domenica 11 novembre 2012

Emilia Banfi
Amore Rabbia Confessione
ANNE SEXTON



Propongo questa poetessa ( novembre 1928, Newton, Massachusetts 4 ottobre 1974) ,dal suo personalissimo verso confessionale.
Trovò presto consensi alla sua poesia. Studiò con Robert Lowell alla Boston University insieme agli illustri poeti Sylvia Plath e George Starbuck.
Figlia di un facoltoso industriale, crebbe con i genitori ma non fu mai a suo agio con la vita che era stata prescritta per lei.  Il padre alcolizzato  e l’aspirazione letteraria della madre fu cancellata dalla famiglia. La biografa di Anne , Diane Middlebrook,ipotizza  un abuso sessuale da parte dei genitori durante la sua fanciullezza.

Anne trovò rifugio dalla famiglia dalla quale si sentiva rifutata, in “Nana” (Anna DingleY) la sua giovane prozia che viveva con la famiglia durante  l’adolescenza di Anne. Ad Anne non piaceva la scuola, l a sua incapacità a concentrarsi e la disobbedienza spinsero gli insegnanti a insistere perché i genitori chiedessero un consulto cosa che non fecero.
Trasferitasi a Boston lavorò come modella per  un breve periodo e dopo la nascita della figlia ed i primi segni della malattia mentale, si iscrisse al laboratorio di poesia “Boston Center for Adult Education”, qui ricevette critiche negative dal responsabile la cui posizione teorica era  completamente contraria, fu proprio questa critica negativa  a spingere la Sexton a continuare ed a convincersi che il suo mondo poetico, pur essendo controcorrente, le apparteneva e quindi si decise a continuare sulla strada intrapresa.
Soffriva di disturbo bipolare, male contro cui ha combattuto per  gran parte della sua vita.
Le sue poesie di tipo confessionale, ebbero grande successo e la Sexton raggiunse l’apice con la  pubblicazione di “Love Poems” (1969) . In seguito la sua voce fu meno confessionale e più attenta al sociale, più incline a guardar fuori dall’io poetico verso la vita reale. Anne Sexton aiutò ad aprire le porte non solo per le poetesse , ma anche per tutte le donne; scrisse a proposito di mestruazione,aborto, masturbazione,e adulterio , ridifinendo così i confini della poesia. Dopo il divorzio dal marito dal quale ebbe due figlie la sua salute si aggravò. Morì suicida.
Ricevette diversi importanti Premi tra i quali il PULITZER nel 1967.



Nella poesia della Sexton troviamo una grande verità, quella della passione per la vita, quella vita che spesso ci priva di ciò che pensiamo ci spetti di diritto solo perché siamo venuti al mondo. La fragilità che vuole combattere contro chi non crede nell’ amore, nella giustizia, nella parità dei diritti tra uomo e donna, non fa altro che rendere il nemico più forte e pericoloso. Il messaggio di queste poesie è  chiaro, con lo stile e con una forza , la stessa forza che la Sexton ha saputo esprimere anche attraverso la sua malattia, una vera e grande prova di volontà che ha trasmesso a tutti , soprattutto alle donne. A me ha lasciato il desiderio di poterla ricordare in questo post, con la stessa sua passione.  

