«Non vado matto per i gialli, odio i thriller. Lo dico serenamente
e senza nessuna fierezza particolare. Semplicemente non fanno per me. Mi dà
fastidio fisico trovarmi nella condizione, cara a molti, di divorare un libro
per sapere come va a finire. Io trovo già abbastanza inelegante che i libri
“vadano a finire”, figuriamoci se mi piace farmi tenere sulla graticola da uno
che ci mette cinquecento pagine per dirmi il nome di chi ha tritato il parroco.
Devo anche dire che non riesco ad apprezzare la prodezza: fare arrivare un
lettore alla fine di un thriller è come far arrivare uno che ha fame alla fine
del tubo delle Pringles. Sai che roba. Fategli finire un piatto di broccoli
bolliti a merenda, e ne riparliamo.
In generale penso che la ragione per cui vai avanti a leggere, nei
libri, non dovrebbe essere che vuoi arrivare in qualche posto, ma che vuoi
rimanere in quel posto lì. Non ho letto II «Giovane Holden» o «Cent’anni di
solitudine» per sapere come andavano a finire: mi andava di stare in quella
luce, o leggerezza, o precisione, o follia, più tempo possibile. È un
paesaggio, la scrittura, non va a finire da nessuna parte, è lì e basta.
Respirarlo è quello che si può fare. E la trama?, dice. La trama non conta
niente? Certo che conta, per carità, dei libri che non raccontavano niente ci
siamo liberati anni fa, per favore non torniamo indietro. Però immaginate di
stare seduti su una sedia a dondolo a godervi un paesaggio, nell’aria pulita
del mattino. Ora provate per un attimo a smettere di dondolarvi. Non è la
stessa cosa vero? La trama, in un bel libro, è il dondolio della sedia. E
il vento che ridisegna l’erba di quel campo, il passare delle nuvole che
saltuariamente cala ombre passeggere sui colori. Forse quel volo d’uccello, e
in alcuni casi il rumore di un treno che passa lontano. La trama è quel che si
muove nel paesaggio della scrittura, rendendola vivente. È l’increspatura sul
pelo dell’acqua: è così importante che, in modo impreciso, la chiamiamo mare».
Penso anch’io che il solo motivo per cui si legge un libro di
poesia è perché quel libro ci consente di sostare in un luogo in una
atmosfera particolare e irriducibile, respirare quell’aria, quel profumo
singolarissimo differente da ogni altro profumo e che c’è solo lì e non in
nessun altro libro.
Inoltre, il libro di poesia ha lo svantaggio di dover fare a meno
della «trama» rispetto al romanzo e al giallo; ha lo svantaggio di non poter
prendere il lettore per il colletto e trascinarlo nel luogo del delitto che ha
deciso il narratore di thriller; il libro di poesia è inerme, non ha alcun
potere sul lettore, non il potere della seduzione da risultato, né quello di
seduzione da abilità che ha invece il romanzo (e in specie il thriller). Il
libro di poesia non ha alcun potere sul lettore. Questo è il suo più grande
limite ma è anche il suo più grande pregio. I modesti poeti allora tentano dei
surrogati: la fibrillazione e l’estroversione dei palpiti dell’io con
esagerazioni dionisiache verbovolanti. I poeti di livello superiore invece non
ricorrono ad alcuna di queste «seduzioni», si limitano a disegnare
un’atmosfera, un profumo, un minimo rumore di parole…
14 commenti:
Quant'è vero, quant'è vero! Ma anche limitandosi a disegnare un'atmosfera,un profumo,un minimo di parole si trasmettono emozioni, quelle emozioni che permangono che lasciano dentro il desiderio di riprovarle, il desiderio di conoscere chi ce le ha fatte provare.
Come ho giò detto e qui ribadisco, la poesia è fuori da ogni scritto, lo scritto è la sua lapide. Emy
P.S.: le emozioni si possono condizionare , ma non le possiamo ignorare ne tantomeno censurare.
Pensando ai tuoi occhi,
raccolgo pervinche celesti.
Minuscolo gesto.
***
D’accordo, Laura. Ma senza esagerare.
***
«Il libro di poesia non ha alcun potere sul lettore.»
E’ un’affermazione che non trovo convincente.
Se una pervinca ha il potere di farmi pensare ai suoi occhi,
immagina quanti mondi potrebbe farmi toccare una collana di versi.
***
Apro la porta e vedo
l’anima buona in me,
l’arpia che vorrei distruggere.
Sono versi notturni. Suggestioni, più che argomenti.
Infatti, è meglio che vada a letto!...
