sabato 13 marzo 2010

Ermellino Mazzoleni: Su "Si pe’ piacere appena appena parle" di Mario Mastrangelo (aprile 2008)

Mario Mastrangelo, salernitano, è uno splendido poeta che scrive nel dialetto della sua città ed
ha al suo attivo parecchie raccolte poetiche: ‘E penziere ‘r ‘a notte (I pensieri della notte), 1992; ‘E
terature r’ ‘a mente (I cassetti della mente), 1994; ‘E ttégole r’ ‘o core (Le tegole del cuore), 1997; ‘O
ccuttone cu ‘a vocca (Il cotone con la bocca), 2000; Addò ‘e lume e ‘i silenzie (Dove i lumi e i silenzi),
2004; infine: Si pe’ piacere appena appena parle (Se per piacere appena appena parli), luglio 2007.
Èuna raccolta importante per molti motivi, anche perché sollecita il lettore alla riflessione e al dialogo,
volti a comprendere il senso della vita. Una riflessione che non è serena contemplazione, ma un tarlo
esistenziale, richiama il kierkegaardiano “pungolo nella carne”. Il che si palesa subito nella prima
composizione e rappresenta l’inizio dell’itinerario del poeta dentro se stesso; si tratta di un colloquio
non aridamente intellettualistico, ma ricco di accenti dalla fresca sensualità.
è na fatica amara ‘a riflessione,
nun è nu scummiglià lieve e felice
com’ a chillo ca ‘o viento maleziuso
fa cu ‘e vveste e cu ‘e ccosce r’ ‘e gguaglione.
(È una fatica amara la riflessione, / non è uno scoprire lieve e felice / come quello che il vento
malizioso / fa con le gonne e le cosce delle ragazze.)
In questa panorama spirituale fermenta la voglia d’immenso e di eterno che il poeta tende ad
attenuare per vivere insieme all’altro l’aspra, oscura, concreta realtà. Si può anche leggere come la
drammatizzazione dell’essere e del non essere, espressa liricamente con termini semplici, con toni
discorsivi, con le parole della quotidianità. Più prosegue la lettura della raccolta, più si avverte che
essa germoglia dalla consapevolezza di poeta che Mastrangelo ha di sé, dalla ricerca della sua identità
di uomo e scrittore.
ce sta sulo nu specchio e nce se vere
chi simmo nuje, chi simmo overamente.
(c’è soltanto uno specchio e vi si vede / chi siamo noi, chi siamo veramente.)
Davvero il percorso poetico di Mastrangelo è tutto interiore; egli affonda nelle proprie radici, scava
nei meandri della psiche. Nella silloge il tema di Dio è ampiamente affrontato, sia con la speranza
della sua esistenza, sia con il dubbio di essa. Si evidenzia, inoltre, il desiderio di comprendere la vita
che si cela e si forma fra
gulìo, ricordo, ‘mmaggenazione,
suonno, rimpianto, realtà, finzione.
(desiderio, ricordo, immaginazione, / sogno, rimpianto, realtà, finzione.)
A tutto questo si aggiungono lo straniamento dalla realtà e il dubbio profondo dell’essere. Si
tratta di temi essenziali, originalmente risolti. In più, sono presenti una vena di meditazione, di
concentrazione sulle cose e sulle idee, un senso di spaesamento, di mistero, di surrealtà. Qui,
Mastrangelo è poeta- filosofo che riflette la realtà nelle cose più semplici che, in qualche misura pur
se parzialmente, s’identificano con la la vita.

