domenica 22 luglio 2012
PER UNA POESIA ESODANTE
Ennio Abate
La poesia passata a contrappelo.
Sulla ex-piccola borghesia
o ceto medio in poesia. (4)
11. Riepilogando. Un criterio politico-poetico
come misura delle poetiche
Come ho detto nella tesi 1 (qui) credo che
siamo in una insoddisfacente Babele poetante, subiamo una cattiva
globalizzazione e operiamo in un “cattivo” ceto medio, che non è in grado, così
pare (in assenza di una più precisa analisi), di porsi i problemi poetici e
politici della “globalizzazione” o farsi voce del nostro tempo. Riproduce,
invece, in piccolo il caos globale e frammentato. E in tale caos c’è spazio -
tanto la frammentazione è ormai dominante
- per il “nuovo” e per il “vecchio” purché devitalizzati: il Web, la
rivoluzione dei trasporti, le biotecnologie ma anche le piccole patrie, i
dialetti (magari “meticciati”), i ritorni al mito (ma congelato e privatizzato).
Paola Febbraro
Da "Turbolenze in aria chiara"
*
SOSPIRATI INDIZI
Uscendo dal circondario
sapevo
Che la gabbia porta
piume
*
Bellezza non ce n'è
e pensare che
e pensare che
ero partita per farne
inno.
I sogni sceneggiavano
direttamente e puntualmente
gli ultimi richiami prima di chiudere gli occhi
gli ultimi richiami prima di chiudere gli occhi
io non li mettevo in
pratica, o sì,
scartando la loro realizzazione
e la mattina era più
cheta
senza meraviglia, magari
amare per sottrazione
d'inganni e promesse.
venerdì 20 luglio 2012
PER UNA POESIA ESODANTE
Ennio Abate
La poesia passata a contrappelo.
Sulla ex-piccola borghesia
o ceto medio in poesia. (3)
Tabea Nineo 1990
9. Contraddizioni interne a gruppi
diversi, concorrenti ma in modi subordinati
Chiarito che siamo tutti ceto medio e che non è possibile più essere dei piccolo borghesi alla Montale o alla Fortini (a seconda delle preferenze), ci restano del passato vari modelli: eroicistici, nicciani, “neo/neon/avanguardistici” o fortiniani, montaliani, ecc. Sono necessari (ciascuno porta con sé - ammettendolo o negandolo - le sue «buone «rovine»), ma da soli insufficienti per la chiarificazione della situazione presente e in mutamento. Sono simboli non trascurabili, sintomi di adesioni profonde a una storia o a una visione del mondo, ma da soli non decisivi.[1] Nello specifico del discorso poetico, ne consegue che, come dice Linguaglossa, è vero: la “democratizzazione” dei linguaggi poetici “quotidiani” subisce l’egemonia di quelli dei mass media ed è ad essi subordinata (e depauperata delle sue potenzialità). Anche perché la democrazia e la poesia non possono ridursi alla dimensione del quotidiano. Né esse possono esserci (ammesso che le si trovi dove si dice che siano) soltanto nel quotidiano. È però vero pure che l’aristocraticismo - opposto della medaglia -, che oggi permane negli interstizi o nelle frange del ceto medio più ai margini dalle mode “democratiche” e muove una critica in parte accettabile a tale fasulla democratizzazione, limitandosi a fare il broncio e a richiamandosi all’antico, al premoderno o alle Origini, resta un aspetto, complementare ma non alternativo della situazione di stallo. E riesce patetico coi suoi tratti di nobiltà decaduta quanto l’altro - il democraticismo - appare arrogante, rampante o falsamente modesto.
Luciano Troisio
Poesie da "Locations, impermanenza.
L'amore al tempo del pc"
PERCHE'
NON CONOSCIAMO LE AVVENTURE STRAORDINARIE
Le avventure più straordinarie
non furono mai documentate
né su stele né su papiro
tanto meno su feuilleton
o sulla “Trivial Literature”
che si occupavano di banali imitazioni per condòmini
poverini.
Non si devono raccontare.
Molti dubitano che siano davvero successe.
