domenica 14 novembre 2010

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Emilia Banfi
Ottima scelta









Mancava questa,
vi assicuro mancava
alla televisione c'era 
la fiera della bara
qualcuno con fare contento
si è sdraiato a provare
con  chiusi gli occhi a sognare
in che posa doveva restare
qualcuno nell'angolo
di velluto azzurino
posava il telefonino
-mettete una presa suvvia!
 dove carico la batteria?-.
Sul materasso
di morbida piuma
sistemava le membra un po' stanche
il sedere affondava,
sul cuscino la testa girava
- Su questo soffice letto
  bene si sta, 
  nessun mal di schiena
  per l'ETERNITA'!-

sabato 13 novembre 2010

CONTRIBUTI
Ennio Abate, Commento a
Fortini CHE COS'E' LA POESIA?
Terza e ultima puntata







In quest’ultima puntata sull’intervista a Fortini Cos’è la poesia? partirò da una riflessione sui post dedicati alla figura di Alda Merini e a sofferenza e poesia (Cfr. COMMENTI L'ape furibonda omaggiata e punzecchiataDISCUSSIONE Rilanciando sul caso Merini: No alla sofferenza produttiva No al populismo televisivo DISCUSSIONE Sofferenza è/e poesia?).
Che sproporzione d’attenzione! Tanto sono state vivaci, numerose e quasi incontenibili le prese di posizione sulla Merini e su sofferenza e poesia, tanto invece scarse e striminzite quelle sull’intervista a Fortini. Sintomatico, direi degli orientamenti dominanti oggi non solo nella Poesia Ufficiale ma anche tra i moltinpoesia. La poesia o è lirica o sembra non essere poesia, proprio come  diceva Fortini nell’intervista.
Sintomatico pure del fatto che molti (troppi) nella poesia cercano  qualcosa e altri (pochi in realtà) cercano altro. Detto più direttamente e quasi brutalmente:  troppi inseguono nella poesia l’io, che sarebbe il luogo dell’intuizione, dell’ispirazione e quindi dell’accesso privilegiato, immediato e quasi esclusivo alla vita, ai sentimenti “eterni”, al mistero e persino a Dio; pochi puntano a usare la poesia come strumento di conoscenza (diverso però da quello più razionale delle scienze) da parte di un io/noi (non monade, ma in relazione o in tensione con altri/e) e che quindi richiede un distanziamento dalla vita, dalle emozioni, dal mistero per costruire oggetti estetici, diversi da quelli pratici ma capaci pur essi di aiutare a pensare se stessi, gli altri, la società, la storia, il mondo con maggiore libertà, fuori per quanto possibile da ogni schema ideologico imposto (religioso, politico, filosofico). È stato per far conoscere e discutere questa seconda concezione della poesia che avevo proposto l’intervista a Fortini, che mi era  parsa importante (tanto che ci ho scritto sopra ben tre post) e credevo potesse meritare ben più riguardi.
Come mai allora il dibattito nel Laboratorio ha preso una certa piega “sentimentaloide” e giustamente Leonardo Terzo si è lamentato che sia caduto «sempre più giù»?

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Paolo Pezzaglia
Prese una bolla di vetro












Prese una bolla di vetro
e si predispose ad introdurre
nel buco quello che sapeva fare
non una nave ma una semplice poesia
si trattava di fare un esperimento
ci voleva un supporto
e pensò che la cosa migliore era
ancora una pagina di carta bianca
che fosse riciclata o meno non gli interessava
il mondo era fottuto quindi anche gli alberi
come gli uomini non gli interessava più di tanto
l’importante era mettere insieme delle parole
che stessero l’una al gioco dell’altra
in armonico contrasto
prese quindi il pezzo di carta che
gli era rimasto sul tavolo
il resto era finito nel cestino della carta straccia
(riserva  finita) prese una pinza sottile e lunga e
arrotolato il foglietto lo introdusse delicatamente
nel buco della bolla di vetro
era l’inizio era il foglio bianco di partenza
avrebbe potuto fermarsi lì e proporre una
poesia senza parole ma lui era stufo del
vano cazzeggiarsperimentale e disse fare
tutta questa fatica per prendere in giro gli altri
sono stanco in realtà era ormai sempre
stanco anche all’inizio di una nuova impresa tanto
valeva smettere subito oppure continuare e
così continuò con pazienza prese una parola che
diciamo era così “parola” poi ci vorrebbe un
aggettivo pensò perchè pensava all’antica
anche se forse  ecco “forse” sarebbe l’altra parola
stette zitto a lungo poteva bastare? il problema era
anche la coccoina c’era ancora? era diventato più
complicato  o forse semplificato ma come incollare
quella parola “parola” e poi quel “forse” che
la metteva in dubbio in modo che avessero
un senso sulla pagina bianca era
tutto così fragile e mobile la carta e le parole
da incollare gli tremava la mano e la pinzetta
vagava incerta doveva spingerla e cercare di
incollare ma non riusciva fu chiamato all’improvviso
così si distrasse e cadde la bolla che poi
forse era una bottiglia di vetro solo più panciuta che
si ruppe e il gioco era già finito
pensò avrebbe ritentato la prossima volta che
gli capitava una bottiglia vuota e qualche
parola da mettere insieme e fare una poesia.

