RIVELAZIONE
Togliersi il cappotto,
i pensieri,
togliersi.
Anche gli sguardi
degli altri,
appenderli alla soglia.
Lasciare le scarpe,
aprire le mani.
Appoggiarsi piano
all’ombra
all’osso sottile che
ci sostiene
al rivolo tiepido
dell’alito
sul vetro.
Ci sarà una tenda che
oscilla al balcone
e volti arsi di
un’antica bellezza muoveranno
come lime sul passato,
ci sarà un chiarore
oltre i muri dentro le
stanze
e nei corpi una luce che rotola
e s’incarna in brace
- una mano ostinata la raccoglie
in fondo
alle minuscole
fratture del giorno,
e trema -.
IL REPARTO
Lungo i corridoi lindi
i sentieri portano
orme inceppate,
gli sguardi hanno la
sostanza del vetro,
scivolano sulla fronte del giorno
– attraversano tanta ampiezza, tanto oblio
e riaffiorano, subito bruciati –
sono né forma, né
battito
solo gesto
benedetto dalla
sedazione.
Come mai
- se le menti qui sono
conchiglie
disabitate dal tempo,
risucchiate, trafitte
da una luce che non si
fa raggio,
ma trapassa la carne con aghi di ghiaccio
e intanto
sgretola memorie -
come mai
il desiderio qui non
gocciola via,
la paura rimane
incrostata nella madreperla
- basta raschiare con
l’unghia -
e intanto il pensiero si affila, si fa sottile come
velina
arde nell’istante
e poi si rivela?
E’ tra il letto e il
crocefisso
la bellezza,
il cuore del silenzio.
Ma noi scappiamo, come
da un rosario che brucia le dita.
(febbraio 2009)
2 commenti:
Versi di intensa drammaticità la loro costruzione aumenta la loro forza. Una realtà vista da vicino, senza sconti, pietosa.
Grande, Nicoletta Saccon. Ciao Emilia Banfi
Leggo da qualche tempo sul blog di una certa comunanza tra le poesie, volta a cercar di svegliare dall'alienazione, dall'automatismo e dall'inconsapevolezza. Nicoletta entra con profondità negli istanti, e questo si può fare, in fisica, se si viaggia ad una velocità più vicina a quella della luce. Il tempo rallenta, le cose si fanno più visibili, ma qui son cose dell'animo. Non è fisica ma poesia.
mayoor
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