giovedì 20 novembre 2025

RIFLESSIONI IN FORMA DI DIARIO SULLE MIE "POETERIE" (1987-1990)


Poesia e Moltinpoesia. Un percorso, un bilancio (6)


di 
Ennio Abate

1987

31 ottobre 1987

Gruppo poesia a  casa di Anna Ditel. Come allargare il discorso ad altri temi e farlo interagire con la redazione di "Laboratorio Samizdat" [1].

1988

8 gennaio 1988

Fortini. Mi dice che la bozza di Salernitudine/Immigratorio/ Samizdat “va molto bene”, anche se non ha letto tutto e mi ha suggerito di sfoltire. E’ disposto a farmi la presentazione, se trovo l’editore. Mi suggerisce di provare con Piero Manni, tramite Luperini.

2 maggio 1988 

A casa di Anna Ditel. Incontro con Mario Santagostino. Poetica pascoliana. Accento sull’io. Valutazione del momento discorsivo e ragionativo. Risalto equivoco dato all’esperienza. 

1989
Inizio analisi con Pietro Andujar e prime poesie “oniriche”. [2] 

1990

18 maggio 1990

Su Salernitudine/Immigratorio/ Samizdat

1. Tensione. Frammentarietà (relativa) delle poeterie e tendenza alla storia del narratorio. Atemporalità delle poeterie e storicità del narratorio. Ma c’è contaminazione.

2. Ogni sezione ha una specificità simbolico-psichica. Ma tra loro ci sono intrecci. Vorrei che lo stupore ignaro (mitico e astorico) del bambino in Salernitudine passasse nella tensione esistenziale del giovane di Immigratorio e si facesse speranza nell’adulto di Samizdat. Ma la mente che si posa e lavora in ogni sezione dovrebbe non affondare in nessuna di esse, ma tenerle assieme e fare la spola tra l’una e l’altra.

3. Il mito in Salernitudine non vale meno o più del dramma esistenziale di Immigratorio o di quello storico di Samizdat. Ciascuna sezione ha un suo tempo, che non è lineare e non  indica un passaggio a uno stadio superiore. Mi sostengo su Ernst Bloch: multidirezionalità del tempo, perciò contemporaneità e compresenza dei tre momenti.

4. Finora ho scritto: i frammenti del ‘62-’64; le poeterie fra ’77 e ’85;  questa bozza di Salernitudine/Immigratorio/Samizdat del 1988. Adesso tento di ricomporre in unità i vari livelli della mia ricerca: esistenziali (infanzia, giovinezza, età adulta), storici (l’arco di tempo che va dal dopoguerra ad oggi), simbolici (l’eden infantile angoscioso-stupefatto di salernitudine; le peripezie dello stacco esplorativo-ribellistico di immigratorio; l’inferno della lotta di classe di samizdat).

5. Scambio di lettere con Roberto Bugliani

                                                            Cologno Monzese 30 marzo 1990

Gentile prof. Bugliani,
su sollecitazione del mio amico Umberto Lacatena, meglio di me introdotto nei meandri delle patrie lettere, le invio la mia raccolta di “poeterie-narratorio”.
La stesura attuale avrà bisogno di ulteriori aggiustamenti, anche in seguito alle critiche che vado sollecitando. A suo tempo, in abiti ancora più approssimativi, l'ebbe fra le mani Romano Luperini. Mi hanno fatto le loro osservazioni anche Franco Fortini e Giancarlo Majorino. Mi attendo ora le sue.
La ringrazio anticipatamente e seguo il suo lavoro a distanza attraverso la lettura di “Allegoria” cui sono abbonato.
Cordiali saluti

