Il 18 ottobre eravamo davvero molti (anziani ma anche giovani) per il primo incontro del Laboratorio. Leggere in gruppo i propri testi, sentire la propria voce davanti ad altre persone è, malgrado le riserve sui reading, un momento di autoriconoscimento e di verifica. Organizzaremo altri incontro nei prossimi mesi. Qui sotto pubblico i testi letti che mi sono arrivati. [E.A.]
Materiali letti:
Ennio Abate
CCOSE
GROSSE E PICCIRELLE
Chella se metteve na mane dinta camicetta
e
mme gguardave penzierose.
Ssì,
ssì - diceve - je rire
sulamente
ppe ccose piccirelle:
nu
sciore, nu cilluzze, na stelle.
E tu, nzalanute, sempe a penzà
a
morte, a miserie, ae malatie.
Nunn' o ssaje cche fatiche s'addà ffà
e
ccose piccirelle pe ffà campà?
E
je, nziste: Voglie rire sule doppe
quanno
o sciore sponte
mmiezze
a nu campe chine e granurinio
a
stelle luce ncoppa na città aggiustate
e
volene l'aucielle senza piglià schiuppettate.
Ma o munne è malamente!
Chi
vò troppe, chi vò tante
corre
dritt' ao campusante!
Co munne malandrine fammece pazzia.
Nge
voglie pruvà.
Forsse
primme do campusante
nu
poche puchurille o putimm'accuncià.
*Cose
importanti e cose trascurabili
Quella
si infilava una mano nella camicetta | e mi scrutava pensierosa./ Sì, sì -esclamava - io rido | soltanto per cose trascurabili:| un
fiore, un uccello, una stella./ E tu, scimunito, sempre a pensare| alla morte, alla
miseria, alle malattie. / Non sai che fatica ci vuole| per far vivere le piccole
cose? / Ed io, testardo: Voglio ridere soltanto dopo | quando il fiore spunterà
| in mezzo ad un campo pieno di granoturco | la stella luccicherà sopra una
città ben rifatta | e gli uccelli voleranno
senza rischiare schioppettate./ Ma il mondo è malvagio!| Chi vuole troppo, chi
vuole molto | corre dritto al cimitero! / Lascia che io giochi col mondo
malandrino. | Ci voglio provare.| Forse prima di finire al cimitero| possiamo
aggiustarlo un poco.
***
Fabiano Braccini
TUTTINFILA
Divise verdi in
fila per tre:
mitra in braccio bombe a mano,
coltellaccio seghettato
per potare liane e gambe;
nervi tesi
da energetiche ‘presine’.
Col cianuro sottolingua
vanno dentro alla foresta,
caricati soldatini.
Divise nere in fila per sé:
un elmetto doppio strato
per pararsi dalle schegge,
dinamite nelle tasche,
esche inneschi,
erbe amare biascicate.
Con borracce di bevande
vanno dritti nelle casbe
a guastarne i paradisi.
Divise rosse in fila per due:
generali in testa a tutti
con le sciabole levate,
luccicanti, insanguinate;
con gli sguardi
sempre uguali, allucinati.
Sono massa che sbandiera
ideali del momento
che domani cambieranno.
Divise grigie
a cento a
mille:
con libretti fili-d’oro
d’una santa ribellione,
con le bluse usate lise,
cappellacci;
baionette lama fine.
Con la fame nella gola
vanno dove non lo sanno
a far carne da macello.
Divise strette al seggiolino:
con mirage, mig e tornado
vanno in cielo a saettare;
hanno i pollici già pronti
per sganciare
vulcan, missili
aria terra.
Con asettiche missioni
per far pace con la guerra,
per far brace d’ogni vita.
Divise bianche crocerossine:
a tappare le ferite,
a tagliare mani e gambe
senza troppa deferenza.
Son dottori
senza patria né frontiere
per salvare bimbe e madri
nella giostra di granate
(attenzione al fuoco amico!)
Basta divise!
Baaastaaa! - Mai più
divise? Nessuna?
Sono sogni virginali,
u-to-pie con le ali
che mai in alto voleranno.
Son poeti e sono matti
che si svegliano sudati,
preda d’incubi notturni.
Son preghiere e imprecazioni:
son ‘fioretti’ … da coglioni.
***
Grazia De Benedetti
ISTANTANEA (4/11/10)
Due giovani Rom su una
panchina
lei armeggia con due valigie
lui parla al cellulare.
Forse sono appena arrivati
forse sono stati scacciati.
Forse.
Nel giardino nessuno a quell'ora.
Il giardino è accogliente,
non chiede chi sei né che fai
non disprezza il dove e il
perché.
Cinge d'alberi e prati
bisbiglia di fronde, non urla.
Il giardino è accogliente
quando non piove.
2 GIUGNO MI – TO (RISAIE) (2011)
Verde implume
aguzzo e rado,
immerso nell'acqua immobile,
specchia la luce del cielo
sagome d'alberi ombre di
tralicci.
Lunghe ripe terrose
lo spezzano con ordine.
Uccelli acquatici lo sfiorano,
vi atterrano morbidi,
il becco puntato al riso nascente
nel solletico di peluria sottile.
E' la stagione che la terra si
sposa con l'acqua,
nel ricordo di donne chine
affaticate nella guazza.
Il fascino del germoglio delicato
e sommerso
per chi non conosce il piegato
sudore.
***
Maria Maddalena Monti
LA NOSTA STRADA
E se peu ghe tucass
all’incuntrari caminà
‘n sta strada che semper
en fa in cumpagnia?
In mez i tusan lusisen
de splendur
cunt i brasc a fa bariera
Valzen i mamm
mè na bandera
i fiuritt pena
nasu.