Rimasero nelle remote memorie delle fanciulle più riservate
belle in modo raro e divinamente timide
in quelle degli erculei trasgressivi marinai
di braccio forte e zigomi vigorosi.
giovedì 19 luglio 2012
PER UNA POESIA ESODANTE
Ennio Abate
La poesia passata a contrappelo.
Sulla ex-piccola borghesia
o ceto medio in poesia. (2)
Tabea Nineo 1990
4. La piccola borghesia ai tempi di Fortini e Montale
Provo, facendo un altro passo, a riallacciarmi a un mio commento sul nodo
Montale-Fortini-Mengaldo (qui);
e in particolare al punto in cui scrivevo «c’è piccola borghesia e piccola
borghesia» e mi dichiaravo - ancora una volta e per le stesse ragioni già indicate
- contrario ad «un’assolutizzazione della categoria ‘piccola borghesia’» o di quella affine di «ceto medio».
Può servire un confronto con queste due figure: Fortini e Montale. Fortini si poteva rapportare ancora a un noi reale e storicamente solido (il movimento operaio, i “paesi allegorici” che per lui furono l’Urss, il Vietnam, poi la Cina). Quel noi ai suoi occhi pareva potesse ereditare una grande tradizione classico-borghese (lucacciana o adorniana) da contrapporre all’invasione dell’industria culturale, a cui Pasolini parve cedere. Poteva anche ricorrere fiduciosamente alla «sublime lingua borghese» come argine ai linguaggi dei mass media. O sentire ancora la “lotta per i comunismo” come un processo di inveramento possibile dei valori della Totalità Umanistica. Proprio quei valori che, forti in passato, il Moderno aveva spezzato o accantonato, promettendo di sostituirli con altri ben più universali. Poteva, infine, pensare alla propria poesia come un omologo anticipato della Forma, che l’umanità, uscendo dalla servitù capitalistica, avrebbe potuto dare alla propria vita.
mercoledì 18 luglio 2012
PER UNA POESIA ESODANTE
Ennio Abate
La poesia passata a contrappelo.
Sulla ex-piccola borghesia
o ceto medio in poesia. (1)
Tabea Nineo 1990
Divergevano due strade in un bosco
ingiallito, e spiacente di non poterle fare
entrambe uno restando, a lungo mi fermai
una di esse finché potevo scrutando
là dove in mezzo agli arbusti svoltava.
Poi presi l’altra, così com’era,
che aveva forse i titoli migliori,
perché era erbosa e non portava segni;
benché, in fondo, il passar della gente
le avesse invero segnate più o meno lo stesso,
perché nessuna in quella mattina
mostrava
sui fili d’erba l’impronta nera di un passo.
Oh, quell’altra lasciavo a un altro giorno!
Pure, sapendo bene che strada porta a strada,
dubitavo se mai sarei tornato.
Io dovrò dire questo con un
sospiro
in qualche posto fra molto molto tempo:
divergevano due strade in un bosco, ed io…..
io presi la meno battuta,
e di qui tutta la differenza è venuta.
(Robert Frost, “La strada non
presa”, Traduzione di G. Giudici)
1. Coincidenze
Sul sito
(cuginastro?) di "Le Parole e Le Cose" ho letto «Il romanzo nell’epoca della postletteratura» (qui). Il saggio - una introduzione di Carlo
Carabba a L'inferno del romanzo del
francese Richard Millet - sfiora appena il tema ‘poesia’, ma ho trovato delle
coincidenze non casuali tra i suo concetti di «epoca della postletteratura» (la
nostra d’oggi) o di «estetica postletteraria» e i discorsi sulla «post-poesia»
o sul’«epoca della stagnazione» spesso accennati, sul questo blog e altrove, da
Giorgio Linguaglossa.