giovedì 11 novembre 2010

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Emilia Banfi
Il barattolo












In profumeria c'è uno scrigno
è il regalo più bello che ti puoi fare
la scritta in ORO fa sognare
è la CREMA, questa volta è proprio vero
questa volta sarà magìa
dei tuoi anni la metà volerà via.
Le tue rughe, rigagnoli del tempo
si spianeranno in un momento
nessun vento potrà seccare
il fluido che non fa invecchiare.
Pelle liscia, soda, nuova
come le statue del Canova
hai un seno un pò fiacchino?
diventerà la vetta del Cervino.
Il barattolo dorato
ha un costo mozzafiato
ma del prezzo che t'importa...
sarai giovane, finchè non sarai morta.
Lo prendo o non lo prendo?
Ci penso e aspetto un po'
dei miei anni, che son sessanta
tutto sommato son contenta
e se poi si sbaglia e mi toglie
i primi trenta?
Lo lasciò lì
tra un profumo e una ceretta
e m'allontano senza fretta.

DISCUSSIONE
Sofferenza è/e poesia?

 












Cos'è in gioco in questa nostra discussione?
Proviamo a pensarci e forse si chiarirà....


Ennio Abate 
 (Cfr. in questo blog anche COMMENTI
 L'ape furibonda
 omaggiata e punzecchiata)
 
 
 @ Emilia Banfi
 
 1. «La sofferenza dell'indigeno non produce poesia, essendo egli un indigeno ma 
 la potrebbe produrre in chi lo vede soffrire».
 
 Per me non la produce mai. La poesia nasce quando la sofferenza dà tregua, non 
 grazie alla sofferenza. Smettiamola con questa visione della sofferenza che 
 produce. 

Fara Butera
 
 Non mi trovo d'accordo con questa affermazione.
 Credo che l'estro creativo possa colpirci in qualsiasi momento, anche mentre si 
 soffre.  Perché asserire che esso debba sopraggiungere solo durante una tregua?
 L'impeto di comunicare sentimenti, in parole o in pittura, o in altre forme 
 d'arte, delicato o chiassoso, dolente o appagato, arriva senza calcolo né 
 premeditazione.  Inutile quindi rinchiuderlo in uno spazio emotivo, assurdo dare una 
 regola alla produzione. 

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Eugenio Grandinetti
Sisifo (o della conoscenza)

          












Girano
nell’universo illimitato ammassi
di galassie,nelle galassie astri
che trascinano con sé pianeti,
e i pianeti satelliti. Trascorrono
liberi all’apparenza i voli
caudati delle comete,
e ogni cosa ha il suo corso,
immutabile,ché non si scontrino
l’uno con l’altro in una catastrofe
incommensurabile.
Frammenti minimi vagano
senza regole:i maggiori
corpi li attraggono
dolorosamente,li assimilano
a sé: C’è forse
in tutto questo esterna
una volontà che li regoli
o è forse un meccanismo
autonomo che si regola
solo su basi fisiche?

mercoledì 10 novembre 2010

CONTRIBUTI
La vendetta del pornografo.
MICIO TEMPIO, un poeta dimenticato
di Giuseppe Beppe Provenzale

