venerdì 18 marzo 2011

CONTRIBUTI
Fabiano Braccini
Scrivere al presente 2


GIOVEDI 17 MARZO 2011: TRA INNI E BANDIERE PENSO

Il droghiere testaquadra ha terminato la mortadella, l’ha finita il tapino!
Io desidero la mortadella ora, subito, la voglio sentire saporosa in bocca,
la voglio masticare con quaranta denti, la voglio deglutire con rumore;
la voglio come una incinta d’improvviso vuole un cioccolatino fondente
rincartato di blu, da succhiare per il bene del bambino che si muove.

Mi guarda l’orologio dell’incrocio Ripamonti-Bligny-Sabotino:
sa che oggi non è giorno giusto con i morti giapponesi, i morti libici,
i morti in autostrada, tutti i morti del mondo di questo momento.
Con l’aggiunta delle ragazzine sparite, uccise (stuprate sì, stuprate no).
Con i pataccari estracomunitari che vendono ombrelli garantiti mezzora.

CRITICA
Giorgio Linguaglossa
Il discorso poetico nel '900.
Con un'introduzione di E.A.





Premessa. I lettori di questo blog non si spaventino né si urtino per la frequenza di termini non comuni in questo scritto del critico Giorgio Linguaglossa. I linguaggi “speciali” hanno una loro necessità, non sono sempre latinorum per tenere alla larga il “popolo” dai saperi che contano. Ai finti tonti, che eventualmente protestassero invitando polemicamente a parlare “semplice”,  come si fa in TV o a scrivere  “chiaro” come fanno (mistificando) i pubblicitari, ribatterei: perché non fiatate di fronte a certi linguaggi  specialistici, dei medici ad es.? Provate a leggere un qualsiasi foglio di’istruzioni per l’uso di  un medicinale. E allora perché tanta presunzione di saperla più lunga di fronte a un testo di critica letteraria?
Linguaglossa   ci dà qui un esempio del suo discorso critico, che ha radici in una visione filosofica  e utilizza un grado di astrazione elevato ma non irraggiungibile. Per chi tra noi di filosofia poco masticasse ho pensato a questa introduzione che semplifica e riassume  il suo pensiero in modo da permettere almeno ai più volenterosi un primo accostamento.

CONTRIBUTI
Lucio Mayoor Tosi
Scrivere al presente


Ho scritto questa poesia ieri pomeriggio, dopo le diciotto, in un bar nei pressi di piazza Piemonte. Pioveva, avevo lasciato il mio quadernetto in macchina, ma era troppo distante per tornare a prenderlo. Così sono entrato in Mondadori e ne ho acquistato uno. Il quadernetto per me è molto importante, lo uso quasi fosse una macchina fotografica ma, di fatto, è molto di più: è un buco nero che attrae su di se' tutto ciò che si trova attorno. 

Senza titolo

dunque eccolo qui un foglio bianco alla finestra ambrato aperitivo scritto 
denominato farfalla delle sei

ma prima oziosamente ho incontrato messaggi persi plastiche allegre 
nella musica da fine corsa, da scalamobile. Forse gli autori sono morti musicisti 
stipendiati pendolari pendolanti del sottofondo cappellini lilla invidiabile 
accomodarsi nella zona no stress. Altri poveri ma ricchi di tempo.
Meno un'ora o tre quarti, mi sembra, al radioattivo. Fare scorte di besciamella 
per lo scatolame l'aringa fumé controllata scadenza almeno un anno e mezzo 

ma prima oziosamente ti ho pensata in ascensore e chissà, ti ho detto, i ricchi 
si salvano sempre.  Aperte le porte nella somma dei profumi francesi 
( l'autore morto pendolante?) le gambe affondate nel budino vaniglia pavimento 
tra i vetri azzerati pensieri per il tutto già pronto automatico denaro e tanti saluti 
elettronici:  carissimo, rientrerò sabato, ti chiamerò saponetta mio ventaglio.
Fai denaro e poi spendilo per te solamente, fatti una moca, una tipa sudafricana 
un pallone da rugby sport duro per fighette indipendenti con le spalle da stradini 
in camicia da trecento euro

giovedì 17 marzo 2011

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Ennio Abate
Moltinpoesia e Fukushima

·  Terremoto in Giappone: video dell' incidente alla centrale di ...