Donato
Alla fine l'unica cosa che le premeva di dire, in questa filippica sulla narrativa, è che ci sono poeti modesti e poeti di livello superiore. Una pazza. Non comprende che se non si legge poesia al di fuori dell'università, ciò è dovuto all'incapacità di risolvere il problema di un linguaggio condivisibile.
mayoor
A parte una difficoltà pratica nel separare le parole del guru (de noantri) dalla redattrice del post (un'aspirante al primo?),
a parte quindi una personale grossa difficoltà a dare credibilità a chiunque ponga a base o premessa del suo discorso un punto di riferimento che cozza completamente con le tesi( e anche teoremi) che vuole sostenere, ma a seconda della convenienza ne prenda spunto per rafforzare la causa che si vuole perorare,
a parte quindi che Baricco , al di là del genere narrattivo, rappresenta tutto ciò che fa a cazzotti con chiunque abbia intrapreso la strada più o meno estrema di dimostrare in ogni e dove che la poesia italiana è morta, o che i lettori sono tutti degli zombie etc etc
a parte che "le rottamazioni " del citato pesce d'aprile seguono, influenzano, e se non influenzano collaborano, a loro saputa o insaputa, quelle politiche dei nuovi veltroni e d'alema 2.0
ecco, a aprte questo e altro ancora, il mio intervento è sia di protesta per l'ampio sostegno che deve essere dato al genere lettterario disprezzato in questo post, che è ridotto, come da stereotipo standard, a un vuoto zero, mentre è uno dei propellenti, propedeutici alla formazione esistenziale alla investigazione analitica e profonda della realtà, senza la quale non è possibile vivere nessuna poesia, sia scritta sia soprattutto ante litteram, comprese per prime quelle scritte nel pulviscolo o nel vento.Ovviamente c'è giallo e giallo e altrettanto ovviamente nessuna lettura e nessun genere pone lo scrittore e il lettore ai tempi delle scimmie che comunque avevano i loro libri nei rami.
per quanto poi relativo al teorema che in poesia, per essere tale, non occorrerebbe il racconto ( che l'autrice chiama trama), anche questa mi sembra un'altra sparata ad effetto..poesia è piena zeppa di sherazade e di ogni genere, non può che essere così, come in musica o qualsiasi altra arte molteplice di generi che si rincorrono uno all'altro in una trama sottostante e sovrastante a mosaico
certo che se avessi la forza ( e sopratutto la convizione) di fare una rete fra lettori, ci sarebbe da divertirsi nella protesta piu articolata a questi articoli che sempre piu li allonteranno dalla fatica e dal piacere dell'affetto ai veri scrittori fra cui i poeti e sempre piu li avvicineranno ai vari baricco di turno, con risultato vieppiu raggiunto dai vari "Canciani" a dimostrare quanto siamo cretini.
Emozione
Camminava una bimba stretta
alla mano della madre
la stessa andatura
comprometteva l'innocenza.
La pozzanghera spezzò l'andare
uno strattone e tornarono ad ancheggiare.
Emy
Posso capire, umanamente, l'antipatia di Mayoor e di Ro per la signora Canciani, che per anni ha sputato su tutto e su tutti. Però ritengo che il suo intervento, questa volta, abbia una nota tenera e sincera. Certo, in lei tutto è un po' sempliciotto e un po' new age, con la sedia a dondolo e il treno che passa lontano. Ma la Canciani è così, e lo ammette: un poeta minore, con i palpiti del suo io e l'aria pulita del mattino. Prendiamola per quella che è: una cosa minima e minimalista.
Luigi
Che Baricco non ami il 'genere' poesia non è un mistero, l'ho sentito dire proprio dalle sue labbra nel corso di una presentazione ad un suo recente libro alla Feltrinelli di Bari, come lo si comprende senza possibilità di errore da quanto dice. Sentir fare un'affermazione simile proprio da lui, devo dire , mi colpì sinceramente, e nella maniera meno incline. Venne da chiedermi, ma come, uno scrittore che fa della parola il suo pane quotidiano dice di non provare emozioni con la poesia? Perché me lo chiesi? Semplicemente perché pensavo ad autori come - a caso - Pavese e Borges, o Garcia Lorca e Pessoa..., che hanno scritto pagine splendide in prosa come in poesia. Ma Baricco non è il primo, né sarà l'ultimo tra scrittori, professori e cantautori che non solo non amano la poesia ma che non sono poeti (fatti loro, sicuramente). Arrivare però a dire che "il libro di poesia è inerme, non ha alcun potere sul lettore, non il potere della seduzione", francamente, mi sembra troppo. Un'affermazione così è come sparare sul pianista: dicesse a quale poesia si riferisce, facesse almeno qualche nome!
Infine, Baricco dovrebbe decidersi e stabilire se il thriller fa per lui o meno, perché dalla lettura qualche contraddizione emerge. E non è proprio tutto chiaro.
Giuseppina Di Leo
"dei libri che non raccontavano niente ci siamo liberati anni fa, per favore non torniamo indietro". Scusate, ma è Baricco che parla? No, perché allora pare che non abbia letto i suoi di libri... e se invece è la Canciani, allora pare non abbia letto i libri di Baricco.
Ma in questo post, chi dice cosa? Non si capisce
Ciao Luigi, purtroppo e me ne scuso, non organizzo mai i miei commenti con un testo in bozza, poi riletto e ponderato. Insomma nello spazio commenti, vado come si dice alquanto "di getto" , quindi posso capire di aver trasmesso un'emozione di "antipatia" nei confronti di questo post e sua autrice.