Per farsi un’idea, vediamo nella sintesi di
Carabba cosa si intende per
«postletteratura». Per Millet:
«Postletterario è chi «scrive senza avere letto» (af. 277), la sua principale caratteristica è scrivere senza rendere conto di trovarsi in una tradizione: «Nei postletterari, tutto risiede nella postura, vale a dire nell’ignoranza della tradizione e nella fede nei poteri di immediatezza espressiva del linguaggio» (af. 346), o anche «postletteratura come confutazione dell’albero genealogico» (af. 233). L’autenticità data dall’immediatezza è obiettivo dello scrittore postletterario e prova della sua validità: «L’ignoranza della lingua in quanto prova di autenticità: ecco un elemento dell’estetica postletteraria» (af. 3); «il romanziere postletterario scrive addossato non alle rovine di un’estetica obsoleta ma nell’amnesia volontaria che fa di lui un agente del nichilismo, con l’immediatezza dell’autentico per unico argomento» (af. 92). […] In poche parole l’autore postletterario è quello che considera la letterarietà come un disvalore, che rinuncia a interrogare la tradizione a favore di uno spontaneismo compositivo, in cui l’atto creativo può rispondere a certe regole più o meno apprendibili e formalizzabili, ma mai a uno sguardo sull’«abisso come principio di conoscenza» (af. 290)».
Giorgio Linguaglossa
Sul "QUADERNARIO BLU"
della LietoColle -
Partiamo dalla
proposizione «Siamo usciti dal Novecento» che molto spesso si trova pronunciata
dagli autori delle ultime generazioni. Che cosa significa essere usciti dal
Novecento? Che cosa comporta trovarsi nel mezzo del guado dell’«Ignoto»? Hanno
coscienza i nuovi autori di questa Antologia di ciò che comporta l’essere
usciti dal Novecento? - Giampiero Neri e
Vincenzo Mascolo hanno lavorato sodo, hanno consegnato alle stampe questo
tomo di 274 pagine che raccoglie «alcune
tra le voci poetiche più interessanti di oggi. Non un’antologia…», come è
scritto nella brevissima introduzione, appena un cenno e via. Eppure, ci
sarebbe stato bisogno di spiegare le ragioni che militano in favore
dell’esistenza di questa cospicua schiera di autori presentati. Se davvero la
poesia ha, oggi, diritto all’esistenza, dico una esistenza reale e
significativa per dei lettori che cercano esperienze linguistiche
significative.
martedì 17 luglio 2012
Samizdat
Scherzetto contro un filo-Monti
* Il testo (specie per i riferimenti a Stan, un commentatore) fa riferimento al dibattito in corso nel post: I primi otto mesi del governo Monti di Mauro Piras apparso su LE PAROLE E LE COSE di Mauro Piras (qui)
Cabaletta,
tratta dal *Trovatore dei Riformatori fasulli*,
musica
rubata da Samizdat a Giuseppe Verdi, libretto da riscrivere nei prossimi mesi.
Manrico
(tenore):
Di quella
Piras l'orrendo foco
ELLEPI’ELLECI’
avvamperà!...
Empi,
spegnetela! O Stan tra poco
Col sangue
vostro la spegnerà...
Bruciava
già TreMonti fa.
Or ch’al
PIDI' uno glien resta
L’onta a
sinistra chi laverà
Nell’Italietta
ognor men desta?
Leonora:
Non reggo a
colpi tanto funesti...
Oh quanto
meglio sarìa morir!
Ruiz, Coro
di armati (rivolgendosi a Stan):
All'armi,
all'armi! eccone presti
A pugnar
teco, teco a sparir.
lunedì 16 luglio 2012
Luca Ferrieri
da "L'amore senza"
IN VECE DI POETICA
(Versacci, 5)
(Versacci, 5)
Scrivo
quando la musica sale alle tempie
addenta la polpa, il midollo, la luce.
addenta la polpa, il midollo, la luce.
Lo
spasmo getta piccole gocce d'inchiostro,
artiglia la carta, scarnifica fino
artiglia la carta, scarnifica fino
a
vederne zampillata l'arteria.
