domenica 19 marzo 2023

MOLTINPOESIA APPUNTO 2: Vengo a sapere di Charles Bernstein

 


di Ennio Abate

Leggo su LE PAROLE E LE COSE 2   l'articolo  POESIA, PRIMA PERSONAPLURALE / 2: CHARLES BERNSTEIN  a cura di Lorenzo Mari e Gianluca Rizzo.
Ho trovato di particolare interesse e in buona sintonia con alcune mie passate riflessioni sui "moltinpoesia" questi passi tratti dai materiali di C. Bernstein proposti  dai due curatori:

1.
«Ciò di cui ci si deve dispiacere, invece, non è l’assenza di un pubblico di massa per un qualsiasi poeta, ma piuttosto l’assenza di un pensiero poetico che sia, per tutti, una potenzialità realizzata». 

venerdì 17 marzo 2023

Perorando (nel 2006) la causa della nebulosa poetante



di Ennio Abate

 

Quali colombe dal disio chiamate…?

No, come gocce d’ignote bufere
alle vetrate della Casa della Poesia
Giancarlo [1] , premono molti scriventi.

Chi sono? Quanti? Perché così scrivono?
A che mirano? Curarsi di  loro
o il brusio di pubblico dal palco reggere
modulandone ossequi e domande?

E chi sono per noi che su riviste
di poesia pubblichiamo i versi
che ci piacciono? Fratelli? Concorrenti?
Compagni di strada? Pedine da manovra?

Possiamo aprirci benevoli ad essi
reggere invidia,  angosce, deliri
non sfuggirli, non costruire valli
interiori? E mostrare anche l’errore

dell’energia spostata dal reale
dal vero alienata? E parlare a lungo-
con loro, seguirne lo sciamare
nella notte e poi riprendere a scrivere?

[2006]


Nota

Giancarlo è il poeta Giancarlo Majorino (1928-2021), presidente in quegli anni della Casa della Poesia con sede nella Palazzina Liberty di Milano, dove, grazie a lui, tenemmo gli incontri del Laboratorio Moltinpoesia (2006-2012). 

giovedì 16 marzo 2023

MOLTINPOESIA APPUNTO 1: La "sporca religione dei poeti"

 



Un amico:  - Ma secondo te, cosa intendeva Fortini con l’espressione “la sporca religione dei poeti”?…Tu ricordi in quale pagina di Fortini l’hai letta?…Grazie

mercoledì 15 marzo 2023

Poesia e presente

 



di Ennio Abate

A supporto di una riflessione sulla poesia contemporanea ripubblico un mio intervento  al  Convegno della rivista di Massimo Parizzi, “Qui. Appunti dal presente” – Milano, maggio 2005.

martedì 14 marzo 2023

Poesia Moltitudine Esodo



di Ennio Abate

Questo lungo saggio era comparso sul n. 7  inverno 2003/ 2004 della rivista INOLTRE edita dalla Jaca Book. Pur silenziato da poeti e critici allora operanti -  quasi tutti hanno preferito poi andare in direzioni   opposte all'ipotesi di poesia moltitudinaria e esodante da me proposta alla discussione -  lo ripubblico  in questo cupo 2023. Come documento di riflessione. Esistono ancora minoranze o singoli che non si sono rassegnati alla cancellazione di  ogni dialettica tra poesia e politica. Malgrado la crisi di entrambe. E prima o poi bisognerà pur  venir fuori dai pantani dell'iperspecialismo pseudo-accademico o  della spettacolarizzazione  dell'io liricheggiante in cui in troppi si sono cacciati.

sabato 5 febbraio 2022

In morte di Beppe Provenzale

 


di Ennio Abate

Mi è arrivata oggi da alcune amiche e amici la notizia della morte improvvisa di Beppe Provenzale«architetto e scrittore, critico d'arte e conferenziere. Mai pavone», come leggo dalla sua pagina su Facebook, ma per me soprattutto animatore vivace del Laboratorio Moltinpoesia, a cui, malgrado il nostro rapporto sospettoso e a volte tempestoso (da parte sua e da parte mia), molto però s'era appassionato. (Basta scrivere il suo cognome in 'cerca' per  vedere e rileggere i suoi numerosi contributi). Poi ci siamo persi di vista. Non so se e come mi avrebbe ricordato, se fossi morto io prima di lui, ma a me piace ricordarlo così:

