di Ennio Abate
convegno di povera folla infreddolita stanca
e muta e va vieni andirivieni
di solitudini inceppate
che si sono appena adesso disperse
e mi lasciano a proteggere
‘sto cagnolino fermo come un soprammobile
o secco e rigido di morte
una conclusione, dunque
e vado con un mio fratello ombra che mi tiro per mano
in cerca di una strada insolita, una scorciatoia
ma per dirupi o scogli deserti
incombenti su strade poco visibili
abissi di periferia, capogiri da terrazzi e - immagino - da grattacieli
unico
passaggio azzardato:
una parete liscia e solo un sentiero di cocci ben murati
da traversare senza fissare in basso
i gorghi l’asfalto il vetro luccicante di un mare?
e
non una fune un appiglio un corrimano
rinunciamo indietreggiamo io e la mia ombra fraterna
non sappiamo se di là più luce se vita più dolce ci sia
restiamo aldiquà
in un terreno piano fuori mano
senza segni di vita
(ricordi il film dell’iraniano Kiarostami * mi pare)
dove altri aspiranti suicidi si allenano
ingoiando disciplinati praline di psicofarmaci
e sorseggiando perché si quagli nello stomaco un amalgama duro
contro le pareti sanguigne
e s’addormentino
smettendo l’inquietudine le parole i discorsi
24 novembre 1997
*
https://www.cinematographe.it/rubriche-cinema/registi-iraniani-migliori/

Nessun commento:
Posta un commento