Quando
si placa, anche le tracce della lotta
scompaiono; nella distesa bianca nulla
scompaiono; nella distesa bianca nulla
che
dica la strage fatta, l'orrendo nodo
mozzato alla gola. Stinge in parole
domestiche, che la mano pietosa
appallottola.
mozzato alla gola. Stinge in parole
domestiche, che la mano pietosa
appallottola.
sabato 14 luglio 2012
Giuseppe Cornacchia
Su alcuni problemi della poesia d'oggi
Van Dongen, Clow
Per incoraggiare il confronto sui problemi della poesia d'oggi pubblico e apro la discussione su questa risposta ad un questionario del 2001 della rivista Atelier. E' di Giuseppe Cornacchia, fondatore e co-gestore del blog nabassar - letterature ed arti . [E.A]
La questione
"Ci si è lamentati, di recente, di una chiusura della poesia nel privato, ma di che cosa la storia ci chiede testimonianza? Ci si è anche preoccupati del pubblico della poesia, ricadendo in sociologismi viziosi e perdendo di vista la responsabilità del poeta che è forse rivolta, anzitutto, all'oggetto del proprio discorso. Allora, che cosa ci ispira poesia oggi, e perché? E che cosa significa essere ispirati? E come si resta (nella lingua e nello stile) fedeli all'avvenimento di cui ci sentiamo responsabili?
È sempre più diffusa la convinzione che il Novecento sia prossimo alla
fine, se non già esaurito. Sei d'accordo con la realtà di questo passaggio? E
quale poesia sta soppiantando quella novecentesca? Quali scelte nuove
sarebbero, secondo te, alla base della svolta? Dal Simbolismo in poi, e in un
certo senso per tutto il Novecento, abbiamo assistito all'annuncio di un evento
assoluto, come se il quid da sondare fosse la creazione in sé.
Superare il Novecento significa riferirsi a questa tradizione, magari
sviluppandone le istanze in modo finalmente costruttivo, oppure volgersi ad
altre linee forti, ad esempio a certe esperienze progettuali oppure 'civili',
per inaugurare (o tornare a) una poesia più inerente alla Storia?
venerdì 13 luglio 2012
Eros Alesi
Da "Frammenti"
Ben Shahn - Unemployed
Tu che ora sei nei pascoli celesti, nei pascoli terreni, nei pascoli marini.
Tu che sei tra i pascoli umani. Tu che vibri nell’aria. Tu che ancora ami tuo figlio Alesi Eros.
Tu che hai pianto per tuo figlio. Tu che segui la sua vita con le tue vibrazioni passate e presenti.
Tu che sei amato da tuo figlio . Tu che solo eri in lui. Tu che sei chiamato morto, cenere, mondezza.
Tu che per me sei la mia ombra protettrice.
Tu che in questo momento amo e sento vicino più di ogni cosa.
Tu che sei e sarai la fotocopia della mia vita.
mercoledì 11 luglio 2012
Ivan Pozzoni
Cinque "non-poesie"
INTERVISTA AD UN MORTO AMMAZZATO
Il
comitato di redazione m’ha affidato un incarico strano
correre,
filosofo in bicicletta, lungo le piste ciclabili di Milano
nella
speranza di sottrarre all’anonimato
l’intervista
ad un morto ammazzato.
Cercando
il cadavere d’un bandito,
la morte
dell’uomo comune non è fatto gradito,
mi
rifugiai al fresco d’un deposito mortuario,
interrogandone
ogni misero affittuario,
e mi
imbattei nel disdicevole pallore
delle
incallite spoglie d’un rapinatore.
martedì 10 luglio 2012
SEGNALAZIONE
Versi Umani FEST - 2012
a Milano
Versi Umani FEST - 2012:
dalle 21.00 presso FABBRICA DEL VAPORE in via Procaccini 4, Milano.
Programma:
h. 22.00: presentazione dell'antologia MILANO, n. 0 della collana Manifesti. Con reading degli autori pubblicati.