Emilia Banfi



… Al mio amante che torna da sua moglie
Lei è tutta là.
Per te con maestria fu fusa e fu colata,
per te forgiata fin dalla tua infanzia,
con le tue cento biglie predilette fu costrutta.
Lei è sempre stata là, mio caro.
Infatti è deliziosa.
Fuochi d'artificio in un febbraio uggioso
e concreta come pentola di ghisa.
Diciamocelo, sono stata di passaggio.
Un lusso. Una scialuppa rosso fuoco nella cala.
Mi svolazzano i capelli dal finestrino.
Son fumo, cozze fuori stagione.
Lei è molto di più. Lei ti è dovuta,
t'incrementa le crescite usuali e tropicali.
Questo non è un esperimento. Lei è tutta armonia.
S'occupa lei dei remi e degli scalmi del canotto,
ha messo fiorellini sul davanzale a colazione,
s'è seduta a tornire stoviglie a mezzogiorno,
ha esposto tre bambini al plenilunio,
tre puttini disegnati da Michelangelo,
l'ha fatto a gambe spalancate
nei mesi faticosi alla cappella.
Se dai un'occhiata, i bambini sono lassù
sospesi alla volta come delicati palloncini.
Lei li ha anche portati a nanna dopo cena,
e loro tutt'e tre a testa bassa,
piccati sulle gambette, lamentosi e riluttanti,
e la sua faccia avvampa neniando il loro
poco sonno.
Ti restituisco il cuore.
Ti do libero accesso:
al fusibile che in lei rabbiosamente pulsa,
alla cagna che in lei tramesta nella sozzura,
e alla sua ferita sepolta
- alla sepoltura viva della sua piccola ferita rossa -
al pallido bagliore tremolante sotto le costole,
al marinaio sbronzo in aspettativa nel polso
sinistro,
alle sue ginocchia materne, alle calze,
alla giarrettiera - per il richiamo -
lo strano richiamo
quando annaspi tra braccia e poppe
e dai uno strattone al suo nastro arancione
rispondendo al richiamo, lo strano richiamo.
Lei è così nuda, è unica.
È la somma di te e dei tuoi sogni.
Montala come un monumento, gradino per gradino.
lei è solida.
Quanto a me, io sono un acquerello.
Mi dissolvo.
Casalinga
Certe donne sposano una casa.
Altra pelle, altro cuore
altra bocca, altro fegato
altra peristalsi.
Altre pareti:
incarnato stabilmente roseo.
Guarda come sta carponi tutto il giorno
a strofinar per fedeltà se stessa.
Gli uomini c'entrano per forza,
risucchiati come Giona
in questa madre ben in carne.
Una donna è sua madre.
Questo conta.
Magia nera
Una donna che scrive è troppo sensibile e sensuale,
quali estasi e portenti!
Come se mestrui bimbi ed isole
non fossero abbastanza, come se iettatori e
pettegoli
e ortaggi non fossero abbastanza.
Crede di poter prevedere gli astri.
Nell'essenza una scrittrice è una spia.
Amore mio, così io son ragazza.
Un uomo che scrive è troppo colto e celebrare,
quali fatture e feticci!
Come se erezioni congressi e merci
non fossero abbastanza; come se macchine galeoni
e guerre non fossero già abbastanza.
Come un mobile usato costruisce un albero.
Nell'essenza uno scrittore è un ladro.
Amore mio, tu maschio sei così.
Mai amando noi stessi,
odiando anche le nostre scarpe, i nostri cappelli,
ci amiamo preziosa, prezioso.
Le nostre mani sono azzurre e gentili,
gli occhi pieni di tremende confessioni.
Ma quando ci sposiamo
ci abbandoniamo ai figli, disgustati.
Il cibo è troppo e nessuno è restato
a mangiare l'estrosa abbondanza.

Giovane
Mille porte fa,
quando ero una ragazza sola
in una grande sala con quattro garage,
una notte d'estate se ricordo bene,
ero stesa sul prato
e sotto di me, increspato il trifoglio,
e sopra, distese, le stelle,
e la finestra di papà, semichiusa,
un occhio da cui passa chi dorme,
e le assi della casa
erano bianche e lisce come cera
e milioni di foglie sbattevano,
come vele sui loro strani gambi
e i grilli ticchettavano tutti insieme
e io, nel mio corpo nuovo fiammante,
non ancora di donna,
facevo domande alle stelle
e pensavo che Dio vedesse veramente
calore luce dipinta e gomiti
ginocchia sogni buonanotte.


Quell'inverno lei tornò
parziale ritorno
alla sterile suite
di medici, nauseante
crociera di raggi X,
l'aritmetica delle cellule impazzita.
Parziale intervento,
braccio grasso, prognosi infausta,
li ho sentiti dire.

Durante le burrasche marine
lei si fece fare il ritratto.
Caverna di uno specchio,
appeso al lato sud;
una coppia di sorrisi, una copia di lineamenti.
E tu mi assomigliavi sconosciuto
viso mio, tu lo indossavi.
Dopotutto eri mia.

Ho svernato a Boston,
sposa senza figli,
niente di dolce da spartire,
con le streghe a fianco.
Ho perduto la tua infanzia,
tentato un altro suicidio,
subito il secondo hotel dei sigilli.
M'hai fatto un Pesce d'Aprile.
Abbiamo riso insieme, fu cosa buona.



Per l'ultima volta m'hanno dimesso
il primo maggio;
laureata in casi mentali,
con l'assenso dell'analista,
un libro finito di versi,
la macchina da scrivere e le borse.