In realtà posizioni di questo tipo sono molto diffuse sia in chi ha sparato contro tutti e tutto ( come la biografia in sintesi che ci racconti ), sia in chi all'opposto ha vissuto col cerchiobottismo incorporato.
Ciò che voglio dire è che pezzi di questo tipo evidenziano con un approccio "sottile" e "logico", quale il tuo sillogismo, o uno un po' più di petto quale il mio, lo specchio o il rinvio al mittente delle sue proiezioni che, confuse alla sorgente emotiva E intellettiva, non possono che produrre un arrivo deforme sul piano strettamente logico.
Le contraddizioni ce le portiamo tutti dentro, solo che alcuni a forza di non conoscersi, le rendono così tanto e troppo, che diventano casi da manuale della società sdoppiata e schizofrenica a qualsiasi livello ( certo piu gravi per chi vorrebbe un livello culturale di per sé da razza superiore ad altre,)...sinceramente chi non vuole conoscere se stesso e il mondoin cui vive, più che antipatia tou court,lo posiziono fra gli animali piu malati di altri,dai quali e verso i quali è sempre stato difficile trovare alfabeti validi e comuni. In quello specchio certe rifrazioni saltano completamente.
...ma le poesie di "Il contagio dell'acqua" sono davvero niente male, almeno stando alle poche che sono riuscito a leggere in rete. Versi come:
"…l’occasione dell’acqua / dolente a reazioni biochimiche"
"…La mimosa è una micro costellazione."
"…dicembre / sulle vette galattiche Mezzomorto"
"… resine profumate molto rare / sono la subnucleare."
contengono parole che mi portano alla memoria, in chiave moderna, quelle futuriste del primo novecento, saettare, rombante, elettrico ecc. Secondo me è un'invenzione lodevole. Quel "subnucleare" o quel "biochimiche", anche se pertinenti nel significato derivano da scelte estetiche intelligenti, anche se ho il sospetto che l'anacoluto (ne parla Linguaglossa in una sua recensione al libro della Canciani, se non vado errato) in realtà tenda a nascondere qualche difficoltà semantica; ma a me sembrano le stesse difficoltà che ha incontrato, su altra scala, lo stesso Baricco, specialmente nel libro "Oceano mare": un libro che ti scompiglia i pensieri, senza per altro rimetterli in ordine una volta hai finito di leggere. Mi spiego così l'interesse della Canciani verso Baricco.
mayoor
Se Baricco fosse un poeta scriverebbe libri quantomeno decenti .
leopoldo attolico -
Anche Aldo Busi dichiarò in un'intervista di non capire la poesia. Ognuno tira acqua al suo mulino. I poeti avrebbero il diritto di pensare ai narratori, a quelli della prosa, come a persone che hanno il difetto di dilungarsi con le parole. Diversamente da loro, i poeti ringraziano perché leggere un romanzo è come andare al cinema. Un film senza poesia difficilmente si meriterà un Oscar, e se l'ha preso perfino un documentarista come Moore vorrà dire che c'è poesia anche lì. Devono tutti qualcosa alla poesia.
mayoor
Sono d'accordissimo con Mayoor, Mayoor ha sempre ragione...quasi sempre. Le sue riflessioni ogni volta tengono conto di quella poesia che vive dentro il poeta e che nessuno può disturbare, se non dopo averla letta , ma questo è un altro discorso. Ciao Emy
credo che Laura Canciani si sia limitata a stigmatizzare "lo svantaggio della poesia rispetto al romanzo", il fatto che la poesia debba rinunciare a momenti importanti come il plot, la trama, i personaggi, la cornice storica o psicologica in cui si muovono i personaggi... tutto questo pone la poesia in condizioni di maggiori difficoltà di ricezione rispetto al romanzo, quest'ultimo risulta così di maggiroe godibilità e fruibilità... il disprezzo che molti romanzieri hanno nei riguardi della poesia è un fatto che ha ragioni lontane e vicine... diciamo che molti dei poeti contemporanei è meglio non leggerli affatto, è meglio risparmiarsi la fatica di leggere gli ultimi libri di Luigi Ballerini o di Majorino... molti libri di poesia (se non quasi tutti) sono libri superflui, che non dicono nulla di nuovo o nulla di significativo aggiungono alle cose di cui si sapeva già.
La poesia è oggettivamente più debole del romanzo. Concordo con la Canciani in questo, ma ritengo che bisogna lavorare (anche in sede critica) affinché la poesia possa diventare un prodotto culturale di maggiore fruibilità. Certo, oggi le cose non stanno a buon punto a giudicare dal libro di tutte le poesie di Franco Buffoni pubblicate nello Specchio, questo sì che scrive in un super minimalismo di massa.
Comunque le poesie di Laura Canciani sono delle eccellenti poesie, lo sa chiunque le abbia lette. Canciani è un'ottima poetessa, mi riprometto molti presto di inviare qualche sua poesia a moltinpoesia per farle leggere agli abitanti del blog.
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