Alejandro De Luna – A LA "MADONNINA" Y EL DUOMO DE MILÀN
Alessandro Magherini – MILANO COME TOKIO
Andrea Ferrari – MEZZANOTTE DI COPRIFUOCO
Anna Lamberti-Bocconi – VIALE MONTECENERI; BONOLA;CRONACHE DA VIA FATEBENEFRATELLI
Beppe Ratti – (non un aliante a linate…)
Cettina Lascia Cirinnà – I MIEI ANNI OTTANTA A MILANO
Davide Ferrari – (Mi hai detto - uno sguardo…)
Davide Gigli – AUTUNNO
Donald Datti – (milano, dal basso…); (il giorno che godzilla ha fatto la sua apparizione…)
Fabio Ventre – (A Milano sappiamo…)
Fabrizio Venerandi – (io a milano ci sono stato seduto…)
Francesca Genti – (Noi, dandy di Lambrate…)
Gianni Montieri – (A Lambrate la granita stava a quattro euro…); SALONE DEL MOBILE
Giuliano Mori – BRICIOLE STELLE STRISCE
Lucio Mayoor Tosi – AREA C
Manuela Dago – MILANO PORTA POESIA
Meeten Nasr – LUCCIOLE; NAVIGLIO
Pietro Fornari – CONTO ALLA ROVESCIA PER TROVARE SE STESSI A MILANO
Silvia Monti – INNAMORATI A MILANO
Stefania Carcupino - GORLA
Tina Caramanico – STRADE
Veronica Liga – LA MIA MILANO
h. 23.00: concerto di Johnnie Selfish & the Worried Men Band.
h. 24.00: dj set e dancefloor northern soul/motown a cura di Fred Bully (aka Federico Vinella).
lunedì 9 luglio 2012
Ennio Abate
Nature morte
a Gigi Lanza
E
la contestazione? 1
E
gli intellettuali del sessantotto (Cezanne: Nature morte au)
che
decretarono col lancio d'uova marce sugli smoking
la
fine della vecchia mercantile mostra del cinema di Venezia
e
di un turismo élitario e un poco snob?
Oggi
sono sposati, quadri dirigenti dei partiti di sinistra
consulenti
culturali di enti pubblici.
L'altra
sera, coi loro vecchi jeans e gli occhialini alla Trotckij
erano
tutti in Campo San Trovaso, alla rassegna di cinema-estate
organizzata
dal comune di Roma ad applaudire il "fascista”
John
Wayne
in
una vecchia pellicola (Ombre rosse)
di
tanto tanto tempo fa.
Emilia Banfi
Poesie
*
Chiedetemi del mio io
rendetemi partecipe
del vostro stare qui
con me che ascolto
il vostro esistere.
Per ciò che farò
non avrete grande interesse
ma sulla mia altalena c’è
un posto anche per voi.
rendetemi partecipe
del vostro stare qui
con me che ascolto
il vostro esistere.
Per ciò che farò
non avrete grande interesse
ma sulla mia altalena c’è
un posto anche per voi.
Maria Maddalena Monti
Poesie
MINUTI
E ci consegniamo a questi giorni
che sfuggono fra le pieghe delle dita.
Ore, minuti fissati a punta di spillo.
Sull’atlante il viaggio prosegue,
ma il dito puntato ritorna sempre
là,dove forse era il
nostro posto.
domenica 8 luglio 2012
Giorgio Linguaglossa
Poesia e ontologia
in Gëzim Hajdari
Gëzim Hajdari, Nûr – Eresia e Besa (Edizioni Ensemble, 2012)
Nûr è forse l’opera più complessa e di maggiori ambizioni di Gëzim Hajdari, quella che riprende e trasfigura gli elementi principali della poesia hajdariana attraverso una ridistribuzione drammatica dell’io nella varietà dei protagonisti scenici.Verità ed essere, e loro relative semantizzazioni, fanno da sfondo al discorso poetico di Hajdari, Occorre qui, in via preliminare, abbozzare la posizione di Hajdari su «verità» ed «essere». La verità, nella tradizione metafisica, è stata sempre intesa come il rispecchiamento di un dato, l’adeguazione alla presenzialità dell’essere: da una parte l’essere nella sua già data, già completa presenza, e dall’altra il pensiero che tenta di rispecchiarlo, e che tuttavia, in questo rispecchiamento non aggiunge nulla all’essere. Hajdari raccogliendo suggestioni heideggeriane, nicciane e gadameriane, intende la verità come «evento», come l’aprirsi di orizzonti storici entro cui gli eventi vengono all’essere; e, come tale, essa deve accadere e non è nulla al di fuori o al di sopra di tale accadere.