Forse parlano pure,
l’hanno sentute, specialmente ‘e sera,
ma tu nun ‘e ccapisce e spaïsato
nce passe mmiezo com’a nu straniero.
(Forse parlano pure, / l’hanno sentite, specie di sera, / ma tu non le comprendi e spaesato / vi passi in
mezzo come uno straniero).
L’intera raccolta è attraversata da una sotterranea, e talvolta, scoperta tensione lirica. Il che
corrisponde a un lirismo non fantastico, ma che ha una base di realtà, denso dei forti e delicati sapori
della vita, fermentato di calda sensualità.
Jurnate c’attraversano
‘o bblu, ‘o cristallo e l’oro
e femmene zuccose
co tutt’ ‘o pietto ‘a fore.
( Giornate che attraversano, / il blu, il cristallo e l’oro / e donne succose / con tutto il petto fuori).
S’intuiscono un dolore attuale che ha radici antiche, una fresca collera che viene da lontano, il
senso della disaffezione e dell’umana incompletezza, e insieme, la coscienza dei limiti, delle
imperfezioni e delle fragilità umane. A questo si contrappone il gioioso sentimento esistenziale
descritto con semplicità, con pudore e con una straordinaria levità. Si pe’ piacere appena appena
parle è un’opera di grande sensibilità dove al centro c’è l’anima, ci stanno inoltre l’indagine
psicologica, le considerazioni filosofiche dell’età matura che si tinge di accettazione di una malinconia,
foriera di intime solitudini.
Il linguaggio preciso, pulito esprime una poesia senza bellurie esteriori, con forme asciutte e
rigorose che si affidano, più alla costruzione architettonica che alle immagini e ai suoni. Una delle
liriche più alte è: Ma che ce sta ‘a l’ata parte: una ricerca appassionata e disperata dell’entità
metafisica, una forte tensione verso Dio, densa di dubbio e, sullo sfondo, il perenne destino
dell’uomo. L’autore s’interroga sui temi che mettono in gioco l’esistenza umana. Mi piace sottolineare
le metafore intense che fioriscono le pagine: ‘A felicità, na casa sperduta / che passanno aggio visto ra
luntano; mmiez’ ê mmenne r’ ‘a sera prufumata; vase ‘e dulcezza cu vase r’addio; curalle ‘e gioia; ra
coppa ombre mannare.
Questa raccolta di Mastrangelo è un ragionamento sulla vita che appare talvolta difficile e
assurda; egli si fa poeta dell’esistenza che ha accenti di durezze e di rabbie come in Ce stanno mure.
Ancora, egli è poeta con la pulsione del non essere, che però si piega all’accettazione dell’essere,
poeta che si avvia all’approdo lento e faticoso all’eterno. Il suo cammino esistenziale e poetico, mano
a mano che si compie, tocca vette sempre più elevate, culminante con la composizione: Però ‘e
speranze noste, che si presenta come un testamento struggente e severo.
Però ‘e speranze noste,
e n’ha tenuto tante
rinto astipate l’anema scuieta,
nun ‘e ffacìte scenne
cu nnuje sott’â preta.
( Però le speranze nostre, / e ne ha avute tante / serbate dentro l’anima irrequieta, / non fatele
scendere / con noi sotto la pietra).
Occorre segnalare, inoltre, composizioni di un intenso lirismo nella scia della tradizione poetica
napoletana. Interiormente si esalta una fervida sensualità, che è contemporaneamente un’assenza di
sensualità. Mi riferisco, soprattutto, alla lirica: Come si niente fosse dove si riflettono esperienze non
conosciute, tralci di vita non vissuta; ciò non rappresenta una negazione d’esistenza, ma un
arricchimento spirituale. Credo sia giusto terminare queste note di lettura con la citazione di alcuni
versi di grande efficacia che s’incidono con forza nella nostra mente e nel cuore.
‘E ffemmene addó nun simmo trasute
camminano straniere
com’ ê vvite ca nun’ ‘ammo campato.
Cullano ncopp’ô passo
cuorpe vacante ‘e nuje,
nziem’ ê vvampe segrete
rint’ ê piette affunnate e dint’ ê sguarde,
ciele addô maje simmo state cumete.
( Le donne dove non siamo entrati / camminano straniere / come le vite che non abbiamo vissuto. //
Cullano sopra il passo / corpi vuoti di noi, / assieme alle fiamme segrete / affondate nei petti e negli
sguardi, / cieli dove mai siamo stati aquiloni).

Ermellino Mazzoleni
Bergamo, 9 aprile 2008

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