13 mar 2011 ... L' incidente alla centrale nucleare di Fukushima, a seguito del terremoto con conseguente tsunami che ha colpito il Giappone, ...
mondonotizie.info/terremoto-in-giappone-video-dell-incidente-alla-centrale-di-fukushima_post-15219.html - Copia cache


Scuotersi dal  torpore poetico
uscire dall’io
per far che?
Misurarsi col mondo.
E cioè?
Con Gheddafi che prima perde e ora vince.
Col Giappone che muore di tsunami e terremoto.
E di nucleare?
Ma Quello (il Golem buono) 
serve.
Alla candela non ci torna più
l’umanità.
Ma  Quello (il Golem malvagio) 
è incontrollabile
e quando  rugge
né gli apprendisti stregoni
né i veri scienziati
ce la fanno a placarlo.

mercoledì 16 marzo 2011

LABORATORIO MOLTINPOESIA
Critici e poeti: cani e gatti?
Resoconto
serata del 15 marzo 2011


Una volta sì, oggi no, purtroppo.. Questa, direi, la conclusione (provvisoria) dell’incontro tra Paolo Giovannetti, professore di Letteratura italiana alla IULM e i partecipanti al Laboratorio MOLTINPOESIA del 15 marzo alla Palazzina Liberty.
La questione è "vecchia". L’abbiamo affrontata spesso nelle discussioni anche improvvisate del Laboratorio. E fin dalla sua nascita nel 2006. Un’ossessione? O un problema importante anche se senza facili soluzioni?
Paolo Giovannetti, con una bella introduzione, ricca di  dati e di esempi ricavati dalla sua esperienza di accademico, studioso di metrica e storico della letteratura,  ci ha esposto il suo punto di vista  quasi “militante”: il rapporto tra critica e poesia non può essere più posto nei termini di collaborazione  “dialettica”(quindi non priva di tensioni) com'è accaduto nel solco di una lunga tradizione, dove ciascuno aveva chiaro le  regole del suo “mestiere”, perché  con gli inizi degli anni Ottanta siamo entrati  in una nuova epoca, quella postmoderna; quella lunga tradizione s’è interrotta e tanti problemi, compreso questo, non si pongono più come in passato.

martedì 15 marzo 2011

PROMEMORIA
Oggi martedì 15 marzo 2011 ore 18


La casa della Poesia

Milano

stagione 2010-11, ciclo moltinpoesia / martedì 15 marzo 2011 ore 18

 

Laboratorio MOLTINPOESIA.

 CRITICI E POETI: CANI E GATTI?

serata a cura di Ennio Abate
Critica e poesia possono allearsi o sono attività inconciliabili? Sarebbe meglio se il poeta facesse solo poesia e il critico facesse solo il critico? La critica è pericolosa per la poesia e la può “uccidere”? Discutiamone ancora … 
Introduzione di Paolo Giovannetti, professore di Letteratura italana alla Università IULM

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Eugenio Grandinetti
Quando la terra furibonda scalpita





  












Quando la terra furibonda scalpita
e s’impennano le acque,alte,e sommergono
uomini e cose  e nel riflusso portano
tutto quello che sporge,alberi e case,
a galleggiare inerti sopra le onde
non quietate,un subito sconforto
ci assale,noi,piccoli esseri
e deboli,spersi
in un universo ostile che  irragionevoli
forze sovrastano e spengono,
come improvviso un vento la precaria
luce di una candela.

lunedì 14 marzo 2011

DISCUSSIONE
Tito Truglia @ Ennio Abate
Sul post "Poesia e vicende libiche"
di domenica 13 marzo 2011



In neretto la parte dei tuoi commenti a cui rispondo in blu. Risposte parziali. E’ praticamente impossibile argomentare su tutto...
Ecco comunque alcune note.

1.
Non credo però che ci sia una “natura della poesia” da rispettare.
Su questo sono d’accordo.
Ma subito dopo  hai bisogno di un archetipo forte su cui fondare la poesia. E lo trovi nel linguaggio poetico.  Seppur interpretato come soggetto a modificazioni storiche.  Infatti...

2.
Esiste senz’altro (anche per i giovani poeti) un linguaggio  poetico da conoscere e da cui (possibilmente) partire, che si è storicamente costituito (che “viene da lontano”), ma esso  ha le sue «incrostazioni storiche» e può essere  sia base d’appoggio  sia ostacolo. E poi si trasforma col tempo  e non ha quella fissità che mi pare Linguaglossa tende ad attribuirgli.
Beh, a questa affermazione si deve rispondere anzitutto richiamando “I Linguaggi” possibili della poesia. Se noi evitiamo il singolare e partiamo dal plurale molte questioni potrebbero risolversi.

domenica 13 marzo 2011

CONTRIBUTI
Ennio Abate
Poesia e vicende libiche.
A partire dalla poesia
di Salvatore Dell'Aquila


Provo a mandare avanti l’esperimento iniziato con la pubblicazione della poesia di Salvatore e ad annodare i fili  dei problemi che colgo nelle varie mail.
Rileggo innanzitutto l’oggetto primo del contendere, la poesia (per me rientra nella categoria!) di Salvatore:

Nei pressi del Giardino degli Aranci
  
Tra intonaci sbiaditi in via di Sant’Alessio
nordafricani e slavi persone dei balcani
sbiadite anch’esse scolorate
giacche troppo sottili per febbraio
o senza giacca avendola scambiata
non per abbecedari ma speranze
di un lavoro avvilente duro
pelli grinzose già sfinite vuote
senza doni da offrire
ai putridi politici italiani
mi sporgo sopra Roma
tento lo sguardo a sud
cerco scirocco
se giunge, dico, la sabbia dei deserti
e piove sull’asfalto
potrò vedere le nuvole d’iprite
inondare la cinta di Bengasi
imparzialmente accendere i polmoni
o le fiamme dei pozzi tanto desiderati
i corpi accartocciarsi come carte al fuoco
vedere e non sentire
sapere e non capire

Mi soffermo qui solo su un elemento, che mi fa giudicare interessante questa poesia: la messa a fuoco onesta e pacata della difficoltà in cui ci troviamo nel rapporto con l’altro da noi. In questi versi dai toni bassi (e quindi inconfondibile con  certi toni gridati di “poesia civile” o “impegnata”) vedo in azione uno sguardo esterno (quello a cui siamo costretti, direi) sui migranti. Esso va da italiani generici ad altrettanto generici «nordafricani e slavi persone dei balcani».
È uno sguardo da cui trapela un accenno di premura, di preoccupazione e di compassione umana, quando si sofferma su un dettaglio: le giacche dei migranti «scolorate» e «troppo sottili» per (il freddo di)  febbraio.
La visione dell’altro da sé resta però invischiata nel proprio mondo (magari memore di povertà passate, quelle degli «intonaci sbiaditi in via di Sant’Alessio» o presenti nella storia di Pinocchio: «o senza giacca avendola scambiata/ non per abbecedari»). Non introduce in quello altrui, dei migranti. Non  si esce dunque dal limite dello sguardo (o di una poesia dello sguardo), potrei dire. Non c’è, non ci può essere forse, dialogo. Anche quando si aggiungono - intuiti - altri  particolari sulla realtà che gli altri vivono: quei migranti fanno « un lavoro avvilente duro» (due aggettivi comunque generici); hanno «pelli grinzose già sfinite vuote».

CONTRIBUTI
Enzo Giarmoleo
Just news.
Sulla presentazione della collana
di poesia "ChapBooks"
edita da Arcipelago Edizioni

Milano 11 marzo 2011
Per fortuna l’intervento di Paolo Giovannetti ha dissolto le nebbie ed è servito a rendere più comprensibile e interessante la materia oggetto dell’incontro di venerdi scorso alla Libreria Popolare di Via Tadino 18 a Milano.
Gli addetti ai lavori erano tutti giovani, molto ferrati nella materia che trattavano, ma si è corso il rischio che ci si perdesse tra sintagmi nominali e verbali.., discontinuità anaforiche, connessi a “proof theory”, “formal grammar” grammatica generativa di chomskiana memoria.

sabato 12 marzo 2011

DISCUSSIONE
Critici e poeti sempre cani e gatti?
Un episodio...

Il post con la poesia di Salvatore Dell'Aquila ha fatto nascere uno scambio e-mail a tre, che con l'approvazione degli interessati  penso sia utile far conoscere. Anche in vista del prossimo incontro del 15 marzo alla Palazzina Liberty (MI) con Paolo Giovannetti



Il 11/03/2011 08:34, Giorgio Linguaglossa ha scritto:

Caro Ennio,

colgo l'occasione della tua provocazione. Dirò che la composizione (dire poesia è troppo) di Salvatore Dell'Aquila è ingenua. E così liquido la questione perché il poeta del Moderno può essere tutto tranne che ingenuo. Tenterò di porre così la questione: il superamento del linguaggio strumentale-naturale non può essere compiuto grazie a un metalinguaggio o un linguaggio «ideale» o un linguaggio genericametne «politico» o genericamente «sociologico» o genericamente «psicologico», «religioso» e così via... all'infinito.

venerdì 11 marzo 2011

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Emilia Banfi
4 Haiku al femminile


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La rosa rossa
scivola fra le braccia
resta la spina.
 