sabato 7 luglio 2012
Giorgio Linguaglossa
Su "BABEL - Oms, feminis
e cantonîrs"
di Lucia Gazzini
Dopo l’iperrealismo (con il correlativo speculare di un certo espressionismo in poesia) che è stato in auge in Occidente fino agli anni Novanta, oggi sembra prevalere, anche nella poesia in dialetto, tra le ultime generazioni, il genere intimistico. L’intimismo di Lucia Gazzino infatti predilige l’ingrandimento progressivo delle unità verbali prese ognuna per sé e le collega con elementi asintattici, con congiunzioni o particelle avversative, costruendo una sintassi liquida, come in sospensione, in emulsione. In questo modo gli elementi significanti e sonori del linguaggio, come accade in queste poesie in dialetto friulano di Lucia Gazzino, vengono esaltati ed ampliati. le parole diventano parole-immagini. Procedura già anticipata da un quarantennio da un film come Blow up di Antonioni, dove un fotografo, che ha scattato numerose fotografie in un parco, rientra nel proprio studio, e qui viviseziona le immagini attraverso ingrandimenti successivi e arriva ad identificare, stesa dietro un albero, una forma supina: un uomo ucciso da una mano armata di rivoltella che, in altra parte dell’ingrandimento, appare tra il fogliame di una siepe.
Giorgio Linguaglossa
Su "L’appropriato governo del fuoco"
di Alessandra Palmigiano
Alessandra Palmigiano L’appropriato governo del fuoco La Vita Felice, Milano, 2012
Non siamo proprio alla teatralizzazione dell’io come avviene
nel genere di poesia frequentata nell’occidente dell’epoca della stagnazione ma
in un sotto-genere che elegge il «tu» quale destinatario dei testi-missiva;
Alessandra Palmigiano opta per l’esplicita forma dialogica del «tu» e parla con
un misterioso lettore «implicito», una specie di «doppio» (?) della propria
coscienza, oppure con il lettore spettatore, etc. Leggo nel risvolto che
l’autrice si occupa di «logica»; e non c’è dubbio che è una poesia che riscuote
il plauso della sfera razionale del lettore senza penalizzare, direi, neanche
l’emisfero deputato alla immaginazione del lettore. Palmigiano racconta sempre
un evento preciso (un non-detto, un implicito) con il massimo risparmio di
parole e con il massimo di elusività, ecco la ragione della incisività del
verso lineare di questa poesia, che termina proprio lì dove deve terminare, ma
il significativo è nel verso successivo: si nasconde in una omissione, in un
patto tacito, nella elusione, nel non-detto. La traduzione in inglese dei testi
ci aiuta a metterci in consonanza con il linguaggio dell’autrice, se non altro
per la nota predilezione dell’inglese per le forme attive e pragmatiche.
giovedì 5 luglio 2012
Raffaele Piazza
Poesie
Nuvole e Alessia
1
Da dove tu
sei, in via Petrarca,
vedi la
stessa nuvola, mi dici,
nel mio da
Piazza Dante
scorgerla e
2
il telefono
a unirci in voci
nel coro di
questo postmoderno
occidentale.
dici la nuvola
si sfiocca
in forma di cavallo
candido il
cielo sopra Napoli e
Lucio Mayoor Tosi
Gente, scoiattoli, formiche
The construction of Empire State Building
come
precipitasse, e non si sa dove finisca.
Occhi vispi
di uno scoiattolo impagliato.
Gambe
lunghe che non si sa dove finiscano:
Qui è pieno di gente
Come quando
vedi una formica sul piano della cucina
e
dici:
E' pieno di formiche.
mercoledì 4 luglio 2012
POESIA VOLANTINO
Inesistenti.
Dialoghetto tra Samizdat
e un democratico
alzano la testa e scendono in lotta.
Questa mattina, 4 luglio 2012, è iniziato..
Cosa? Lo sciopero dei lavoratori
della COOPERATIVA INESISTENTI
Che fa ‘sta cooperativa?
Cerca di lavorare, di eseguire
l’imballaggio dei prodotti di cosmetica
per conto dell’azienda INNOMINATA S.P.A.
martedì 3 luglio 2012
PER UNA POESIA ESODANTE
Ennio Abate
La poesia passata a contrappelo.