Quell'estate imparai a rimettere vita
nelle mie sette stanze,
andavo su barchette a cigno, al mercato,
rispondevo al telefono,
da brava moglie offrivo da bere,
facevo l'amore fra crinoline e abbronzature d'agosto.

E tu venivi ogni weekend. No, mento.
Venivi di rado. Fingevo che c'eri
bimba farfalla, porcellina
guance di gelatina,
tre anni di disobbedienza,
ma splendida sconosciuta.

E dovevo imparare
perché volevo morire invece che amare,
perché mi faceva male la tua innocenza,
e perché accumulo le colpe
come un giovane internista
rivela i sintomi e la certa evidenza.

Quel giorno d'ottobre che andammo a Gloucester
le colline rosse mi ricordavano
la pelliccia di volpe rossa sdrucita
in cui giocavo da bambina,
immobile come un orso, una tenda,
una gran caverna che ride, pelliccia di volpe rossa.

Oltrepassammo il vivaio dei pesci,
il baracchino dove vendono l'esca,
Pigeon Cove, lo Yacht Club,
Squall Hill, verso la casa in attesa
ancora, la casa sul mare.
E due ritratti sono appesi su opposte pareti.

* I testi di Anne Sexton sono tradotti da Rosaria Lo Russo

12 commenti:

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate:

1. Il verso "Un uomo che scrive è troppo colto e celebrare,"= "Un uomo che scrive è troppo colto e cerebrale"

2. Queste poesie mettono il dito (femminil-femminista) nella piaga dei rapporti tra uomo e donna.
Le mie reazioni di uomo colto ( non «troppo colto») e intellettuale (non «cerebrale») sono:
a. quanto è bella (sul piano estetico) la disperazione;
b. quanto cieca (non proprio inutile)la denuncia del proprio dolore;
c. quanto sbeffeggiare un fantasma è vano;
d. quanto sbeffeggiare un fantasma è "poetico";
e. quanto confessarsi in questi modi in poesia è come denudarsi sapendo ( e se non lo si sa si è ingenui/e o troppo disperati/e che gli altri e moltissime altre resteranno vestiti/e (e per forza di cose, perché devono vivere IN QUESTO MONDO SOCIALE, non per malvagità o soltanto per ipocrisia);
f. quando dire verità (piccole o grandi) in questo modo è come battere la testa contro un muro: si rompe la testa e il muro resta intatto là per figli, figlie e nipoti, perché non è un muro che la passione possa sgretolare.

Annamaria ha detto...

No, penso piuttosto che questa confessione femmunile sia la testimonianza di una condizione di disadattamento a questo mondo sociale, la follia di questa donna é se mai la sua modalità di ribellione a questo mondo sociale. Non si pone il problema se batterà la testa contro il muro e se la romperà, insieme a noi che la leggiamo, vuole essere solo la sua testimonianza, la sua piccola verità...ma se qualcuno la capisce già c'é una condivisione: una verità più estesa. Secondo me, nella poesia c'é spazio per un'ampia gamma di modalità di espressione. Grazie Emy
Annamaria

Anonimo ha detto...

g. nè il muro può sgretolare la passione.

Emy

Annamaria ha detto...

Il capitalismo ci vorrebbe tutti contenti nella soddisfazione dei nostri bisogni e pseudobisogni... Una persona, come questa poetessa, che ha il coraggio di denudarsi, cioè di toglirsi la maschera della felicità per rivelare un mondo di passione e di disperazione, é comunque un esempio di sincerità. Che importa se gli altri restano mascherati

Anonimo ha detto...

La poesia di Anne Sexton è una poesia ad impatto fortissimo che può dare anche fastidio se non si hanno gli anticorpi e che forse anticipa certi temi del femminismo che sarebbe presto arrivato. Insieme a Sylvia Path sua contemporanea, è da annoverare tra gli autori che hanno fatto parte della Beat Generation . Dico questo perché si pensa di solito che i grandi di quella vicenda furono solo Ginsberg , Kerouac , Gregory Corso e qualche altro. Senza poter prescindere dal disagio mentale di Anne possiamo dire che la sua poesia si può osservare all’interno di un quadro più ampio che vede il rifiuto della norma, il divorzio dalla società, la volontà di esistere senza radici che erano caratteristici di una generazione che aveva ereditato il peggior dei mondi possibili, senza smentita. Un clima storico dominato dalla violenza dove era saltata la concezione del bene e del male (2° Guerra Mondiale-Hiroshima, Nagasaki) . Un senso di sickness (malattia) diffuso suscitato dal delinearsi del vero volto del sogno americano sempre più svuotato d'ogni significato reale. Se non si dice questo, si può cadere nel pericolo di considerare Anne come superficiale, minimalista o semplicemente “pazza”. Enzo G.