-----------
 
Mimosa gialla
dona la sua dignità
non sa che farne
 
--------------
 
Donne di fiori
sulla porta il fante
sarà di cuori?
---------------
 
Nonne è mattino
le lenzuola nel vento
il giorno muore

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Emilia Banfi
Primarimavera











PRIMARIMAVERA
Un sorriso di sole
sulla vecchia pianta di fico
brillano i rami accesi
si confonde nel cielo
la luna lontana
dietro a nuvole piene di bianco
è fretta di crochi gialli e viola
nell'angolo dietro alla rosa
e l'aria ha odore di campo.
E' un bimbo la terra
sotto una coperta di seta
spalanca i suoi occhi azzurri
canta la dolce betulla
con voce di passeri
ma solo quando arriva la rondine
sotto la trave al vecchio posto 
la vita sembra rifarsi davvero
in quel piccolo volo in bianco e nero.

giovedì 10 marzo 2011

SEGNALAZIONE
Laboratorio MOLTINPOESIA
15 marzo 2011 ore 18


La casa della Poesia

Milano

stagione 2010-11, ciclo moltinpoesia / martedì 15 marzo 2011 ore 18

 

Laboratorio MOLTINPOESIA.

 CRITICI E POETI: CANI E GATTI?

serata a cura di Ennio Abate
Critica e poesia possono allearsi o sono attività inconciliabili? Sarebbe meglio se il poeta facesse solo poesia e il critico facesse solo il critico? La critica è pericolosa per la poesia e la può “uccidere”? Discutiamone ancora … 
Introduzione di Paolo Giovannetti, professore di Letterartura italana alla Università IULM

martedì 8 marzo 2011

LABORATORIO MOLTINPOESIA
Altro esperimento:
poesia e vicende libiche

In questi giorni ho inziato con alcuni amici degli scambi  e-mail per tentare (così l'ho  intitolata) UNA DISCUSSIONE SUI GIORNI CHE SCONVOLGONO IL MAGHREB,chiedendo loro  prese di posizioni  brevi o lunghe, a seconda del tempo di cui ciascuno dispone. Che una delle prime risposte mi sia arivata in poesia è cosa che  fa ben sperare. Vuol dire che  non tutti i poeti scrivono guardandosi l'ombelico o veleggiando verso improbabili Arcadie. Ecco, dunque, un testo di Salvatore Dell'Aquila (Roma), che dà inizio a un altro esperimento. [E.A.]
Caro Ennio,
ti mando una cosa scritta pochi giorni fa. Vedi se vale la pena.
Ciao
Salvatore

Nei pressi del Giardino degli Aranci
  
Tra intonaci sbiaditi in via di Sant’Alessio
nordafricani e slavi persone dei balcani
sbiadite anch’esse scolorate
giacche troppo sottili per febbraio
o senza giacca avendola scambiata
non per abbecedari ma speranze
di un lavoro avvilente duro
pelli grinzose già sfinite vuote
senza doni da offrire
ai putridi politici italiani
mi sporgo sopra Roma
tento lo sguardo a sud
cerco scirocco
se giunge, dico, la sabbia dei deserti
e piove sull’asfalto
potrò vedere le nuvole d’iprite
inondare la cinta di Bengasi
imparzialmente accendere i polmoni
o le fiamme dei pozzi tanto desiderati
i corpi accartocciarsi come carte al fuoco
vedere e non sentire
sapere e non capire


 

venerdì 4 marzo 2011

LABORATORIO MOLTINPOESIA
Molti-haiku, un esperimento



Si sa che i moltinpoesia fanno i molti, vanno in varie direzioni e rispondono a tante sollecitazioni. Casinisti? Indisciplinati? Individualisti? Oppure curiosi, aperti al mondo, alla vita, all'inconscio, al mistero? E chi lo sa. Riuscirà mai il Laboratorio-orchesta  a suonare una sinfonia? E chi lo sa. Qualcuno ha nostalgia di un direttore. Altri dicono che sarebbe una noia mortale. Da coordinatore la prima cosa che mi sento di fare è coordinare degli esperimenti,  dar voce a tutti.  Anche quando personalmente non condivido o sono scettico, lo dico dopo  con un post o nello spazio dei commenti. Il 22 febbraio scorso Enzo Giarmoleo ha proposto dei Fogliettini-Haiku "on the road". Sulla sua road altri/e si sono avviati. Qui in ordine cronologico  le prime prove.Vediamo che succederà.  [E.A]

mercoledì 2 marzo 2011

Redazione MOLTINPOESIA
Tante poesie nella borsetta
Omaggio alla più prole-poetaria del nostro Laboratorio

Bisogna fare un piccolo omaggio pubblico ad Emilia Banfi, che del nostro Laboratorio è di certo la più generosa e assidua nell'esporsi con le sue poesie.  E poi s'avvicina l'8 marzo! [E.A.]

Tramonto

s'offende il cielo
al calar del suo sole
ride la notte.

