere addosso.
Da vedenti. Il caracollante occidentale
attacca coi suoi fendenti a spada corta.
L'altro d'oriente col sandalo pesta fango:
per levare gli schizzi fulminei nella cura
di percezione del dettaglio trasversale
durante i sobbalzi dei passaggi continui.
La stilla infine all'occhio acceca quello ...
Ma non era che un' ombra, una sagoma esposta:
si ripresenta, duplicata presenza, il cavaliere
dell' occidente e un musulmano è in campo.
Qui si combatte a pezzi per le lunghe notti.
Solo il guardare i grandi ci è concesso.
Ahi mai nessuno muore fra i campioni presto.
3.
Vengono i mali giù dai mostri meccanici in cielo.
Un bell' essere diabolico non c'è più in noi indigeni.
La vecchiezza (2001)
Un nome in mente non torna più bene ... È scarsa la
compattezza del pene.
Di rado l'escremento mostra valore. Il cuore palpita come
in amore ...
Più volte l'udito non sente ... Eppure il tutto è ancora
di adolescente.
Come di chi non ha vissuto quasi niente. Anche se insorge il
disincanto:
non si scorge più nulla di grande ... Né ci conviene affaticarci
avanti .
Si sa che la vita è un composto di spinte e di parole che sono dita .
e un dì si torna alla resa, molecole nel vento, materia estesa .
Oggi il sussulto di male che induce il pensiero mortale
presenta il poi come un umus, con l'antica saggezza: il fiume
oscuro (nulla è detto), il sogno di un fiore, lo smarrimento puro ...
Ma non si tocca la rinuncia che è radicale: l'illusione dura.
lo non sono, non c'è il mondo, tutto è un'onda ...
Ma mi piace quest' ombra.
Non si alzerà più il sole, se così succede un giorno, se si vuole ...
Ma mi piace ancora una donna. Mi curo. E corro;
poi mi appoggio al muro.
E resta che il padrone, che il potere, che l'irragione, vincendo,
mostra che il fme non è affatto il nostro ... Noi peschiamo dentro
il tutto errante, in un insieme - e è questo il solo senso.
Il piede
Questo il mio
bellissimo potente piede;
rotto piagato appoggiato esposto.
Oh che puzzo!
Sono un perdente,
un ribelle infame al dio del denaro.
Amen.
Vengo dal campo dei villani fottuti,
degli insolenti operai, degli intellettuali di merda.
lo con questo,
con questo calciavo all'inferno
i signori e i padroni e i ministri del dio.
E ora, dove è andato il mio piede invitto? Oh meschino!
Non è più grande, non ha un fine,
non ha neppure un seggio.
C'erano una volta i Saraceni, Attila, i Gialli;
ci risaremo noi, ritornati un dì
nel millennio terziario di bancate globali.
* Le poesie sono tratte da Francesco Leonetti, Sopra una perduta estate, a cura di Aldo Nove, NO REPLY Editore 2008
Nota biografica
Francesco Leonetti è nato a Cosenza nel 1924. Nel 1955 ha fondato insieme a Roberto Roversi e a Pier Paolo Pasolini la rivista Officina. E' stato vicino alle posizioni del Gruppo 63. Nel 1964 fu eletto segretario del gruppo italiano (Vittorini, Moravia, Pasolini, Calvino) per un giornale internazionale di scrittori che non ebbe sviluppo. Professore di filosofia, ha lavorato in biblioteche emiliane e in case editrici; è stato anche attore. E' poi stato condirettore della rivista Alfabeta. Ha pubblicato libri di poesia: La cantica (1959), In uno scacco (1979).
Tra le opere di narrativa e saggistica: Fumo, fuoco e dispetto (1956), Conoscenza per errore (1961), L'incompleto (1964), Tappeto volante (1967), Irati e sereni (1974), Campo di battaglia (1981). Nei suoi testi ha dato stimolanti analisi del complesso rapporto letteratura/politica, mentre a livello espressivo ha cercato di restituire lo scindersi e l'automatizzarsi della coscienza nella società contemporanea.