Un nodo: Montale-Fortini-Mengaldo
lunedì 2 luglio 2012
Marcella Corsi
Richard G. Kerschhofer.
Da una conversazione
a due traduzioni
Una conversazione con
Claudia Hochstrasser mi ha fatto conoscere alcuni versi – da un blogger
erroneamente attribuiti a Kurt Tucholsky – di Richard G. Kerschhofer, autore
tedesco che nel 1929 li pubblicò sulla rivista austriaca "Zeitbuehne" con lo pseudonimo di Pannonius. Viene voglia di
riproporli per la completa attualità che conservano dopo oltre 80 anni.
Giorgio Linguaglossa
Su "L'equilibrista dell'oblio"
di Zingonia Zingone
Zingonia Zingone L’equilibrista dell’oblio Equilibrista
del olvido Raffaelli, Rimini, 2012
Ho assistito di recente alla presentazione del volume di poesie di Zingonia Zingone (poeta e
scrittrice bilingue: italiano spagnolo) al Santuario delle Tre Fontane in Roma e ne ho tratto una impressione
positiva. Il libro l'ho trovato vivo, intenso, a tratti anche struggente, ingenuo
e sentimentale se diamo a tali termini il senso che gli dava Schiller nel suo
famoso saggio sulla poesia ingenua e
sentimentale. In una certa misura, direi che quella di Zingonia Zingone è una poesia che rientra
nel parametro schilleriano, e questo grazie anche alla sua cultura e alla
lingua spagnola con cui Zingonia si esprime, il che le facilita il compito,
evitandole così le congiunture nelle quali si è andata a cacciare la poesia
italiana del secondo Novecento, con le sue idiosincrasie per tutto ciò che
attiene all’«ingenuo» e al «sentimentale».
sabato 30 giugno 2012
Enzo Di Mauro
Poesie da "Il tempo che non venne"
Il tempo che non venne
Non
pare - mi dico mentre scrivo
un mucchietto di versi servili -
l'inverno più freddo della storia.
un mucchietto di versi servili -
l'inverno più freddo della storia.
Ma
certo è qualcosa, è certo qualcosa
questa pastetta di terra umida,
questa pastetta di terra umida,
questo
grumo sporco
che si
apparenta al cielo e resta giù
cascando e cascando
cascando e cascando
desolato
e incomprensibile
- come
desolata è la mia furia di uomo
che non possiede nulla e zoppica
che non possiede nulla e zoppica
non
sostenuto neppure da catene o dall'artiglio
che strazia col suo gelo di speranza,
che strazia col suo gelo di speranza,
ed
essere senza nome, impronunciato,
è una grandezza che fa tremare.
LETTERA/RECENSIONE 1
Ennio Abate
Su "Parking luna"
di Gabriele Pepe
Foto di Christoph Kopp @500PX
Pubblico, e altre ne
seguiranno, senza un ordine preciso le
lettere/recensioni che negli anni ho inviato a
vari amici e conoscenti che mi hanno mandato in lettura i loro testi. Le
faccio precedere da alcuni dei testi a cui fanno riferimento. [E.A.]
BANANE LUMINOSE
È denso
vorticare questa notte
Notte cruda
scannata sul rumore
Lucida e
tagliente di parole
Sguainate
come lame dagli abissi
Del livore.
Voragine e crepaccio
Dove
s’increspa l’ombra del dolore
Precipita
la ghiaia dei giudizi
mercoledì 27 giugno 2012
Sandro Bajini
Ipogrammi
Klee, Paul - 1924 Actor's Mask
SANDRO BAJINI, Ipogrammi. Casabianca Edizioni, Sanremo 2011
(quoniam subesse malunt quam superesse)
SOLILOQUI
***
In casa mia
mi sento di troppo
anche quando
sono solo.
*
In bilico sopra una palla
che gira intorno al sole e su se stessa
non ti stupire
se in questo forsennato Luna Park
ogni tanto ti coglie un capogiro.
martedì 26 giugno 2012
CRITICA
Ennio Abate
A proposito di Kamala Das.