Alba

Veste di rosa
nuda di sole
del vento nuova sposa.
Byemi on the road [Scusate i titoli Tramonto e Alba vanno assolutamente tolti , dimenticavo che nell'Hayku il titolo non va messo. Ciaooooo  Emy]

giovedì 24 febbraio 2011

CONTRIBUTI
Ennio Abate
In memoria di Luigi Di Ruscio
Una lettera e una poesia
dalla sua prima raccolta


Pubblicato come commento su NAZIONE INDIANA il 24 febbraio 2011 alle 17:16 | Permalink

IN MEMORIA DI LUIGI DI RUSCIO

Noi adesso ce ne andiamo a poco a poco
(Sergei Aleksandrovič Esenin)

Partecipo anch’io al compianto per la morte di Luigi Di Ruscio pubblicando questa sua lettera del 7 gennaio 2010. È un documento schietto di una memoria ancorata alla giovinezza (sua e della vita letteraria di questo Paese ora in disfacimento) e del suo umanissimo e controverso rapporto con il poeta mentore che lo seppe riconoscere. La confessione più intima non mi pare intacchi la sua immagine. Anzi ne conferma la vivacità. Un pizzico di follia ce l’abbiamo tutti. [E.A]

*
7 gennaio 2010

Caro Abate, ho ricevuto oggi il numero 6 di dicembre [2009] di Poliscritture, vi ringrazio molto, ho pubblicato a maggio CRISTI POLVERIZZATI, editrice LE LETTERE, collana FuoriFormato diretta da Andrea Cortellessa. Vi prego di leggerlo, costa 25 euro è un libro di 307 pagine. Non ho la possibilità economica di spedire i miei libri. Una piccola curiosità, come avete avuto il mio indirizzo postale?
Ho visto che ti interessi molto di Majorino, tutti e due abbiamo iniziato a pubblicare con lo stesso editore Arturo Schwarz, io nel 1953 con la raccolta “non possiamo abituarci a morire” e Majorino nel 1959 con “la capitale del nord” cioè Milano la città dove viveva lui. Infatti nella mia prima raccolta vi è un lungo poemetto dal titolo “la città dove viviamo” devo riconoscere che sono stato molto precoce sono nato nel 1930.

lunedì 21 febbraio 2011

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Augusto Villa
In cattivo Stato














Ma basta!..
La carta, la biro

uno Stato baro

che fin da piccino
non mi fu caro.

Stato di plagi
di voto, di broglio
di stragi
corone e cordoglio

Stato di scandali
di casi irrisolti
dei mammasantissima
al solito assolti.

Uno Stato corrotto
che si crede bello
che svende patenti
poi ti chiede un capello.

Scusatemi tanto ma
è ciò che sento
forse mi sbaglio
ma almeno non mento.

CONTRIBUTI
Rita Simonitto
Sulla poesia
(che scrivo rigorosamente
in minuscolo!)



Lettera a E.A.

Caro Ennio,

anche se non ho avuto il tempo materiale di rispondere volta per volta, ho seguito con interesse il dibattito sulla poesia fra te e Leonardo Terzo sul blog MOLTINPOESIA.

Vorrei esprimere qui alcune mie riflessioni che non hanno certo una competenza specialistica ma penso possano servire, così come, immagino, possa servire ogni valutazione che viene da un osservatore esterno.

Ci fu un tempo in cui anch’io credevo nella Poesia, nell’Arte, nella Psicoanalisi, nella Lotta di Classe, nel Comunismo… (ovvero quello che tu descrivi come “ciò che abbiamo desiderato o sperato: cose o persone o mondi, che allo stesso tempo ci apparivano (o credevamo potessero essere) belli e buoni e giusti e umani o magari santi”) [da E. Abate, Sulla Bellezza e oltre]…e poi, purtroppo non molto POI,  ho scoperto che si creava uno stato di  perniciosa confusione non solo tra il nostro, sia pur legittimo, desiderio e la realtà, ma anche, metodologicamente, fra quello che è il lavoro di astrazione (che poi deve confrontarsi, volta per volta, con il concreto, anzi, con i vari aspetti del concreto) e quello che è il processo di assolutizzazione e generalizzazione.
Nello stesso tempo, però, poiché ‘esiste’ anche la percezione soggettiva di quell’istante fugace in cui si realizza quella specie di unione ‘mistica’ fra il desiderio e la sua realizzazione, o, in campo estetico, tra contenuto e forma -  e questo non lo possiamo negare -, rimane il problema di come ciò che potrebbe essere un puro ‘delirio soggettivo’ (anche in senso clinico) si possa trasformare in un patrimonio esperienziale della collettività. Ed è qui che, secondo me, iniziano i problemi.

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Emilia Banfi
Paesaggio urbano












PAESAGGIO URBANO.