10 commenti:
Io me lo ricordo Leonetti, quand'ero ragazzo e occupavo la scuola con i miei compagni. Parlava moltissimo, sputacchiando. Un po' micranioso, almeno così sembrava a me. Però la sua poesia è vigorosa nel linguaggio (si sente che non è di Milano), non mi colpiscono in se' i singoli versi, mi sorprendono la visionarietà, le metafore repentine, le citazioni colte e lontanissime...
Mayoor
ho conosciuto Leonetti casualmente nei primi anni 70 mentre teneva una lezione libera sullo strutturalismo. Un grande intellettuale italiano di quelli da difendere a spada tratta, singolare, uno dei più grandi agitatori culturali del 900. Un pò casinista ma con uno straordinario senso dell'ironia come si può vedere nei seguenti versi nei quali con un linguaggio semplicissimo trasmette un grande senso di pathos e di rivolta:
Non ci sia, o ci sia, il dio nel cielo, / in terra è l’albero l’ente supremo: / risana l’aria col suo proprio ossigeno; / senza di lui, moriremmo noi tutti; / diritto, con la chioma volta all’alto, / sui piedi saldo sta, solo o nel bosco… / Vengono poi e gli animali e l’uomo, / che era scimmia una volta, e ora è assassino: / disbosca, sfrutta, spreca, prende o butta; / mangia gli altri animali fatti a pezzi; / tutto è per lui denaro oppure chiesa; / senza obbedire a lui si va in prigione. / L’albero provvede e vive nei secoli: / e ficcatemi dentro, quando io crepo, / in un suo squarcio, io fondo gli ossi miei / con le sue fibre, vivo altrettanto e miro / l’alto, il sublime, il vero, il mondo intero» (Francesco Leonetti, Poesie estreme cit. , p. 42).
Ormai sono un bandito ! Ho appena inviato il post su Leonetti . Ciao Enzo Giarmoleo.
Leonetti era nella giuria che mi assegnò il primo premio, nell'edizione del Premio Laura Nobile, a Siena, nel 1995. Non so se si ricorda di me....Mi fu simpatico. Mi diede dei consigli su come continuare nella mia strada senza demordere....
erminia
Come vuoi che racconti dei mesi
di quello straordinario inverno
di gemme anche quassù, e sole
fra i rami nel dicembre, quando il manto
di neve ero io, la corteccia glabra
lo scricchiolio del gelo nelle ossa – per quale
voce straordinaria dirti l’inverno,
quando l’inverno ero io?
come viverti nel canto del silenzio, del tuo cristallo un incidente il monitor, dal tuo tronco di ghiaccio una sauna di fiori bucano la neve ricordando Smilla.
Una poesia di rivolta e di resistenza, quella di Leonetti, di grande forza espressiva, "sovversiva": /Vengo dal campo dei villani fottuti,/degli insolenti operai, degli intellettuali di merda./ mi ricorda il céliniano di "Mica l'ho esercitata sempre la medicina, 'sta merda." dell'incipit di Morte a credito.
Nella resistenza all'inevitabile declino, anche accenti di toccante malinconia: /Oggi il sussulto di male che induce il pensiero mortale/presenta il poi come un umus, con l'antica saggezza: il fiume/oscuro (nulla è detto), il sogno di un fiore, lo smarrimento puro .../
Ma l'amore per la vita, la ribellione all'ingiustizia, il senso del perenne resistente, sono più forti del malinconico finale: /Ma mi piace quest' ombra./Non si alzerà più il sole, se così succede un giorno, se si vuole .../Ma mi piace ancora una donna. Mi curo. E corro;/poi mi appoggio al muro./
Grazie
Flavio
Per Bacco ! Vorremmo che questa performance che rivela la straordinaria creatività del poeta e ricorda il fermento passato non resti solo un'icona bella da vedere e da fruire ma che questa invenzione, questo piede-immagine si rianimi per individuare i contorni della sopraffazione, se è ancora possibile, e " cacciare all'inferno" i signori e i padroni e i ministri del dio". Ciao Enzo
molto bella questa poesia, brava ritarò! erminia
Hermione cara , io ho solo fatto capolino come una piccola macchietta verde in un prato di neve. Tutto il fiore è dell'anonimo/a.
un bacetto
rò ( e anche ritarò ti abbraccia)
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