Proseguendo il discorso su La polis che non c’è. Tre modi di interrogarsi in poesia sul venir meno della polis e della società civile pubblico pubblico gli appunti di di lettura di G. Lucini sulla mia raccolta Immigratorio [E. A.]
Appunti per una lettura di “Immigratorio”, di Ennio Abate
“Immigratorio” è un’opera polimorfa, non nel senso di avere
più di una forma (è, anzi, un qualcosa in sé unico, anche se sulla scia di
diverse scritture, anche italiane: mi viene in mente ad esempio a Giovanni e
le mani, di Fortini) ma nel senso che sta dentro la logica di diverse forme
di scrittura. E’ un romanzo storico, ma è anche un poema, è un racconto
personale di vita e di identità ma è anche un racconto paradigmatico e
generazionale o anche di classe (quella degli immigrati), è un’opera di poesia,
ma anche una testimonianza sociologica che tratta dell’incontro di due realtà
ambientali molto diverse e, infine, capace di alludere anche alla realtà
dell’immigratorio contemporaneo, dai paesi poveri al nostro Paese. E infine vi
è il risvolto linguistico che fa dialogare lingua e dialetto in maniera viva e
sinergica.