Dentro il giardino
dentro il recinto di ferro
scatta il tulipano giallo
sopra, la rondine
dal petto grigio.
Stride l'arrivo dei tram
nello specchio di Armani
più avanti quello del cinese
riprendono la vita
ogni giorno come un faro
ed io che sono moviola
mi accendo al suono
di un campanile lontano
di una panca di sasso
di un raggio caldo
sopra un cappottino verde
tra un fresco bacio
e i libri a terra
-Disordinata!-.
Più ripida sta sempre là
la scalinata di marmo bianco
di fronte la finestra vuota
s'affaccia ancora
il ragazzo dai capelli biondi.
La Montecatini ha chiuso
qualche vetro rotto
finge di non vedermi
Che piango a fare!?
C'è una mostra di Goya
a Palazzo Reale.

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Maria Maddalena Monti
Musiga e puesia


MUSIGA E PUESIA

La puesia l’è quand  stem
col nas in soeu
a guarda i nivul che passen
in un ciel che l’è peu
quel d’una volta.
Celestin de matena prest
e senza un’ umbrìa de foeum.
La puesìa la canta pian
se pensum a quand serum giuvin
all’amur.....
quand ghe tremaven i gamb
insema al coeur.
La puesìa l’è peu quela
vusata da la stanza
quand fasevum i mistè
e vedevum i fiuritt
bei, bianc e ross.
L’è un parlà fra nung
in confidenza,
un fil d’acqua, una rugeta ligera
de sentì senza parlà
intant che la passa.

domenica 20 febbraio 2011

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Stelvio Di Spigno
Tre poesie



Carità

Ora vedo con il senso peggiore, la chiarezza
di una mente impallidita, il lampeggiare
di una casa sul Lido di Ostia e due ragazzi in amore
ch’erano dentro a quel loro solo mondo e

come sognavo il loro stesso mondo, il loro
luogo che non mi apparteneva, ma alla fine
volevo essere lui, volevo essere lei,
che posso farci se non so chi sono:
volevo replicarli e a nessuno è concessa
questa follia di chi è nato per niente.

L’avrei vista in una chiazza di dolcezza
forse rancida dopo pochi anni
avrei nuotato insieme a quel suo corpo,
è troppo bello non essere se stessi.

In una casa lì sul Lido di Ostia
rimane un libro e una dedica in segreto
è lì che la mente ci si ammala
per capire come nascere di nuovo
e con una camicia incrostata di sabbia mentecatta
copriamo ogni luce e facciamolo apposta
perché nessuno mi incontri da vicino
e nessun occhio mi veda mai più.

sabato 19 febbraio 2011

MOLTINPOESIA CONTRIBUTI
Cronache di poesia del Novecento
di Maurizio Cucchi
Recensione di
Giuseppe Beppe Provenzale


 




Cucchi-san
attenziona la platea
illuminandola

Un haiku forzato per sintetizzare una serata assai speciale alla Palazzina Liberty.
Alcuni dei nomi più significativi della Poesia milanese (e nazionale per traslato) erano presenti alla “prima” del volume di Maurizio Cucchi Cronache di poesia del Novecento (Gaffi, 2011).
“…Se fossi stata ancora un’insegnante l’avrei raccomandato come testo scolastico” ha commentato Valeria Poggi, curatrice dell’opera.
Una ciclopica raccolta di ritratti introduzioni e saggi che Cucchi - dal periodo dell’Università Cattolica ad oggi - ha pubblicato su La Stampa, Belfagor, L’Unità, Panorama, Linus, Il Giornale, Paragone...
I più significativi poeti italiani del Novecento sono stati recensiti e commentati in profondità, a volte semplicemente elencati o letti per dovere di cronaca, a volte partecipati con la forza dell’io poetante. In sala sono risuonati i nomi delle grandi figure del secolo: Raboni, Saba, Ungaretti, Rebora, ma casualmente non Montale e Quasimodo.

venerdì 18 febbraio 2011

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Luisa Colnaghi
Lussuria













Lussuria

Mare del desiderio
l'onda travolgente
frange l'animo acceso.

Lussuria dama sfrenata
danza del piacere
- sei servo annichilito.

Ossessione confusa
brama incontrollata
giovinezza e bellezza
divertimento senile.

Scontento e deluso
approdi al porto perverso
scendi più in basso
alla taverna del vizio.


DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Paolo Pagani
Poesie
introdotte da Enzo Giarmoleo


Milano reading , poetry slam, open words, letture.. un poeta, Paolo Pagani.