Nanca ‘n fir
pour’n fazulet
tucc insema
de dre al funera.
E se infin ghe tucass
-_m’è l’è ciar-_
de per nung per semper
caminà
sta strada, la sarà
peu la nosta
strada.
[LA
NOSTRA STRADA
E se ci toccasse da oggi/da soli camminare/a ritroso
in questa strada/che sempre
abbiamo fatto in compagnia?/In mezzo, ragazze splendenti di
fervore/ insieme con le
braccia a far barriera*/.Giovani madri con trofei di
bambini appena nati/ .Neppure lo
spazio per un fazzoletto/assiepati dietro a un
funerale//E se poi ci toccasse/-come è
chiaro-/per questa strada da soli / per
sempre camminare/per noi,non sarà più/ la stessa
strada
*a far barriera. Per gioco le ragazze si tengono per
mano e ,ridendo impediscono di passare
(Dialetto bassa comasca)]
MINUTI
E ci consegnamo a questi giorni
che sfuggono fra le pieghe delle dita.
Ore,minuti fissati a punta di spillo.
Sull’atlante il viaggio prosegue.
Ma il dito puntato ritorna sempre
là,dove forse c’era
il nostro posto.
SONO UNA CASA
Sono una casa
piena di refoli di vento.
Di volta in volta
mi affaccio alle finestre.
Non finiscono mai
di aprirsi e di chiudersi
a mani senza spessore
che pure scardinano
le strette aperture
e
districano,ostinate,
grovigli di filo spinato.
Ma c’è un punto,
uno squarcio d’azzurro
sul tetto.
E lì ,come un respiro,
abito
***
Anna Maria Moramarco
SILENZIO
Chiudo gli occhi
e il mondo non esiste.
Silenzio.
Profonda assenza
estasi sospesa.
Silenzio.
Nel distacco da tutto
mi sento
sono io
esisto pienamente.
Silenzio.
IL PASSARE DELLE ORE
L’orologio della vita
scorre
sulle ore
passate e future.
L’oggi è scialbo
apparentemente inutile
molto faticoso.
Ci vuole coraggio,
un coraggio ardito
provato dalla solitudine e dalla
speranza,
nel sopportare
di trascorrere
col passare delle ore.
***
Nicoletta Saccon
RIVELAZIONE
Togliersi il cappotto,
i pensieri,
togliersi.
Anche gli sguardi
degli altri,
appenderli alla soglia.
Lasciare le scarpe,
aprire le mani.
Appoggiarsi piano
all’ombra
all’osso sottile che
ci sostiene
al rivolo tiepido
dell’alito
sul vetro.
Allora, nell’istante, vegliare.
Ci sarà una tenda che
oscilla al balcone
e volti arsi di
un’antica bellezza muoveranno
come lime sul passato,
ci sarà un chiarore
oltre i muri dentro le
stanze
e nei corpi una luce che rotola
e s’incarna in brace
- una mano ostinata la raccoglie
in fondo
alle minuscole
fratture del giorno,
e trema -.
IL REPARTO
Lungo i corridoi lindi
i sentieri portano
orme inceppate,
gli sguardi hanno la
sostanza del vetro,
scivolano sulla fronte del giorno
– attraversano tanta ampiezza, tanto oblio
e riaffiorano, subito bruciati –
sono né forma, né
battito
solo gesto
benedetto dalla
sedazione.
Come mai
- se le menti qui sono
conchiglie
disabitate dal tempo,
risucchiate, trafitte
da una luce che non si
fa raggio,
ma trapassa la carne con aghi di ghiaccio
e intanto
sgretola memorie -
come mai
il desiderio qui non
gocciola via,
la paura rimane
incrostata nella madreperla
- basta raschiare con
l’unghia -
e intanto il pensiero si affila, si fa sottile come
velina
arde nell’istante
e poi si rivela?
E’ tra il letto e il
crocefisso
la bellezza,
il cuore del silenzio.
Ma noi scappiamo, come
da un rosario che brucia le dita.
(febbraio 2009)
***
Flavio Villani
NELLA
BATTAGLIA
Nella battaglia
non si fanno prigionieri
e il cammino diventa obliquo
passo dopo passo
si fa obliquo e cauto sull’asfalto
sporco
mentre i tendini dolenti spingono
nella direzione più sbagliata
(verso i cecchini o fra le braccia
accoglienti di robusti macellai)
che quella giusta è sempre opposta.
Nella battaglia
– è chiaro, lo sa anche un bambino –
non si fanno prigionieri:
un piede oltre la soglia ed è troppo
tardi
di buon mattino è già il segnale
lo sai del finale che è sempre quello.
Le cuffie ben piantate nelle orecchie
(Bach con quel preludio è meglio
dell’indistinto clamore della lotta):
ah, quanta ingenuità
in tutte le parole dette e ridette
dimenticale se puoi
dimentica tutte quelle
che sarebbe meglio ricordare
dimenticarle è bene
la battaglia
è giusta, dicono
niente parole nessuna pietà
non c’è pietà per tutte queste facce
perdio nessuno ha pietà
nessuno ne avrà per loro
per l’avversario solo sconfitto
travolto sulla scala mobile di buon
mattino
nel passaggio fra linea rossa (Loreto
è oggi il nodo ma forse lo è sempre stato)
e quella verde (Piola, l’ultima stazione).
Nella battaglia
non si fanno prigionieri:
non inganni il profumo del cappuccino
e attenzione a dove vanno i piedi
a non pestare il sangue che veloce scorre
negli interstizi giù giù delle scale
mobili
fino al binario che dritto e scuro
corre
fino dentro il cuore (di sicuro via di
qua).
Cammina cauto amore mio poiché nella battaglia
per l’avversario non c’è pietà. E così sia.
16-18 ottobre 2011
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