         Domenico Tempio 
                                                 (CT 1750-CT 1820)  
Il Nostro é il maggiore poeta riformatore siciliano, contemporaneo del Parini in Lombardia. Meno famoso o addirittura sconosciuto perché ha quasi sempre scritto in siciliano. Lingua ufficiale del Regno di Sicilia, quella degli atti notarili, delle bolle e dei regi dispacci. Sparito il Regno di Sicilia, il siciliano come tutte le lingue che non possiedono passaporto è stato declassato a dialetto rendendo “minore” la sua letteratura. Eppure ancor oggi il Tempio lo si chiama all’antica, “Micio” conferendogli familiarità e affetto, riconoscimento e adesione[1]. Micio Tempiu fu “… ammirato e lodato dai suoi contemporanei, ma dopo la morte la sua opera è stata quasi dimenticata, tranne alcuni componimenti di carattere licenzioso che, pubblicati alla macchia, gli hanno dato ingiusta fama di poeta pornografico.”[2]

SEGNALAZIONE
POLISCRITTURE N.7


Poliscritture
r i v i s ta di r i c e r ca
e c u l t u r a c r i t i c a

Numero 7
Ottobre 2010

Come dice il titolo, è una rivista
di scritture plurali. Vi trovano ugualmente
spazio riflessioni in forma di saggio breve,
poesia, prosa narrativa, critica o dialogo.
Ma la 'S' in rosso evoca in sottofondo
la polis, la città, la fonte antica della politica
e della democrazia. Si vuole così segnalare
ai lettori l'intenzione di ristabilire in nuovi
modi quella tensione costruttiva tra scritture
e politica che oggi sembra perduta

E' DISPONIBILE:per richieste scrivere a  poliscritture@gmail.com

COMMENTI
Micio Tempio




Commento di Lucio Mayoor Tosi
 

Cliccate su questo link e ci troverete la valida interpretazione di un testo di Micio Tempio.
Qua sotto invece riporto un passaggio che ieri sera che ha sorpreso un po' tutti per la modernità dei contenuti:


Oh che follia/ Taci, perché non sai la Teologia./ Questa sì bella usanza /da Sodoma abbruciata fu sodomia chiamata;/ ma perché sia peccato /io non capisco ancor./ Si l’adulterio è tale/ che sia dal ciel punito./ La fede coniugale viene a tradirsi allor./ Sta il gran peccato espresso /nell’accoppiarsi insieme/ diversità di sesso; ma se si sparge il seme /tra l’uomo e l’uomo istesso,/ che non sia permesso/ portami un argomento,/ una ragione, ed io questo cular desio/ discaccerò dal cor.
 
Non so dire se il verseggiare di Domenico Tempio sia da considerarsi poesia, a me sembrano dei recitativi. Il trattar di temi sociali, di filosofia e di buone o cattive creanze, usando il linguaggio crudo dell'eros, era molto in voga nella seconda metà del '700, eppure mi sembra che l'essere così diretti ed espliciti contenga un'innocenza salutare ancora valida, oggi che viviamo nella dittatura bacchettona, discriminante e fasulla dell'eterosessualità a tutti i costi. 
Grazie a Beppe Provenzale per la magnifica segnalazione. 

lunedì 8 novembre 2010

TRADUZIONI
Marcella Corsi traduce dai POEMS
di Katherine Mansfield


TRADURRE  KATHERINE MANSFIELD 
SENZA LASCIARE LA CUCINA

Tutto è piacevolmente al femminile in questo libro. Dall’immagine di copertina ai versi alla Nota del curatore (perché non curatrice?) che rende conto della fatica compiuta. E, non essendomi io mai davvero impratichito nell’inglese, conoscendo vagamente Katherine Mansfield  e tra il vento il riso e il volo (i tre simboli  che hanno guidato  la scelta dei Poems da tradurre) trovandomi a mio agio soprattutto col primo, sarei il meno indicato a parlarne.
Ma conosco Marcella Corsi, tra l’altro valida  collaboratrice di POLISCRITTURE e  del Laboratorio MOLTINPOESIA, e perciò, se per la Mansfield  mi limito a  pubblicare alcune delle poesie tradotte che più mi sono piaciute, due annotazioni mi sento di farle sulla traduttrice.
Marcella sa prendere di petto tutti  i problemi che il tradurre comporta. Si muove tra trabocchetti linguistici e teorici con una passione vigorosa e una forza elementare. Non si lascia intimidire dai precedenti traduttori,  quasi li salta puntando decisa «all’originale» e sull’empatia con la Mansfield, una scrittrice che - dichiara - al di fuori di quei suoi versi incontrati per caso era per lei all’inizio quasi una «sconosciuta».

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Luisa Colnaghi
La nebbia




 




Arriva a flussi leggeri
galleggia, cattura il  sole
si allunga in ombre  velate
sui vetri della finestra.

Falde di bambagia coprono
il gelo della campagna
i pioppi  all'orizzonte
sono fantasmi fuggitivi.