Ciao Beppe, ecco, ti do  ancora una volta quella parola che, malgrado i nostri dissensi, non ti avevo mai tolto…

lunedì 20 dicembre 2021

Perché scriviamo poesie

 


Per una storia dei moltinpoesia/Appunti

 

Riporto dal sito di POLISCRITTURE l'articolo di Donato Salzarulo e i commenti che documentano la riflessione sul perché scriviamo poesie avvenuta tra febbraio e marzo 2009 nel Laboratorio Moltinpoesia di Milano [E. A.] 

lunedì 13 dicembre 2021

Mappe sì ma non così…


 

Riordinadiario 11 dicembre 2021 di Ennio Abate

Commento lasciato a MAPPA IMMAGINARIA DELLA POESIA ITALIANA CONTEMPORANEA di Laura Pugno su LE PAROLE E LE COSE (qui)

“Quindi in Italia ci sono 100 poeti degni di una antologia? Già è difficile trovarne 4 o 5.” (Andrea)

Anche la Mappa immaginaria della poesia italiana contemporanea di Laura Pugno – per carità intelligente, manageriale, sopportabilmente amicale e inclusiva – ripropone di fatto l’eterno, ideologico, arbitrario, crociano, liberale, élitario, taglio tra poesia e non poesia. Il problema non è se i poeti oggi siano 100 o 5. Anche perché non esiste autorità capace di deciderlo in modi convincenti. Il problema è che nella società italiana, passata bene o male attraverso una scolarizzazione di massa, anche l’esercizio della poesia è diventato ambiguamente, nebulosamente, forse democraticamente, di massa. (Ho parlato e scritto, altrove ma anche qui su LPLC, dei “moltinpoesia”). E questo fenomeno andrebbe studiato e capito nella sua complessità. Detto in breve, non mapperemo bene (fingendola “immaginaria”) la poesia italiana contemporanea senza una mappatura rigorosa anche della sua (supposta o reale) “periferia” (i “moltinpoesia”). Come non si capisce bene una città se non si tiene conto dei suoi dintorni, che possono svelare sorprese. Bisognerebbe, perciò, imparare dagli scienziati che inseguono e si scambiano tutti i dati disponibili. Invece, per pigrizia, per rendita di posizione conquistata e gelosamente difesa, si resta a pescare e a pensare soltanto nel proprio bacino di osservazione più o meno ristretto. E così continuano ad uscire periodicamente crestomazie, antologie, annuari e quant’altro. Come si fosse ancora nelle “patrie lettere” ai tempi di Leopardi o negli anni ’50 del Novecento. Aria alle stanze, signori e signore, per favore!

Appendice

Ennio Abate 18 MAGGIO 2012 ALLE 12:05 (qui )

 @  Massimo Gezzi

«considera che ogni recinto ha il suo pastore, ed ha una guardia forestale che sorveglia i cinghiali, tenendoli lontani; ed anche considera che il mondo di fuori riserva sorprese» (Commento di Stan su Le parole e le cose 30 novembre 2011 alle 13:38)

«dentro il recinto ogni scelta conduce all’esaltazione del recinto medesimo» (Commento di Stan su Le parole e le cose 1 dicembre 2011 alle 17:00)

Salto i preamboli e chiedo:
1. perché una rubrica dedicata soltanto ai poeti nati negli anni Ottanta rinunciando in partenza a un bel respiro epocale?
2. perché sempre più spesso si vedono in giro “nuovi critici” che i “nuovi poeti” li cercano (e pare li trovino a credergli) esclusivamente nella loro generazione o in quella appena precedente o successiva?
3. continuare a proporre soltanto le “perle poetiche” che spuntano nel proprio “bacino di coltura” può parere amore per un lavoro artigianale ben fatto, ma non è anche segno di miopia, di pigrizia, di paura?
4. non converrebbe uscire dai recinti, in cui di solito le poesie poste “in vetrina” dal curatore di turno ricevono commenti di solito piattamente apologetici e poco argomentati o contestualizzati?
5. non si può coraggiosamente mettere a confronto le “perle” della cerchia A con quelle della cerchia B o C o D e aguzzare l’acume critico a 360 gradi e non a dieci o a venti o al massimo a trenta?