Sicuramente la sottile ironia è uno degli elementi fondamentali  della poesia di Paolo Pagani poeta, scrittore e filosofo. Ma per carità ! Non costruiamo stereotipi! Altrimenti  " i grumi del passato abbandonati non passeranno mai nel tritapelati ". Così dicono alcuni suoi versi ironici e inquietanti. Leggendo ci si accorge che molteplici sono le caratteristiche del suo mondo poetico. I giochi di parole  e la memoria del quotidiano si fondono continuamente con l´ironia senza soluzione di continuità. Il tutto diventa una concezione del mondo che assume nelle parole del poeta una leggerezza che ci solleva da certe cupe atmosfere poetiche che portano alla depressione del lettore e dell´ascoltatore. Anche i temi più tragici possono partire dall´ironia del quotidiano più familiare per approdare a precisi distinguo, prese di posizione contro la guerra.

giovedì 17 febbraio 2011

SEGNALAZIONE
L'Ulisse n.14
Il paese guasto
L'Italia vista dai poeti

L'ULISSE n.14

rivista di poesia, arti e scritture:

direttori: Alessandro Broggi, Stefano Salvi, Italo Testa

IL PAESE GUASTO 

 L'ITALIA VISTA DAI POETI


In mezzo mar siede un paese guasto
(Dante, Inferno, XIV, 94).

Tema di questo numero de L’Ulisse è “Il paese guasto”: è cioè incentrata, questa nuova uscita della rivista, sull'Italia, vista da poeti e da autori.
Tale la designazione: e se guarda all‘ampio di guasto in ogni forma di noi, dal nostro “vivere istituzionale” a ciò che coglie la nostra fiducia (di futuro, di presente), ed alla nostra “forma” di vivere (in comune, nel chiuso di noi e di identità nostre, chiuse dal fuori), anche vuole osservare le “cose attorno” – realtà di/del paesaggio, attorno a noi, entro cui viviamo, di che viviamo.
Ci è parso necessario: oggi, a centocinquant‘anni dall‘unità, le varie “percezioni”, i “possibili” (non solo a riguardo di “grado di soddisfazione economico”) davvero delineano il volto del Paese – le cui impossibili/possibili percezioni sono il nostro “volto” qui – e l’ “attuale” non può lasciarci come presenza che un interrogativo.
(tratto dall'editoriale di Stefano Salvi)

DA http://www.lietocolle.info/it/l_ulisse_n_14_il_paese_guasto_l_italia_vista_dai_poeti.html
dove si può scaricare il PDF del numero

mercoledì 16 febbraio 2011

CONTRIBUTI
Lucio Mayoor Tosi
Il nuovo

L’efficacia politica ha sempre di fronte queste alternative. Ma ai mezzi estetici non si può chiedere a priori di svolgere un compito immediatamente politico o di ottenere un esito prestabilito, proprio perché l’estetica è un tipo di discorso che, sebbene operi in un contesto politico e abbia una reale importanza come tale, deve essere considerato e accettato alle sue condizioni, e non costretto lavorare in modi impropri, più semplicistici e diretti. Il compito specifico del discorso letterario è operare al livello inventivo e immaginativo dell’originalità: se non è formalmente innovativo non è politicamente efficace, e neanche politicamente corretto.
                                                                                 ( Leonardo Terzo, Ridare funzione politica alla poesia. Leggere attentamente le istruzioni)

"se non è formalmente innovativo non è politicamente efficace, e neanche politicamente corretto."
Non so perché questa frase scritta da Leonardo Terzo mi sia rimasta in mente. Fa pensare alla fervida attività delle avanguardie di ogni epoca, eppure non è così perché quel "formalmente" è scritto chiaro. Non si tratta della ricerca del nuovo a tutti i costi, argomento già trattato ampiamente negli ultimi decenni, ma di una semplice questione formale: di linguaggio, di stile.  Al nuovo da dire, al nuovo nel contenuto del messaggio, non ci si pensa. Giunti alla fine del secondo millennio il nuovo stenta a farsi riconoscere e rischia una congestione chi si avventa sulle briciole.
Quel "formalmente" mi fa pensare che il nuovo potrebbe stare nel cercare di dire le cose che sanno tutti. 

La tecnologia ha fatto passi innovativi straordinari… eppure quando piove usciamo ancora con l'ombrello, e per leggere molti usano gli occhiali che sono invenzioni ormai secolari. Il nuovo non è solo, c'è anche il permanente, solo che lo diamo per scontato. Tutt'al più diciamo che è risaputo. 
Eppure non sono certo che sia così. Non possiamo dire con sicurezza quali sono le cose che sanno tutti, che tutti hanno dentro, nei loro pensieri e nelle loro emozioni.  Individuare le cose che sono in tutti potrebbe essere la novità. 
Se questo è vero, la ricerca del nuovo a tutti i costi è un difetto, e quel "formalmente", se lasciato solo, potrebbe essere alla fine insufficiente.

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Emilia Banfi
Se non ora quando?

Per una riflessione sulla "manifestazione delle donne" del 13 febbraio 2011









Donne offese
polline sulle strade
nelle piazze
in attesa del vento
lo stesso che soffiava
sulle nostre spalle
in quegli anni di brigate
di lotte senza reggiseni
che fare ora che tutto
è reggiseno col ferretto
di pizzi o di seta fine
come il filo dello slip.