Non si sente  il suono
delle campane, tutto è  fermo
nel silenzio ovattato,
appeso al filo dei pensieri.

Gocce vaporose come
rugiada scendono lievi
sulla  mente catturata
dalla magia del momento.
 
Gli occhi s'interrogano
frugano nell'infinito, bianco
mondo senza odori
senza rumori di prossimità.

DISCUSSIONE
Rilanciando sul caso Merini:
No alla sofferenza produttiva
No al populismo televisivo









Commento di Ennio Abate 
(Cfr. in questo blog anche COMMENTI
L'ape furibonda
omaggiata e punzecchiata)


@ Emilia Banfi

 1. «La sofferenza dell'indigeno non produce poesia, essendo egli un indigeno ma la potrebbe produrre in chi lo vede soffrire».

Per me non la produce mai. La poesia nasce quando la sofferenza dà tregua, non grazie alla sofferenza. Smettiamola con questa visione della sofferenza che produce.
La sofferenza è sofferenza e produce  negli altri soltanto sofferenza o  istintivo distanziamento o cinismo. Solo una Maria Teresa di Calcutta, in base alla sua fede cattolica e all’esaltazione della Croce e della sofferenza di Cristo, può “amare” la Sofferenza (e magari anche alcuni sofferenti) e costruire una ambigua “macchina per alleviare la sofferenza”. Ambigua perché pienamente inserita nel sistema (che io chiamo capitalistico) che – non dimentichiamolo – produce progresso tecnico e scientifico ma anche grandissime sofferenze, fino alle guerre. Questa “macchina per alleviare la sofferenza” ha aspetti dannosi quanto il sistema (per me il capitalismo), ma gode del velo nobilitante dell’umanitarismo.

sabato 6 novembre 2010

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Lucio Mayoor Tosi
Muhammad è un uomo religioso













Abbiamo trasmesso l’attenzione dei gatti. Buongiorno.  
Quel cappellino ti sta proprio bene, adesso che la luce è un lampo 
di chilometri , conviene farsi belli.  Il buio, il buio è il nuovo giorno 
dei capelli colorati, fiori sui giacconi scuri, parole a passeggio 
tra il denaro che dorme. Anche oggi abbiamo lavorato per lui
vecchio arido, bavoso mondo non terrestre.



Abbiamo trasmesso la vertigine dei palazzi e la loro ombra
ora solo riflessi di lago sul marciapiede. Chiuse le finestre degli uffici 
cessa  ogni pericolo, le strade borbottano la musica sordomuta dei dinosauri 
dalle frecce lampeggianti. Essere ricchi è avere spiccioli.

venerdì 5 novembre 2010

COMMENTI
L'ape furibonda
omaggiata e punzecchiata














Commento di Ennio Abate

Attirato dall’argomento e curioso di sapere cosa avrebbero detto di più e meglio rispetto a noi del Laboratorio MOLTINPOESIA, che ne discutemmo nel marzo 2010 (Cfr. in nota il resoconto), sono andato. Assenti per ragioni varie Majorino, Mussapi e Riccardi, omaggio e lettura critica sono spettati ai restanti. In breve cosa hanno detto?
Kemeny ha raccontato aneddoti curiosi e divertenti su alcuni suoi incontri con Alda Merini, è sembrato affascinato dalla sua esperienza umana dolorosa e ha letto due poesie di lei che egli giudica belle e, come si dice, resistenti al Tempo.
Lamarque ha parlato di produzione poetica fluviale, ha aggiunto che – come tutti i poeti - Merini  ha lasciato poesie belle e poesie brutte e che, in assenza di una più severa selezione, la sua fama di poetessa osannata in vita potrebbe  appannarsi ora che i riflettori su di lei si sono spenti.

COMMENTI
Quando la poesia si fa del bene.
Un reading trasformato in spettacolo:
MILANOICTUS di Dome Bulfaro

Commento di Giuseppe Beppe Provenzale
I reading sono superati, la Poesia ha bisogno d'altro. I disattenti sono avvertiti: da oggi si può ritornare ad ascoltare i poeti senza stramazzare strusciando il fondoschiena su una poltrona o semplicemente disertando i luoghi dove gli irriducibili si contano sempre meno numerosi e sempre meno motivati. Questa settima a Milano é successo qualcosa. Qualcosa di corale tra le migliori teste pensanti della cultura italiana (Fondazione Arbor, Mille Gru, SpazioStudio) e un testo (già reading) del poeta (qui anche performer) Dome Bulfaro, collaborato da uno staff di eccellenti.