Mito e Storia, uno a zero?
Espongo
qui alcune critiche alle posizioni
“orientaleggianti” e di liquidazione del femminismo storico occidentale che
amiche e amici hanno espresso nei commenti al post su alcune poesie di Kamala
Das tradotte da Francesca Diano (qui). Spero di farlo con ragionamenti fondati e rispettando la «visione delle
cose» soprattutto di alcune mie interlocutrici che considero amiche. [E.A.]
1.
Si può partire dal mito (della Dea Madre) per valutare la
storia? Certo. Ma nei commenti del post
dedicato a Kamala Das si finisce per sostenere la superiorità del mito e a svalutare
la storia, presentandola come un pallido
riflesso di quello, una sua forma degradata e pervertita da negare per ritornare, se possibile, al mito.
Questo è lo schema che sottostà, secondo me, ai pensieri espressi in tutti gli
interventi. Le differenze tra le affermazioni di Francesca Diano, in soffitta,
Semy e lo stesso Mayoor non mancano, ma sono
dentro il medesimo paradigma: prima il mito, poi la storia; il mito superiore
alla storia; il mito che si abbevera
alla fonte sacrale dimenticata colpevolmente dalla storia. In altri termini, il discorso - che pur vuole polemizzare contro fissità e rigidità del
pensiero occidentale, dominio maschilista, consumismo e colonialismi vari - si
arrotola su di sé e diventa pur esso discorso fisso, rigido (e telelogico).
lunedì 25 giugno 2012
Giorgio Linguaglossa
Su "Il secondo dono"
di Sabino Caronia
Sabino Caronia Il secondo dono Progetto
Cultura, Roma, 2012
Il secondo dono, così semplicemente si intitola
questa plaquette di Sabino Caronia, quasi a celare un pudore inespresso o a
dissimulare una ritrosia più che manifesta, quasi a chiedere venia per tanta
improntitudine di apparire quale autore di un mannello di liriche. E liriche
d’altri tempi, quando ancora c’erano i bambini che giocavano con l’aquilone su
nel cielo e calciavano il pallone ad ogni cantone del trivio o del quadrivio.
Ma oggi che l’arte della simulazione si manifesta con la singolare propaggine
della scaltra dissimulazione di massa, dico, oggi, che altro dire di una lirica
che si rivolge ad altra lirica del passato come ad uno sconosciuto elitario
interlocutore che mai più vedrà la luce se non nel segno di un altro segno o in
una cosa chiamata sogno, che forse mai più incontrerà il proprio interlocutore?
Giorgio Linguaglossa
Su "Poemetto gastronomico
e altri nutrimenti"
di Tomaso Kemeny
Tomaso Kemeny Poemetto gastronomico e altri nutrimenti Jaca Book, Milano, 2012
«è della massima importanza / intendere il processo di dissoluzione / dei linguaggi artistici» (T.K.)
Paradossale e
politicamente «scorretto», stralunato, irriverente e bislacco questo libro di
«invettive» e di «licenze» di Tomaso Kemeny contro «lo Spirito della Poesia Gastronomica» del nostro tempo
dove il rapporto tra il «mitico» e lo «storico» appare trasmutato in «segno»
linguistico, e quest’ultimo in effetto «gastronomico». In Kemeny è vivissimo il
senso di un generale effetto di deriva, non soltanto della tradizione, ma di ogni concetto
che voglia applicare un senso alle cose del mondo. Ciò che originariamente, per
i mitomodernisti, era il rapporto ontologico tra «mito» e «storia» che
caratterizzava il tardo Moderno, oggi, nelle condizioni del Dopo il Moderno non è più la Sensucht nostalgica quella che respira nei versi
della poesia più evoluta ma una oggettività, un voler essere e voler apparire
oggettivi o super
partes in mezzo alla barbarie dei rapporti produttivi estranianti ed
estraniati, talché il recentissimo è diventato, come apparenza e fantasmagoria,
lo stesso antico, e l’antico (opportunamente modernizzato) è diventato il
recentissimo (antichizzato), la merce segnaletica del cartellone mediatico.
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