Il tempo che non venne
Non
pare - mi dico mentre scrivo
un mucchietto di versi servili -
l'inverno più freddo della storia.
un mucchietto di versi servili -
l'inverno più freddo della storia.
Ma
certo è qualcosa, è certo qualcosa
questa pastetta di terra umida,
questa pastetta di terra umida,
questo
grumo sporco
che si
apparenta al cielo e resta giù
cascando e cascando
cascando e cascando
desolato
e incomprensibile
- come
desolata è la mia furia di uomo
che non possiede nulla e zoppica
che non possiede nulla e zoppica
non
sostenuto neppure da catene o dall'artiglio
che strazia col suo gelo di speranza,
che strazia col suo gelo di speranza,
ed
essere senza nome, impronunciato,
è una grandezza che fa tremare.
Ma non
dimenticata resta la freccia della Legge
che dava all' aprile la carezza della vittoria.
che dava all' aprile la carezza della vittoria.
La
giovinezza del mondo non ebbe peso
e non
contarono i suoi muretti scrostati,
i volti
su pietra millenaria,
le
fabbriche in disuso, i tumuli senza nome.
Si
camminò per chi - polvere d'ossa
illacrimata - non ebbe gambe né stampelle.
E nessuno volle essere cosÌ cieco
illacrimata - non ebbe gambe né stampelle.
E nessuno volle essere cosÌ cieco
-
nessuno cosÌ pazzo da lanciarsi contro il cielo del futuro
con la dolorosa coscienza di chi sa
con la dolorosa coscienza di chi sa
l'umiliante
pace col proprio cuore borghese.
Non
germogliò il seme comune
- la
sua grazia è senza casa, sparsa nell'
aria
di quelle perdute stagioni - e ora so:
di quelle perdute stagioni - e ora so:
ciò che non fu bruciato si doveva bruciare.
Bisognava sparare meglio e di più
Bisognava sparare meglio e di più
- mirare con zelo
al nostro cuore.
Vladimir Nabokov: una
poetica
1.
Tu non
esisti più, Tschischwit,
manicomio di consonanti, mio prediletto
commentatore di libri,
manicomio di consonanti, mio prediletto
commentatore di libri,
critico
disordinato e pigro,
lettore
lussurioso.
lo
passeggiavo pieno d'orgoglio
sotto il sole di Malaga
sotto il sole di Malaga
e
pensavo a poesIe e ragazze
e anzi a cosa sia la poesia
e anzi a cosa sia la poesia
se non
un marzapane a tradimento
- una piccola rovina.
- una piccola rovina.
Più
invecchio, mi dico, e più non vivo
senza la rosetta spoglia
senza la rosetta spoglia
del suo
culo adolescente
e le
dita che fai scivolare
dentro
la mia bocca malferma, incatramata.
Mi
basta così.
Non eccelse poesie
Non eccelse poesie
e
qualche peccato capitale.
Mentre
a te questo schianto è negato.
2.
Tu che
amavi il cinema e il mare
non sei stata la passante acerba,
non sei stata la passante acerba,
la
ragazza che fulmina e scompare
o il
ricordo lacrimoso di un disastro.
Fu a Berlino che cominciammo
Fu a Berlino che cominciammo
a
passeggiare insieme
scoprendo
la felice spossatezza dei sabati
e, già stanchi d'emigrare,
e, già stanchi d'emigrare,
la mite
dolcezza delle domeniche europee
- nei parchi correvamo e
in riva al fiume
c'erano mulinelli di polvere, derrate di vento
che costringevano - noi felici per quelle -
c'erano mulinelli di polvere, derrate di vento
che costringevano - noi felici per quelle -
a
tornare in albergo mai troppo sbronzi.
Quella stanza fu il nostro liceo,
Quella stanza fu il nostro liceo,
la
chiave universale del futuro.
Oggi
arrivi - mi torni in sogno,
voglio intendere -
su un infiorato barroccetto nordico
su un infiorato barroccetto nordico
carica
di pugnali d'ogni foggia,
luccicanti
- e non so che
significhi
o dove
conduca questo satrapo notturno.
3.
Amo - tra tutti - i versi irregolari,
il crepitio di certe tronche,
il crepitio di certe tronche,
le
chiuse in volta acuta
che
rimano con lei.
Ma tu,
invece, avaro lettore,
pessima
spia, vittima delle mie imposture,
non riconosci più - seppure esperto
non riconosci più - seppure esperto
di
buone maniere -
le
parole piegate sul mondo
e
quanto costarono al briccone che ero
le pagine non aperte
le pagine non aperte
nei
lampi delle cancellature.
Agli anni Settanta
Non da questo seme, non da qui,
nei giorni vivi e vili io fui,
nei giorni vivi e vili io fui,
mi dicono, un poeta poetante,
innamorato, anche elegante.
innamorato, anche elegante.
Ora perduta ho l'eleganza.
Mi preferisco basculante in arcadia ego
ho imparato che non sempre la poesia
salva i poeti dall'idiozia.
ho imparato che non sempre la poesia
salva i poeti dall'idiozia.
Ògnina
Il
pensiero è a pochi secondi,
un palmo o due,
un palmo o due,
quasi
una bruciatura, dici sfogliando il calendario.
Ora c'è un vuoto che atterra,
Ora c'è un vuoto che atterra,
dalla
vela una saetta
scocca
verso il lido di Ògnina
- angolo senza più partenze
- angolo senza più partenze
e tuffi
e nuotatrici, zona morta.