MILANOICTUS
di Dome Bulfaro
(per continuare la lettura clicckare su ulteriori informazioni)

giovedì 4 novembre 2010

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Attilio Mangano
Le età
















1.
Se c'è un età per la malinconia 
o per la depressione io non lo so.
Ma quando arriva tutto scappa via
e il mare tu lo guardi da un oblò.

2.
C'è un età della grazia e del candore
quando il  sorriso di chi passa accanto
apre il mondo a uno strano stupore
in cui per legge è proibito il pianto.

3.
L'età dell'innocenza è come un mito
che inventa il tuo passato e rassicura.
Quando il ciliegio è tutto fiorito
e la rugiada bagna la verdura.

4.
Qual è l'età per la masturbazione?-
C'è chi crede sia solo un surrogato.
Nanni Moretti ha una soluzione:
la nutella è come il cioccolato.

5.
Qual è l'età perfetta per l'amore?  
Plagio, corrompimento, seduzione:
è sempre sotto vetro il minore
ma libera è la sua vocazione.

martedì 2 novembre 2010

APPUNTAMENTO
Lab. MOLTINPOESIA
alla Palazzina Liberty
mart. 9 nov. ore 18
Giuseppe Beppe Provenzale racconta Domenico Tempio


Domenico Tempio è uno studioso locale degno di tre o quattro saggi e due tesi di laurea? O un poeta del valore di Parini danneggiato però dalla geografia, dalla storia scritta dai vincitori e infine soffocato dalla lingua? Ai loro tempi Catania e Milano avevano lo stesso numero d’abitanti, la stessa storia di dominazione spagnola alle spalle, un’economia fiorente e la stessa quantità di poveracci. E allora?
La geografia ha posto le due città in bacini d’utenza assai differenti e di differente visibilità.
In un tentativo di correzione della storia scritta  hic et nunc tento di raddrizzarne le sorti. 

Trascurando la elevata produzione di Domenico Tempio, quella illuminista di impegno sociale, ho focalizzato la mia conversazione sulla sua produzione licenziosa. Egli, con notevole coraggio e la maggiore capacità espressiva della lingua siciliana, ha scelto di scandagliare pieghe e abissi di animi che non avevano visibilità nella società civile, né tanto meno voce. Una voce verista anti-litteram che rischia grosso con l’inventio di persone, situazioni e dettagliate descrizioni di particolari fisiologici. Questa voce e la ricercata espressività osano molto, ma  solo per rendere più impressiva e condivisibile la sua rigida morale, scopo celato o palese di ogni suo componimento. Porgo un assaggio con il più comprensibile componimento in toscano, scritto – tutto sommato – con una penna d’oca intinta nell’inchiostro grigio.
Da Il Padre Siccia
(seppia che si nasconde dietro l’inchiostro nero; già la scelta di questo nome è “la morale”)

Oh che follia/ Taci, perché non sai la Teologia./ Questa sì bella usanza /da Sodoma abbruciata fu sodomia chiamata;/ ma perché sia peccato /io non capisco ancor./ Si l’adulterio è tale/ che sia dal ciel punito./ La fede coniugale viene a tradirsi allor./ Sta il gran peccato espresso /nell’accoppiarsi insieme/ diversità di sesso; ma se si sparge il seme /tra l’uomo e l’uomo istesso,/ che non sia permesso/ portami un argomento,/ una ragione, ed io questo cular desio/ discaccerò dal cor.

Un prete pedofilo tenta di traviare un ragazzo, ci riesce ma il teatrino delle parti e l’immoralità dei due è nell’ultimo verso della pantomima: il cazzo entrò sì franco /e tu ti lagni ancor?

Un altro esempio, ma per via della lingua di maggiore difficoltà di comprensione, è la poesia la Monaca dispirata che nei suoi vagheggiamenti da tempesta ormonale brama tanto il pene da essere critica (e assai informata) su quanto ne viene sprecato nelle camerate della caserme dove grossi minchi di surdati/ chi ntra d’iddi lu darreri/si lu pigghianu arraggiati. Sprecato anche nei conventi dove cc inni sunnu/ beddi minchi rancitusi: non havennu nuddu cunnu,/ si la minanu oziusi.
Il coraggio di un linguaggio naturale e forte ha consentito al Tempio di creare libere immagini forti e camei di vite spicciole di persone mai personaggi. Una galleria di defunti senza una targa stradale di marmo né una lapide, eppure hic più viva di qualsiasi astrazione e mappatura geocritica.