                                                                                                                                                                                 La Spezia 9/4
Caro Abate,
le scrivo dopo aver letto il suo “poeterie-narratorio” esponendole così a caldo alcune mie considerazioni. Devo dire che sono stato e sono piuttosto perplesso dinanzi alla mescolanza di piani e di livelli dei suoi testi dove campeggia una scrittura debitrice nel contesto al racconto, alla poesia, al dialetto e al teatro. Ora, questa imbricatura di piani, per dir così, per alcuni aspetti interessante (perlomeno per me, mettendo in conto certe mie predilezioni), dall'altro non sa reggere o tenere la misura che dopo tutto (e oltre tutto) si vuole unitaria del libro, della raccolta, del volume. Nella sua raccolta convivono gomito a gomito più moduli stilistici, e questo vada, ma è la loro mancata correlazione a stonare. Prima parlavo di mescolanza di piani e di livelli, nel senso di scritture mescolate nelle pagine, ma in sé separate e per di così bloccate. In altri termini, non è la sperimentazione che è qui “sotto accusa” ma i suoi esiti che determinano il suo libro.
Prese invece a sé le sezioni, posso dire che perplesso sono per i testi poetici di “Salernitudine”, mentre mi convincono le poesie di “Samizdat” e di “Immigratorio”. Molto belle le ultime, da p. 63 in poi. Insomma: mi sembra una raccolta che prende corpo definitivo e assume un certo spessore verso la fine. Non mi convincono invece “Le gioie dell'educazione cattolica” (peraltro con un'aura molto pasoliniana …). Ma questi sono miei gusti personali, che tuttavia vanno messi in conto. Quel che poi mi disturba qui e là, a livello di modulo espressivo, è un certo stile volutamente “anticato”, come si dice dei mobili, con tutte le figure di inversione sintattica e di giri e rigiri che si portano dietro.
Comunque, per tornare brevemente alla pluralità di moduli stilistici e di scritture, posso dire ancora che mi sembra essere nell'aria questa “scommessa” di mettere assieme giustapponendole pagina dopo pagina, poesia e “prosa”: ho potuto ultimamente notare che varie raccolte di amici hanno preso questa direzione.
Cordiali saluti

                                                  Cologno Monzese 18. 5. 90
Caro Bugliani,
le sono grato per le misurate osservazioni sulla mia raccolta. Le condivido nella sostanza e non esito a dichiarare che lei ha un po’ messo, come suol dirsi, il dito nella piaga. Quelli dell'unità e della misura della raccolta sono in effetti i miei crucci ed io ci tengo a dare una soluzione a questi problemi irrisolti andando il più a fondo possibile, senza spostarmi opportunisticamente verso poetiche del “frammento” che potrebbero giustificare l'attuale stadio del mio lavoro.
Potrei anche separare le varie sezioni, magari le più riuscite, e tentare di pubblicarle in modo autonomo, ma sarebbe la rinuncia ad un progetto che non mi va di abbandonare. Ho teso finora, infatti, al massimo di unità dinamica. L'ho cercata nel corso di anni in una tripartizione (sal/immig/ samizdat), che voleva essere temporale, esistenziale e simbolica, quasi una specie di “Commedia” invertita (salernitudine:  “paradiso” infantile stupefatto e tremebondo; immigratorio: peripezie esistenziali e purgatoriali fra nostalgie, rimorsi e scatti esplorativi e di riscatto; samizdat: riconoscimento dell'”inferno” del conflitto storico collettivo).
Devo ammettere, però, che questa struttura relativamente unitaria, non è misurata: eccede persino una misura “sperimentale”, figuriamoci quelle “classiche”, che ancora vagamente mi affascinano. Sarà per la varietà dei codici linguistici adottati - (ma pensi che, avendo io una buona mano di disegnatore, nella prima bozza avevo incluso anche delle sezioni grafiche, parallele a quelle poetiche e narrative!). Sarà per la loro mancata correlazione, come lei mi fa notare. Sarà anche che il magma delle poeterie e del narratorio è troppo eterogeneo, spesso prodotto a distanza di molti anni e forse non rielaborato a sufficienza.
Ci lavorerò, ancora sperando di trovare il tempo necessario.
Voglio semplificare l'architettura generale, assemblare e magari intrecciare più strettamente poeterie e narratorio di ogni sezione attorno al loro nucleo psichico centrale: lo stupore-paura infantile; il ribellismo scanzonato e impacciato; la rielaborazione  nella memoria del lutto esistenziale-politico. Quando avrò portato avanti questo lavoro, spero di poter contare ancora sulle sue osservazioni critiche.
Ho sentito telefonicamente Umberto Lacatena e spero di poterla conoscere di persona in qualche buona occasione. Mi scuso del ritardo con cui le ho risposto.
Cordiali saluti   



Note

[1] «Laboratorio Samizdat», sottotitolo “Materiali di lavoro per intellettuali periferici”, è stata una rivista redatta a Cologno Monzese dal 1986 al 1990. Oltre al numero zero di prova, uscirono 8 numeri. La rivista era fotocopiata e diffusa a mano. In redazione: Ennio Abate, Roberto Fabbri, Erica Golo, Eugenio Grandinetti, Roberto Grossi, Marcello Guerra, Roberto Mapelli e Donatella Zazzi.

[2] P
oi in  psicoscrittoio (inedito)





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