Con interesse, ma sempre
più scuotendo la testa, ho letto l'intervista (qui) di
Paolo Polvani a Roberto Maggiani, poeta e curatore del sito La
Recherche. Riallacciandomi in parte a quanto scritto nel dialoghetto n.2
tra Samizdat e il Poeta Invisibile (qui),
pubblico questa lettera di commento critico, sollecitando una discussione a più
voci. [E.A.]
Gentile Roberto
Maggiani,
guardo con favore ogni
tentativo di scuotere i poeti dal sogno della poesia “pura”, autosufficiente,
sacralizzata e per lo più evanescente. Ma - anticipo la mia opinione - ho
trovato il suo modo di impostare il problema del rapporto tra
poesia e scienza poco attento agli sviluppi storici di entrambe e rischioso per
la piega “spiritualizzante” che vedo nel suo discorso.
Oggi abbiamo tanti modi
di fare poesia (semplificando: tante poesie) e tanti modi di fare scienza
(tante scienze). Questa pluralità da un lato può essere un vantaggio (più
voci mostrano spesso più di alcune, magari anche eccelse), ma dall’altro è un
problema in più, confonde certi tracciati sicuri; ed è segno comunque di una
crisi che, come tutte le crisi, può
avere esiti imprevedibili e persino disastrosi. (Nulla è scontato e gli esempi,
passati e attuali, non mancano).
In passato poesia e
scienza ebbero ciascuna una propria indiscussa e autorevole unità. Oggi non più.
Si pone allora un problema: i molti produttori
della enorme e caotica valanga di testi scritti o spesso anche di
espressioni orali, che classifichiamo ancora col termine 'poesia',
e i veri e propri eserciti di esperti in saperi formalizzati e
specializzati (o iperspecializzati), che, al servizio di istituzioni (macro e
micro) economiche e politiche e spesso soprattutto militari (aspetto, quest’ultimo,
niente affatto trascurabile), fanno quella ‘ricerca’, che ancora
indichiamo col nome di 'scienza' (o 'scienze'), possono davvero incontrarsi, ascoltarsi, dialogare?
E, di conseguenza, si
pone pure una serie di obiezioni angoscianti: ci sono, cioè, le condizioni
minime (e indispensabili) per permettere un dialogo, un ‘rapporto’ tra poesia e
scienza? E di che tipo? La convinzione (speranzosa) che, pur partendo da
presupposti e strumentazioni diversi, poesia e scienza siano due modi di
conoscenza che attingono allo stesso “reale”, o l’ipotesi che potrebbero attingervi, che fondamenta hanno?