Giuseppe Beppe Provenzale





DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Emilia Banfi
Sconfitta


  











Affilai lance e pugnali
l'armatura mi avrebbe ben protetta
contro il nemico
andrò a combattere.
Mi trovai delusa
tra fratelli
con braccia aperte.
Il mio nemico
era il loro Dio
lasciai le lance , l'armatura
e piansi
intorno a me eran spariti
anche i miei soldati.

lunedì 1 novembre 2010

SCRITTORI, CARTA ed E-BOOK
Una traduzione di Luisa Colnaghi

 

DO WRITERS  NEED PAPER?
GLI SCRITTORI HANNO BISOGNO DELLA CARTA ?
Tom Chatfileld  - 20 0ttobre 2010  -Issie 176
As the sales of e-book finally start to soar, what effect will this digital revolution have on publishers, readers and writers? Will the novel as we know it survive?

 Poiché  infine le vendite di e-book stanno aumentando, quale affetto avrà questa rivoluzione su editori, lettori e scrittori ?  Il romanzo, come noi lo conosciamo potrà sopravvivere ?

In questo saggio  si parla della tecnologia digitale  e delle società americane che già la utilizzano come Amazon, Apple's  iPad ecc. per pubblicare E-book, edizioni di libri con suoni e immagini (per bambini), film script, DVD e CD. E si pone la domanda se le pubblicazioni su carta (i libri tradizionali) continueranno ad avere successo oppure no,   se i lettori preferiranno queste nuove pubblicazioni con  tecnologia digitale oppure no, se gli scrittori  preferiranno scrivere  libri tradizionali oppure si adegueranno alla tecnologia digitale.  E l'effetto che questo  nuovo sistema di scrittura potrà avere sulla lingua e sulla scrittura in particolare per giovani autori. E quale effetto avrà sul modo di scrivere.  Gli scrittori che continueranno a scrivere per i libri su carta saranno in diminuzione ? 
In questo articolo vi sono dati statistici e percentuali di vendita di alcuni autori americani e inglesi che hanno pubblicato con la tecnologia digitale ma per il momento sono piuttosto basse. Gli autori intervistati hanno diverse opinioni sulla nuova tecnologia, ma pare che molti preferiscano ancora il sistema tradizionale.

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Maria Maddalena Monti
Due poesie













Il  culto dei morti
                                              
Il cimitero era la tua casa
vivevi
con i tuoi morti
in felici simbiosi
mia sorella mi ha detto…
mia nipote ha i fiori più belli…
quelli si che sono bravi figli…
allora,
come la tua casa,
lustravi e pulivi,
con accanimento,
le tombe
di tutti i parenti
perché quello era
il tuo passaporto
per l’eternità.

domenica 31 ottobre 2010

SEGNALAZIONE
Riflessioni e impressioni
su DONNE SENI PETROSI
di Ennio Abate


Il 22 ottobre 2010 presso la libreria Odradek di Milano Paolo Giovannetti ha presentato questa mia raccolta di poesie. Sono, benché nato nel 1941, un autore quasi sconosciuto, pur operando in vari ambiti culturali, attraverso ad esempio la rivista e il sito Poliscritture (dal 2004) o il Laboratorio MOLTINPOESIA presso la Casa della Poesia di Milano (dal 2006). Poiché questa condizione di semiclandestinità riguarda molti altri - poeti e poetesse sicuramente interessanti (se si leggessero i loro testi) della mia generazione e delle successive - non me ne rammarico più di tanto. E continuoin circoli amicali, riviste o blog - le catacombe di quest’epoca della visibilità postmoderna - l’indispensabile scambio d’opinioni e la riflessione critica che i nostri antenati si trovarono a svolgere forse in un clima di minore ristrettezza e degrado politico. Pubblico, dunque, qui, sul sito di Poliscritture, in rigoroso ordine alfabetico e a mo’ di pionieristico dizionarietto dei moltincritica (sulla scia del dizionarietto dei moltinpoesia già avviato da qualche anno), le riflessioni meditate e le impressioni veloci finora ricevute su DONNE SENI PETROSI. Altre ne aggiungerò se dovessero giungermi. Per incensarmi in piccolo? No, per provare, non tanto a quanti mi e ci trascurano, ma a un possibile io/noi in costruzione fuori dalla cerchia dell’amministrazione elitaria ed escludente di quella che fu la Poesia italiana del Novecento, che è possibile anche in condizioni difficili lavorare pazientemente e utilmente a una poesia di molti e per molti. [E.A.]
Gli interventi si leggono cliccando qui: POLISCRITTURE

DISCUSSIONE
Poeti costruttori e critici demolitori?