 


lunedì 8 novembre 2021

Moltinpoesia: né neoavanguardisti né heideggeriani

 

Per una storia dei moltinpoesia/Appunti

In questo articolo del 6 febbraio 2013 mi paiono interessanti  due punti:

1.  La lettura di un’intervista in cui Umberto Eco rievocava i caratteri del Gruppo ’63, che servì a capire la distanza abissale del Laboratorio Moltinpoesia da quella esperienza d'élite letteraria.
Scrivevo infatti: «Tra le risposte di Eco mi hanno colpito in particolare i passaggi in cui ricorda: – il rapporto competitivo ma tutto sommato abbastanza cordiale tra vecchi e giovani letterati (gli incontri del sabato al Blu Bar di piazza Meda a Milano); – la condizione sociale benestante e “garantita” dei partecipanti piccoli-medi borghesi del Gruppo ’63 («Noi eravamo già sistemati, tutti lavoravamo già nelle case editrici, nei giornali, in televisione e nell’università») ben distante da quella del precariato intellettuale odierno e dell’attuale ceto medio in via d’impoverimento; – la sua disincantata constatazione della impossibilità cinquant'anni dopo di fare gruppo  («Siamo in un’epoca di cani sciolti»); – l’attrazione  (per lui fatale e condizionante) del mercato («si metta nella situazione di uno scrittore che vede intorno a sé un mercato che può trasformare il suo prodotto in qualcosa che gli permette di vivere»); – «la possibilità e il gusto del confronto», che allora c’era («l’esperienza del Gruppo 47 tedesco, 
scrittori sperimentali che si ritrovavano a leggere i propri testi e poi a criticarsi ferocemente l’un l’altro») e che oggi è irreperibile».
L'esperienza del Laboratorio Moltinpoesia, appena conclusasi, era stata agli antipodi di quella: «sporadici o del tutto assenti i rapporti tra vecchi e giovani; estraneità al sistema delle case editrici dei giornali, della televisione e delle università; estraneità al mercato; difficoltà estrema del confronto e quasi impossibilità di ricucire il legame tra poesia e critica».  Mi accorgevo che non era stato possibile «il passaggio da me sperato e suggerito con insistenza dall’io/noi al noi» (almeno di un gruppo relativamente omogeneo).

sabato 6 novembre 2021

Celan


 

Celan è un poeta che più di tanti altri ho avvicinato muovendomi come in un buio e protendendo verso alcune delle sue poesie le mani (della mente, del cuore) come un cieco che palpa qualcosa di sconosciuto. L’ultima volta lo feci proprio con questo articolo nel 2016 (http://www.poliscritture.it/2016/11/03/celan-e-la-poesia-in-tempi-di-lotta-politica-bloccata/). Poi ho sempre letto – in una sorta di apprendistato illimitato e senza scopo preciso – quel tanto che mi è capitato di trovare in rete su di lui.

Oggi, 6 novembre 2021, mi limito a segnalare un altro testo critico su Celan di un suo appassionato studioso.
L’ho appena letto su ANTINOMIE:

“Siamo una sola carne con la notte”
LUIGI REITANI
31/10/2021
https://antinomie.it/index.php/2021/10/31/siamo-una-sola-carne-con-la-notte-2/

 


venerdì 5 novembre 2021

e era ricascato nella salernitudine

 



E cumme faceve a acchiappà/ a pruvà ancore/ chella cosa/ ca isse sule (quanne?)/ aveve  ncuminciate a chiamà/ a salernitudine/?/
e ca sicure/ fine a quanne stette a Salierne/ nunn’a chiamava accussì/

E ca po che ere?/ e a pruvave sule isse?/ e scumparive appene se guardave attuorne/

 E ere na parole?/ Nu sentimente? /Nu state d’animo? /Nu rulore?/ na  cose/ ere na cose e baste/

Ca spuntave  in mente certi iuorne/ cumm’a oggi che m’ha scritte chiste e Salierne/ per farmi sapere ca pure isse ere e chella parrocchia, / se vuleve fa prevete pure isse/ e ha ditte: ‘i piaceri della carne’/ e m’ha fatte quase rire/ ma m’ha ditte/ e nunn’o sapeve/ ca è muorte Giògiò/ ad agosto/

 E allora è na cosa ca  spunta quenne  se vene a sapé che è muorte quacchune/ ca è muorte pure Giògiò/ e ogni morte  tu o saie/per chi suona la campana/ per te/ e per  i tuoi / per tanti