CRITICA
Ennio Abate
Dan-Nazione Inglese-Indiana!

 Per continuare la discussione su poesia e politica.
Samizdat di E.A. pubblicato 14 febbraio 2011 alle 12:43  sul sito di NAZIONE INDIANA nello spazio 'commenti' del post

Poesia civilizzata sul popolo egiziano


di Andrea Inglese

Caro Andrea Inglese,
mi scuso per questa mia incursione incivile in Nazione Indiana. Le cose fuori dai denti che di seguito dirò forse oggi ti entreranno da un orecchio e usciranno dall’altro, ma io le invio a quel giovane che avevo conosciuto come studioso di Fortini e di Majorino, due scrittori vecchi più di me, ma che, in misura diversa e con scelte politiche e stilistiche diverse, non si erano/sono assoggettati alla democrazia pluralista di cui in questo sito senza bussole si discute.
La tua «poesia civilizzata/ in lingua umana, tutta scaturita da dentro», con il suo «contenuto» pur esso «in lingua umana», non mi è piaciuta. È ben scritta. Si “capisce” dall’inizio alla fine. Ma che me ne faccio della forma “bella” e “comunicativa”, se trasmette il pessimo e falso (per me) messaggio politico che in Egitto, con l’aiuto di Obama e degli USA, il “popolo” o “la gente” ««si fa la democrazia da sola», come se fosse in un paese liberato dai suoi invasori o dittatori?

sabato 12 febbraio 2011

CONTRIBUTI
Giorgio Mannacio
Sulla poesia


 Lettera aperta a Ennio [Abate]: non nel senso della polemica ma nel senso della natura pubblica e colloquiale

I.
Ho sempre messo la riflessione sulla poesia ( riflessione che ritengo necessaria ) dopo il fare poesia .Stento , dunque , ad entrare con specifica competenza in un discorso astratto e ideologicamente formulato sulla base di una mancanza di esperienza.
Poiché vivo la mia come una particolare forma di pensare il mondo ( termini che presuppongono una totalità) condivido molte delle tue riflessioni. Rispetto ad esse la mia lettera si presenta – dunque – come pubblica e colloquiale. Le tue considerazioni sono – credo – anche il frutto di quell’esperimento, impegnativo e interessante, che si chiama Moltinpoesia che ha portata teorica oltre che rilevanza pratica. Tale direzione porta inevitabilmente a riprendere , per sommi capi , la questione su come deve parlare la poesia ,nodo nel quale è compresa anche l’altra questione di che cosa si deve occupare la poesia.

venerdì 11 febbraio 2011

CRITICA
Ennio Abate
«Ragazzi
tanto per staccarci un po' dall'intellettualità…».
Sottotitolo: Ma se la spina l’abbiamo staccata
almeno dagli anni Ottanta!

Ennio Abate a Lucio Mayoor Tosi (scusandomi di aver fatto un post, ma nello spazio commento non c'entrava)

Siamo, infatti,  passati senza accorgercene dal ”siamo tutti intellettuali” (ai tempi di Gramsci, quando essere intellettuali era un privilegio per pochi e un’aspirazione per molti) all’ “Abbasso gli intellettuali” (ai tempi nostri, della TV, del Web, della società dello spettacolo).
E nella nostra mailing list serpeggiano eufemistici o sibillini messaggi che in sostanza dicono: Gli intellettuali  sono non-concludenti.(Io, con il mio intelletto, traduco: inconcludenti, cioè parlano e parlano ma non concludono un c…). La solfa viene ripetuta in vari modi. Con gran spreco d’intelletto, secondo me (perché per scrivere un post  e mettere  quattro frasi in fila un po’ d’intelletto pur necessita)  e abbondanza di fumo.

CONTRIBUTI
Lucio Mayoor Tosi
Gli intellettuali e l'esperienza



Ritengo che dal punto di vista esperienziale, l'attività intellettuale sia da ritenersi non-concludente. E ritengo che chi sostiene che gli intellettuali debbano svolgere il ruolo provocante del risveglio delle coscienze, vuoi nella direzione di combattere l'ingiustizia o più semplicemente per sconfiggere l'ignoranza che genera apatia e asservimento, si sbaglino se credono che ci si debba concentrare principalmente sul dissenso oppure sul miglioramento qualitativo della cultura. 

Manca il rilievo della verifica esperienziale, cioè l'osservazione dello stato delle cose, meglio se condotta senza l'ausilio di qualsiasi ideologia. Con questo non intendo puntare all'azzeramento del dibattito, al contrario vorrei porre un valore aggiunto e fin qui sottovalutato, quello per cui ogni idea intellettuale, ogni concetto e ogni aspirazione, debbano avere il coraggio di confrontarsi con la sensibilità e l'osservazione del vissuto personale.