Di dove
passi è così
a far
tappa nei caffè del dopoguerra
o in
freccia curva di blumacchiata notte
- ma tu allora che vai
- ma tu allora che vai
di casa
in cartolina a fare nido,
simulando, per ascese, il disonore?
simulando, per ascese, il disonore?
Noto
Così dovessi pensarti a
tarlo
di ventura - in un viaggio da fermo
nella stanza - non saprei cosa nascondere:
se il beccuccio di creta
se il beccuccio di creta
o la piccola stazione di Noto
da dove non parte niente
da dove non parte niente
o così pare nella poca luce
tagliata dal vento senza vele.
tagliata dal vento senza vele.
Ora è ferma su
di te
la velatura del clima
la velatura del clima
e un po' di febbre che ci stampa nella piazza
nel dormire a stento,
nel dormire a stento,
sapendo la luminaria d'agosto.
Ma tutto ricomincia
a quota zero
- e sarà stato un chiodo, credo,
- e sarà stato un chiodo, credo,
piantato nel cielo
stinto, il punto alto dell'
anno
inciso nella pietra, nel rantolo dell' auto,
inciso nella pietra, nel rantolo dell' auto,
un lembo di pellicola
sgranata nell' arancio
ne del tramonto.
Sulla tomba di Osip
Mandel'Stam
1.
Nel gelo trasporto gli ultimi cavalli
da una parte all' altra del fiume
da una parte all' altra del fiume
ma è una falda di sogno meridiano
nel mio cervello rinsecchito come un limone
dietro la casa che rivedo attraversando
dietro la casa che rivedo attraversando
la metrica dei poeti antichi
nell' ora più vetrosa del
soffocamento.
Ci sono, lo vedo, piccole cose a grappoli
come note al libro imparato a memoria.
come note al libro imparato a memoria.
Le leggo scritte in lontananza,
con fatica, nella placca d'umido:
tenetemi sveglio, sfrigolate i nervi
dove questo sfidarsi, fidanzarsi
con fatica, nella placca d'umido:
tenetemi sveglio, sfrigolate i nervi
dove questo sfidarsi, fidanzarsi
o «lavati i denti, nettali
per la tomba,
tienili bianchi come latte»
tienili bianchi come latte»
è un raggiro per brillare
in una notte del futuro.
2.
Senti? Questa musica del
secolo
battuta da ossa e cielo
battuta da ossa e cielo
è come una scossa
d'insetto morente
che fa tremare il legno del traghetto
al calore dei cavalli in ansa.
che fa tremare il legno del traghetto
al calore dei cavalli in ansa.
Sterpi e calcinacci dalla finestra
chiamano:
un sistema perfetto
un sistema perfetto
di cavi elettrici mi scuote,
incendia il continente
incendia il continente
di quest' anno che finisce
scivolando sui vetri di una felicità confusa
a chissà cosa che risponde
a chissà cosa che risponde
- ma che farfalla è?
Sulla
tomba di Walter Benjamin
Spezzando
il gioco mortale
non
volesti essere nemmeno cenere,
rimasuglio, pietra, polvere
rimasuglio, pietra, polvere
- ma
senza terra,
buio
intangibile.
Oggi,
qui, in nessun luogo,
guardo la fatica dell' angelo
guardo la fatica dell' angelo
che
soffia dentro una trombetta
che non c'è - perduta per sempre:
annuncia priva di suono
che non c'è - perduta per sempre:
annuncia priva di suono
la
propria miseria di scricciolo
in ogni orma, in ogni tumulo.
in ogni orma, in ogni tumulo.
Le gote
gonfie di fiato a perdere
- esserino ottuso, mutilato,
buffo da far piangere -
- esserino ottuso, mutilato,
buffo da far piangere -
e
scheggiate resistono le ali
in un
lampo d'ossa che rimane
senza altezza né caduta.
senza altezza né caduta.
Fuori è
sempre una minaccia,
una
dedica. Né io né il gelo arretriamo.
Questo mantice che hai nutrito
Questo mantice che hai nutrito
porta
via verso un tempo senza pace
- dove
il passo secco delle ronde
nemmeno a giorno fatto ammutolisce.
nemmeno a giorno fatto ammutolisce.
*Le poesie sono state scelte da E. Di Mauro, Il tempo che non venne, Lavieri ed.
*Enzo Di Mauro è nato a Paternò, in provincia di Catania, nel 1955.
Con Notturna (1987) ha vinto il premio Montale della giuria tecnica.
Ha curato tra l’altro La parola innamorata (1978, con Giancarlo Pontiggia)
e dal 1969 ha esercitato una ininterrotta attività pubblicistica per molte testate,
tra cui «La Fiera letteraria», «La Gazzetta di Genova», «Il Globo»,
«Italia Oggi», «Paese sera», Radio popolare, «Liberazione», Radio Rai,
«Diario», «Corriere della Sera», «Il Messaggero».
Da parecchi anni svolge un intenso lavoro di cronista letterario
per il quotidiano «il manifesto». Vive tra Milano, Arona e Roma.
1 commento:
Leggo queste poesie e sento il bellissimo connubio tra metafora , malinconia e forza legate da una grande voglia di perfezione, insomma un risultato davvero ottimo. Poesie anche queste come anche quelle del post precedente d'alto impegno e davvero da conservare. Emy
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