martedì 23 marzo 2010

Ennio Abate/ Sulla poesia della Szymborska? No, sulla poesia-specchio di chi la legge

Non m'interessa molto questo buttarsi a pesce su una poesia della Szymborska per dire in fin dei conti che cosa? Che a me piace o a me non piace.
Ma questo è scontato in partenza. Ci saranno sempre due partiti in poesia: quelli  dell'A ME PIACE e quello dell'A ME NON PIACE. De gustibus etc.
Poiché io non dimentico mai che saremmo nel Laboratorio MOLTINPOESIA, m'interessa  di più quello che trapela del mondo e del modo di pensare il mondo (e la poesia) di chi legge, reagendo al testo (meglio alla traduzione) della poetessa premio Nobel Szymborska.
E allora m'interessa capire:
1) se è giusto che Semy difenda "quelli che amano veramente la poesia in maniera libera da critiche" e apprezzi solo e soltanto  la poesia dei "fanciullini"("Trovo il tutto come un meraviglioso frutto maturo in un cuore infantile e vero");
2) perché Giovanna  ha una visione così rigida del fare poesia, tanto che per lei nella poesia è addirittura obbligatorio "lo straniamento, la sovversione delle regole fisiche ed emotive. Altrimenti è noiosa descrizione in belle parole della realtà"; o perché, in questo avvicinandosi all'opinione di Semy, sostiene, sempre in modi apodittici, che "i poeti sono come i bambini: quando scrivono i loro piedi non toccano per terra";
3) perché Beppe solo stavolta, a proposito della Szymborska, introduca obiezioni di tipo politico sociologico in altri casi respinte ("se non fosse stata di un premio Nobel chi filerebbe questa poesia di prosa interrotta?");
4)  perché Giuseppina trova facilmente nella Szymborska  "degli elementi che richiamano la semplicità dell’haiku e dello zen" e cancella o non ne considera altri che permetterebbero forse di inserirla in una tradizione più polacca o europea o altro.
5) perché Marcella, attirata (così mi sembra) soprattutto dal contenuto di una poesia della Szymborska ("una che mi piace molto ("ma molto, e non c'è bisogno che ti spieghi il perché) ed ha a protagonista un gatto", (finora!) non è stata ancora accusata da Leonardo di "insensatezza", mentre io, per aver collegato politica e poesia, sì;.
6) perché Mario  sia a caccia di emozioni, anche quando - e lo dichiara lui stesso - si trova di fronte ad una poesia-riflessione ("La poesia-riflessione-sulla-poesia della Szymborska non mi ha dato nessuna emozione").
Ecco,di queste cose (delle enciclopedie di partenza con cui un lettore s'accosta alla poesia) vorrei discutere.
Perché in fondo non sono d'accordo in un modo o nell'altro con nessuno di voi. Perché: 1)sono convinto che la buona critica faccia bene alla buona poesia e ai buoni lettori; 2) lo straniamento e la sovversione delle regole fisiche può essere noioso quanto la piatta descrizione della realtà; 3) una poesia, astratta dal contesto (storico, politico, sociale), rischia di apparire un qualcosa che chissà da dove vien fuori (e il lettore può pensare che venga da un aldilà e non da un aldiqua); 4) L'Oriente è "di moda", ma l'"orientalismo" è un'ideologia; 5) il contenutismo ha (per me) delle buone ragioni e non lo cancellerei mai con la gomma del puro formalismo; 6) perché ho imparato a non disprezzare (crocianamente) la poesia-riflessione e a non più  adorare la poesia-emozione. Ma anche perché conosco poco o nulla la Szymborska. E, a meno di non  avere qualche illuminazione leggendo una sua raccolta o incontrandola o leggendo un saggio approfondito sulla sua poesia, preferirei passare ad altro.
Ciao
 Ennio

6 commenti:

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Moltinpoesia ha detto...
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Moltinpoesia ha detto...

Anch’io sono un ammiratore della Sz. e volevo intervenire perché la sua produzione nella veste in cui arriva a noi, mi induce ad una rapida riflessione che andrebbe approfondita e riletta, ma non ne ho proprio il tempo, avendo molto lavoro arretrato.

La poesia tradotta perde metà delle sue caratteristiche, cioè la musica del significante. Quella che eventualmente arriva a noi è la musica di un altro, cioè del traduttore. Rimarrebbe il significato, che appunto perché è solo una parte della poesia appare spesso prosastico (termine impreciso, ma non abbiamo di meglio).

Questa perdita è più o meno grave. Per esempio nella poesia simbolista ed evocativa, la perdita è quasi totale. Nella poesia narrativa è meno importante. Per esempio Bukowski perde pochissimo. Anzi secondo me, che non sono un suo ammiratore, la sua versificazione è ironica, forse proprio una presa in giro del verso. Viciani non vuole accettare questo fatto e la prende prosaicamente sul serio, cambiando gli a capo originali. Questo si capisce perché abbiamo il testo a fronte. Invece nella Sz. Il ns giudizio è aleatorio, perché anche col testo a fronte non capiremmo niente. La sua poesia non è tanto evocativa e neanche narrativa. Mi sembra piuttosto concettuale, al massimo epigrammatica, pure avendo tratti evocativi e narrativi. Il fatto che, per quanto ci perviene, la sua poesia è fatta di ragionamenti e invenzioni di pensiero non banali (certe volte di più altre di meno) ce la fa apprezzare per quello che dice, una sorta di filosofia minore concisamente presentata, il che non è poco, ma non saprei giudicare per il resto.
Leonardo

Moltinpoesia ha detto...
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