Anonimo ha detto...

Molto interessante questa poetessa.
Nei testi riportati si respira una grande sofferenza che provoca un senso di smarrimento e di forte emozione.
Anne Sexton mette a nudo la sua anima con toni drammatici, ma anche allusivi che ci coinvolgono e ci fanno sentire vera poesia.
Maria Maddalena

Anonimo ha detto...

"Sickness" era la parola usata negli anni della guerra fredda per descrivere lo sconforto, il malessere appunto quella Sickness profonda e inafferrabile, dell'incertezza e della paura. In un passaggio di John Clellon Holmes si legge : "Chi è sopravvissuto alla guerra , sa che essere beat non significa tanto essere morti di stanchezza quanto aver i nervi a fior di pelle , non tanto "essere pieni fin qui" quanto sentirsi svuotati" .In "Advertising for myself " Norman Mailer uno dei grandi che hanno descritto questa condizione leggiamo che il destino dell'uomo del XX secolo è di vivere con la morte ... allora l'unica risposta vitale è accettare i termini della morte, vivere con la morte come pericolo immediato".
Da qui una vita che cerca piaceri che si possano bruciare nell'attimo presente, dal momento che vengono rifiutati appunto i meccanismi con i quali il sistema cristallizza e riproduce, castrandoli, questi piaceri. Da qui violenza , sensualità, apoliticità e rifiuto di tutte le categorie e i giudizi morali... Leggendo Sexton si ritrovano tutte queste intuizioni, la poetessa è limpidamente cosciente della sua condizione , c'è un legame tra il suo disagio mentale e la Sickness diffusa nel sociale. enzo g.

Annamaria ha detto...

Grazie Enzo, mi ritrovo moltissimo nella tua analisi sulla poesia di Anna Sexton, anche perchè chiarisci il contesto storico e culturale in cui la sua vicenda umana si é sviluppata...mi mancava. Annamaria

Francesca Diano ha detto...

Grazie Emilia per aver ricordato Anne Sexton. L'ho amata e la amo molto, fin da quando la scoprii negli anni '70. C'è un filo che collega Emily Dickinson a Ann Sexton e a Sylvia Plath, che le sono dirette figlie. La prima autoreclusa nell'astratto biancore di una tomba vivente, le altre due morte suicide. I suicidi fra le poetesse e le scrittrici sono in numero allarmante: Cvetaeva, Woolf, Bishop, Pozzi, Rosselli Come se l'esercizio della ricerca della verità ad ogni costo debba essere pagato ancora con la vita, quel denudarsi fino all'osso metta in contatto con un abisso difficilmente tollerabile e gestibile.
La necessità ossessiva di quella ricerca, in questi casi si trasforma - o così viene bollata e vissuta - in follia e desiderio di morte. La potenza della "parola", che per secoli è stata appannaggio esclusivo degli uomini, nelle donne se liberata è dirompente. Ed è questo suo detonare che la rende così numinosa e pericolosa.

Francesca Diano ha detto...

P.S. Emy, hai omesso di citare il nome del traduttore o traduttrice. Non si fa mai, ma per la poesia poi è ancora più essenziale. E questa è una bellissima traduzione. Parola di traduttrice.

Anonimo ha detto...

A Francesca Diano:
La traduttrice: Rosaria Lo Russo . Emy

Anonimo ha detto...

A proposito di sigle :
Si sa che Anne Sxton e Sylvia Plath facevano parte della corrente poetica dei confessionalisti o della poesia confessionale.
Quando dico "Anne Sexton fa parte della Beat Generation" non voglio farla rientrare forzatamente in una sigla, in uno slogan o in quella falsa immagine del fenomeno beat che ci ha propinato l’editoria italiana : sesso canne,rivolte studentesche, un po’ di Beatles, Bob Dylan ecc, Pensavo ad un’altra lettura del fenomeno ad un’altra sequenza, una lettura non artefatta quella ad esempio descritta da Norman Mailer. In questo senso e in quel contesto storico si puo’ parlare di Beat Generation anche per Anne Sexton e Sylvia Plath tanto più che i Beats influenzarono Robert Lowell maestro riconosciuto del “Confessionalismo” . enzo g.