E sta salernitudine ca è  penziere e morte e è pensiere  e suonno o dormiveglia/ e ca nunn’à niente a che fa cu chist'ate cu  cui se parle e se scrive mo/  e  ca spunte sule quanne scrive a Eggidie/ o penze a Mìneche/ a Nannìne/ e a zia Ludimilla/ che nome!/ e ca nunn’a niente a che fa cu ati discorsi ca fanne G e B e D  e F/

E. A.  3 novembre 2021

lunedì 11 marzo 2013

AVVISO





DALL' 11 MARZO 2013
IL BLOG "MOLTINPOESIA"
CONTINUA LA SUA ATTIVITA'
TRASFORMANDOSI
NEL NUOVO BLOG
"POESIA E MOLTINPOESIA"

PER VISITARLO, PROPORRE TESTI E COMMENTARE
CLICCA QUI SOTTO
http://moltinpoesia.wordpress.com/

PER CERCARE UN VECCHIO POST PUBBLICATO DAL MARZO 2010 AL MARZO 2013

SCRIVERE NOME AUTORE O PAROLA CHIAVE  
NELLA CASELLA  RETTANGOLARE IN ALTO A SINISTRA

sabato 9 marzo 2013

Umberto Simone, Poesie.



UN ORDINE DEL VEGLIO

Un ordine del Veglio della Montagna, sussurrato appena,
e il giovane Assassino scosta la zanzariera
e sorridendo accetta quel pugnale che, desto, brilla come
una selce del Delta al calo della piena. Poi, paese

lo dà a paese, regno a regno; a ogni stazione
trova ostesse materne e cambio di cavalli;
con jeans immacolati pur senza guado passa, con stivali
lucidi pur senza sentiero viene;

pur senza fretta, sciolto, dinoccolato, arriva;
fra quercia e quercia appare ai taglialegna dell’ultimo bosco -
lungo l’ultimo ponte incrocia il carro dei comici - e il cieco
fermo all’ultimo bivio ne sente i tacchi sopra i rovi secchi.

Cremisi d’occidente strapiomba per la valle addosso al campo.
Qualcosa sta accadendo, ma la segale è alta e lo nasconde.


DISCUSSIONE
Giorgio Mannacio,
Su "Come leggere
e interpretare la poesia".


Desidero  intervenire nel fitto dialogo tra Abate, Linguaglossa ed altri (qui). I miei rilievi – che vogliono essere osservazioni su singoli punti (precisazioni, dubbi, aperture su orizzonti paralleli etc.), nella ritenuta impossibilità di una sintesi esaustiva – seguiranno,più o meno fedelmente,l’ordine che hanno assunto,nel blog, i vostri contributi.

LINGUAGLOSSA (1 )

Dici: la poesia apre l’impensato al pensiero. La correzione che farei è questa: la poesia apre all’impensabile. Non c’è mai nulla di impensato nella poesia (questa la mia esperienza ) sia nei contenuti che nelle modalità. Si “ cattura “ l’impensabile – cioè quanto non è definibile in termini concettuali e/o scientifici – nei confini di un dire in qualche modo intellegibile. Tale intelligibilità si raggiunge attraverso una “ scienza “ . In questo senso va inteso l’aforisma “ars sine scientia nihil" attribuito ad uno dei costruttori del Duomo di Milano.
Il rapporto tra l’impensabile e il pensato della poesia si può anche descrivere in termini di mimesis (Aristotole, Tommaso) mediata però dal pensiero leopardiano di cui a Zibaldone, 6
( almeno nella mia lettura ) che privilegia “ la tensione nell’imitazione” piuttosto che il suo risultato.

giovedì 7 marzo 2013

Ennio Abate,
Poesia ed elezioni.


Riprendo e rilancio  la discussione incominciata attorno alla "Poesia di piazza" di Lucio Mayoor Tosi (qui)

Così in questi giorni un amico:

«Caro Ennio, avevo già letto l'articolo di Carlo Formenti (qui), invece quello di Sergio Bologna (qui) non lo conoscevo: semplici, chiari e acuti, come sempre. Io negli ultimi giorni avevo previsto il successo elettorale di Beppe Grillo tanto che ho vinto una scommessa con dei colleghi, però non l'ho votato. E avevo previsto anche l'ennesima sconfitta della sinistra cosiddetta radicale che ormai si è ridotta a un'esigua minoranza.
Seguo con attenzione l'evoluzione del movimento 5 stelle, ma ci sono alcuni aspetti che non mi convincono. Hanno scelto di entrare in Parlamento ma dicono di voler cambiare le regole della democrazia rappresentativa. Vedremo come. Saranno addomesticati pure loro? E' troppo presto per dirlo. Inoltre in questa situazione economica e finanziaria molti dei punti del loro programma sono irrealizzabili senza rovesciare il mondo. Troppi proclami! Comunque sono riusciti a dare uno scossone al sistema politico italiano e questo non può che farmi piacere. Ciao, G. »