 





F.FELLINI Finale di OTTO E MEZZO

Mayoor -
Ma perché non hai considerato questa  frase?
"La mia affermazione, scontata, che dice che il critico demolisce va riferita proprio al metodo. Non intendevo certo dire che il critico vuol demolire per il gusto di farlo". Avrei postato questo video se avessi saputo come fare. Puoi farlo tu?
Abate -

Certamente. Ma riprecisando anche qui la mia posizione già espressa in un commento.
Mettiamola così: se oggi il poeta (o l'uomo in generale) potesse vivere in armonia assoluta (o quasi) con gli altri uomini (società) e la natura, non avrebbe bisogno né di costruire né di demolire alcunché.
Ma l'armonia è una tale falsità che da secoli le religioni, le filosofie, le arti (poesia compresa), per rimediare a un mondo che nega in mille modi ogni possibile armonia, bellezza, convivenza pacifica, felicità, devono continuamente costruire dei, Dio, Essere Supremo (Ragione), mondi superiori (o infernali) o paralleli.  Che diventano più o meno presto gabbie,
fanatismi, clausure nazionalistiche o comunitarie, gerarchie burocratiche; e fanno rinascere rabbia, insofferenza, voglia di distruggere e demolire. I costruttori (tu dicevi i poeti) sono separabili così nettamente dai demolitori (tu dicevi i critici)?
Ne dubito. Mi pare arduo che uno passi tutta la sua vita esclusivamente a costruire e un altro soltanto a demolire.
Tutto avviene in spazi e tempi precisi. Uno nasce dopo una guerra, ed è chiaro che la spinta a costruire prevarrà. Uno nasce nell'Italia attuale della deindustrializzazione, del degrado della politica, della "diddatura dell'ignoranza" (Majorino)
e mi pare più ovvio che gli venga la voglia di demolire.

Nota.  Fellini ebbe la "fortuna" di operare dopo la guerra. Noi la "sfortuna" di farlo oggi.

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Giuseppina Broccoli
AMICO MIO

 










Amico mio, cosa mi domandi?
Non so più cosa m’aspetta
né cosa mi proposi.
Reclami ancora verità e sorprese
e mi chiedi che tempo hanno
e che valore
in questo luogo stretto e qualunque?
Ti ribadisco che non comprendo più
cosa m’ imposero,
né quello che veramente inseguii.
Batto i denti al tuo futuro,
m’ acquatto nel presente
e tutto scorre con fiacco moto.
Qui le intemperie
cambiano  voce,
e cadono in dirupi le illusioni.
Torni salvo, amico mio,
rimbalzi dalla storia
senza indignazione,
ma questi figli
sono intirizziti
dal freddo e dall’attesa.

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Massimo Guidi
LUIS URZUA






Usare la parola,
la forza di ciascuno -
questo potremmo fare,
e lavorare al bene
o ricambiarne un poco,
per quanto ci fu dato. 
 
 

NOTA

Luis Urzua, il "capitano", l'ultimo a lasciare la miniera

E' stato lui a organizzare i minatori sottoterra

Miniera di San José (Cile), 14 ott  - Come ogni comandante che si rispetti, anche il caposquadra Luis Urzua, diventato il 'capitano' dei 33 minatori intrappolati sottoterra, è stato oggi l'ultimo a lasciare la miniera cilena di San José, nel deserto di Atacama.
Urzua, 54 anni, era capoturno quando il 5 agosto scorso una frana bloccò ogni uscita ai 33 minatori. Anche se lavorava da soli due mesi nella miniera di San José, è stato lui ad assumere la guida delle operazioni sottoterra dopo l'incidente. E' stato lui a razionare le scorte alimentari nei primi 17 giorni di completo isolamento dal mondo esterno, prima che una sonda sotterranea non li ha individuasse ancora vivi. Ed è stato sempre lui ad avere il primo contatto con il mondo esterno, parlando alle autorità del Paese.
 