Io non ho votato. Il mio scetticismo verso le forze politiche in campo è stato totale. E  non sono né  piacevolmente sorpreso per l’exploit grillino né dispiaciuto per la nuova batosta della sinistra.  Resta il problema di valutare il fenomeno: schiuma del sistema o spina nel suo fianco? Ulteriore segno di crisi (l’ingovernabilità) o iniziale, confusa reazione ad essa?

mercoledì 6 marzo 2013

Rita Simonitto,
Sul dibattito poesia-realtà.



Questa riflessione è stata  collocata come commento (in tre parti) sotto al post "DISCUSSIONE Come leggere e interpretare la poesia. Due opinioni a confronto". Mi sembra più adeguato riportarla  in un post autonomo. [E.A.]
Mi trovo in difficoltà nell’entrare in questa discussione nel senso di far dialogare le tre anime rappresentate dalle posizioni del critico (Linguaglossa, in primis), di quelle del lettore-critico-poeta (Ennio, ad esempio) e quelle mie di interessata alla poesia e scrivente-versi.
Proverò cercando di focalizzarmi sui temi che mi sembrano centrali: uno riguarda ‘il dispositivo’ mentre l’altro riguarda il soggetto (non solo inteso come sub-jectum) e la sua relazione con la realtà; e il nesso con la poesia.

lunedì 4 marzo 2013

Arsenij Tarkovskij,
Poesie scelte.
Traduzione di Donata De Bartolomeo
e presentazione
di Giorgio Linguaglossa




Catalogo delle stelle


Finora non ci avevo pensato.
A che mi serve un catalogo delle stelle?
Nel catalogo dieci milioni
di numeri di telefoni celesti,
dieci milioni di numeri
di telefono di nebbie e mondi,
codice pieno di luminescenza e scintillio,
elenco di abbonati dell’universo.
Io so qual è il nome della stella,
troverò anche il suo telefono,
aspetterò il turno della terra,
girerò l’alfabeto d’acciaio:
L – 13 – 40 – 25
Io non so dove cercarti.
Si metterà a cantare la membrana del telefono:
Risponde Alfa Orione.
Sono in viaggio, io ora sono una stella.
Io ti ho dimenticato per sempre.
Sono una stella – sorellina dell’aurora,
non vorrò nemmeno venirti in sogno.
Di te non mi importa più nulla.
Telefonami tra trecento anni.

(1940-1945)

sabato 2 marzo 2013

Lucio Mayoor Tosi,
Poesia di piazza.



Dopo i risultati (sorprendenti/allarmanti?) delle recenti elezioni fervono discussioni accese in mailing list e siti.  Ieri Pietro Peli, oggi Lucio Mayoor Tosi provano ad annusare l'aria che tira e a parlarcene  in diretta e in poesia. [E.A.] 

Non capisco, non conosco la novità
di questo voto
che contiene, sembra, i colori del veleno
e invade
le camere serrate nel gas televisivo.
Sapevo
che le lettere firmate con una sola croce
non dicono
che arriveranno presto volumi di versi
taglienti
sulle mani dei ladri. Non lo credevo possibile.
Credevo
bastasse essere in molti dentro una piazza
farsi vedere
alle finestre ben chiuse del parlamento
e dalla piazza
farsi sentire come folla occupante per un giorno
soltanto
un giorno pieno di fumo e batoste.

venerdì 1 marzo 2013

Pietro Peli,
Quattro epigrammi postelettorali.



I
Me l’avete stuprata per anni, per secoli
la terra in cui sono nato:
ora i frutti sono intinti
di terra velenosa.
Nessuna croce
basterà a rivangarlo dove altri
con pervicacia di chirurgo
o bocca da merciaio
ne hanno lacerato l’opinione.
Solo il grido, è sciarpa al vento
pronta a strapparsi senza difesa.
Si sconta il non essere sempre stati così.