sabato 30 ottobre 2010

ARCHIVIO MOLTINPOESIA
Autori vari dal vecchio blog
su SPLINDER


lunedì, 23 giugno 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dal Sud del mondo

di Eugenio Grandinetti


S'aggirano per l'Europa strani spettri:
sono emaciati ma non sono pallidi
perché hanno la pelle scura. Vengono
attratti da un miraggio che gli pare
più vero di quelli che si formano
nelle calure del deserto,e sono
invece più illusori,fatti
di promesse di oggetti
da possedere,di apparenze
piacevoli in cui mostrarsi. Vagano
per le nostre strade carichi
di cianfrusaglie da vendere,sostano
sotto i portici
accanto ai loro banchetti su cui espongono
le sigarette di contrabbando
aspettano ai semafori che scatti
il rosso e che le macchine
si fermino,per fingere
di lavare i parabrezza e chiedere
un'elemosina dignitosa,e restano
nei nostri pensieri come rimorsi
per una colpa che qualcuno
deve pure aver commesso,forse
proprio noi stessi,senza accorgercene,
con l'esibizione del benessere
e con l'occultamento dei malesseri,
perche non paia
agli altri che ci guardano che il successo
non ci abbia arriso,e che la nostra
vita sia stata tutta un fallimento.
E il fallimento
non era individuale,era
di tutta la nostra storia,che prometteva
libertà per ognuno e invece
ci costringeva ad una dipendenza
sempre più rigida,che prometteva
dignità e ci costringeva
a sempre maggiori compromessi
che prometteva
uguaglianza ed ha creato
disparità inarrivabili,tra continente
e continente,tra popolo
e popolo,tra ceto
e ceto,tra uomo
e uomo. E ognuno
vuole essere parte
di quel continente,di quel popolo,di quel ceto
che ha successo,ed essere egli stesso
quello che ha successo e supera
tutti gli altri,o almeno
non essere l'ultimo,avere
altri dietro di sé
da usare,possibilmente,o almeno
da poter dire
che gli sono inferiori,per trovare
una ragione all'inuguaglianza e non volere
che le cose cambino.

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Nicoletta Czik
Neve neve

                                                                                                                                     


Neve neve
che tolta la testa
dai campi
pur vedo
nel fianco marrone
terreo prato in riposo
o casale
tra crosta e cemento
o torrente in rapina
nell’argine vuoto
o burrone
tra fango ancestrale.
O nel volo del vento.

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Mario Mastrangelo
'O ccuttone cu 'a vocca

 


Si putess'esse róce
'o mumento
c'avimm' 'a parte pe’ gghì rint’ â notte!
Si fra tutt' 'e mistere
c'attuorno â fine stritte s'arravogliano,
na cosa almeno putess'esse certa,
ca pe’ cchillu distacco nun se resta
a suffrì ancora e cchiù,
nterra, fra 'e spàseme,
com' ê ccóre tagliate r’ ‘e llacerte.

Ma a rompe 'o filo c'a 'o munno ce attacca,
fosse nu gesto morbido e leggiero,
chiuso mmiez'a nu vaso
'e tenerezza càvera e addurosa,
come a chillo
ca fa, spezzanno 'o cuttone cu 'a vocca,
na femmena quannn’ha fenuto 'e cóse.

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Giovanna De Carli
I poeti


I poeti
li si vede attorno ad una tovaglia di carta frusciante,
i bicchieri intonati alle calze dell’editore, l’acqua;
si siedono
su sedie dalle zampe di metallo
che garantiscono bagliori d’un discreto effetto,
per il resto, una certa sobrietà,
le mani fioriscono e sfioriscono,
ma poco, una volta su tre,
e poetano davanti a undici persone, anche dodici,
incluse, però, le figlie.
L’ultimo invito
ad un incontro poetico
diceva:
“venite armati,
il luogo sarà deserto”.
Quando l’umorismo si fa sottile
qualcuno potrebbe cogliere
un che di pericoloso
e sovversivo.

mercoledì 27 ottobre 2010

DISCUSSIONE
Mayoor-Abate su “Cos’è la poesia?”
di F. Fortini



Mayoor:

Se i poeti e le loro poesie non fossero anche da considerarsi come casi umani degni di interesse, dove starebbe il valore della loro testimonianza?

Abate:
Ma la poesia non è solo o soprattutto testimonianza. È semmai anche testimonianza: documento, ma ancor più monumento, come dicono gli storici. Per essere chiari, un documento ha grande valore anche se brutto, un monumento (ad es. per diversi tra noi La ginestra  di Leopardi) soltanto se è ritenuto bello, cioè con un valore supplementare, in più, rispetto al documento.