lunedì 24 febbraio 2025

FRAMMENTI DI UN DISCORSO SU FRANCO FORTINI NEL 2025


21 febbraio 2025

PRESENTAZIONE PRESSO PUNTO 165
A COLOGNO MONZESE
di
"NEI DINTORNI DI FRANCO FORTINI. Letture e interventi (1978-2024)



Ennio Abate risponde a tre domande: -rapporti tra generazioni; - messaggio positivo e/o negativo del comunismo di Fortini; - Pasolini e Fortini.



* riprese di Gianfranco Liparulo

lunedì 17 febbraio 2025

Percorsi PerVersi di domenica 16/02/2025


Paolo Massari e Ennio Abate


di Ennio Abate


Dialogando nei dintorni di Franco Fortini
 e sulle mie poeterie 
con Paolo Massari di Radio Popolare

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domenica 9 febbraio 2025

RIORDINADIARIO 2010/MOLTINPOESIA/EUGENIO GRANDINETTI


18 maggio 2010
Da un resoconto alla mailing list dei Moltinpoesia

di Ennio Abate

Ieri era la prima volta che il Lab. Moltinpoesia usciva “in trasferta”, ospite della Casa della Poesia al Trotter di via Giacosa, omologa ma considerata di “serie B” (è il caso di dirlo o, per ipocrisia, tacerlo?) rispetto alla Casa della Poesia della Palazzina Liberty. Mentre ci andavo pensavo: Che bello! Così cominciamo a funzionare da laboratorio itinerante, come tante volte abbiamo auspicato.
Non c’erano temporali in corso. Anzi era un bellissimo e tiepido pomeriggio e gli alberi del Trotter avevano tutte le sfumature di verde che un poeta potrebbe desiderare. Fatto sta – lo sottolineo per il discorsino che farò più avanti – che dei frequentatori assidui del Laboratorio, se all’incontro sulla Szymborka eravamo in 5, a quello sull’antologia «Corporea» in 4 (ma diluviava), a questo su Galeazzo di Tarsia eravamo ancora, col relatore Eugenio Grandinetti, in 4. Sempre pochi ma buoni, eh! Ma questo non era il Lab. Moltinpoesia? Qualcosa va male non solo nel mondo e in questo Paese, ma anche tra i poeti!
Meno male che ci siamo goduti una bella lezione di Eugenio!
Da conoscitore fine della storia e della letteratura italiana con tanto di date giuste e di nomi di re, viceré e baroni. Grandinetti ci ha intrattenuto per un tre quarti d’ora pieni sulle sestine e i sonetti di questo poeta, barone calabrese della zona di Belmonte (Cosenza), non identificato con certezza assoluta dagli studiosi anche pignoli (Galeazzo II o Galeazzo III?).
L’autore di queste poesie, che piacquero a Foscolo (qualche sua perla egli “rubò” quasi alla lettera) e più di recente a Fortini (di cui Grandinetti è stato amico e frequentatore), presente in tutte le antologie, anche se di testi suoi originali non abbiamo nulla e la sua opera trasmessa conta solo una cinquantina di componimenti, «scrisse solo per sé».
Artigiano fine della lingua poetica fornitagli dal petrarchismo imperante dopo le prescrizioni canoniche del Bembo, da esso si distingue per tante cose: la minore astrattezza dei suoi versi amorosi, la non coincidenza tra pause ritmiche e pause logiche dei versi, certe scelte lessicali di rottura (alla Dante o alla Montale, ha ricordato Eugenio), una sensibilità che anticipa il barocchismo del Marino e persino il romanticismo attratto dalle corrispondenze tra paesaggi e stati d’animo.
Capace di attirare l’attenzione è quel poco che si sa della sua biografia (o delle due biografie, sarebbe giusto dire): fu capitano di guerra, odiato dal vicerè (il nome mi è sfuggito..), vedovo precoce di una sposa giovanissima, incarcerato in Castel Capuano, in esilio a Lipari, accusato di «angherie sui suoi sudditi», improbabile (lo dice però Foscolo) soldato al servizio del re di Francia. Si aggiunga poi- tanto per dare un tocco tragico-passionale – che, dopo la morte del poeta, suo fratello minore Tiberio pare stuprasse la figlia bambina di Galeazzo.
La lettura di vari sonetti che ha fatto Eugenio non posso rendervela, perché (ci ho pensato dopo, ahimè!) non ho portato il registratore, che mi avrebbe permesso di metterla in un file MP3 e mandarvela per posta elettronica.




1

Ciò che chiamo meraviglia


 


di Anna Catastini



No
n interrate
neppure rese edibili
ma nascoste
dimenticate nel buio
ora riemergono
anime vegetali
liberate
mutate in foresta
al mio sguardo
innamorato
che si bea
delle piccole cose.


martedì 4 febbraio 2025

Contro i panegirici

 




di Ennio Abate

De Angelis è un buon poeta della tradizione ermetico-orfica. Su questo non ci piove. Ma perché lodarlo in continuazione? Leggo sulla pagina FB di Viviana Nicodemo (qui) la recensione di Roberto Galaverni su "Poesie dell'inizio 1967-1973" di Milo De Angelis, dove tra l'altro il critico scrive: "c'è già tutto lì, c'è già il suo modo". E mi chiedo: ma perché quello che è quasi la norma per tanti (la maturità poetica che si intravvede già nella produzione giovanile) deve essere presentata come fatto eccezionale? E da applaudire poi? Perché questi panegirici? E’ questa la critica che serve? A De Angelis o alla sua corte?  


giovedì 23 gennaio 2025

RIORDINADIARIO (13 febbraio 1986)



Leggendo la prefazione di Zanzotto a "Un'obbedienza" di Fortini

come se - statua di marmo - fissasse
me nudo e meridionale e con toppe
(ed io la pensavo amica!)

povera parola
insisti al naturale presepe
puah, inceppata
adagiata in quel dialetto dei bottegai!

giovedì 9 gennaio 2025

Nel boschetto

 

di Rita Simonitto

Un brav’uomo nel boschetto
Lavorava di seghetto.
Tagliato ormai l’ontano
Bisognava metter mano
Separando dalle frasche
Vittoriose di burrasche
Rami grossi, ramettini
Lavorar da certosini.

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giovedì 2 gennaio 2025

Nei dintorni di Franco Fortini. Introduzione



di Ennio Abate

Questa è la versione definitiva dell’Introduzione al mio libro “Nei dintorni di Franco Fortini” che dovrebbe uscire prossimamente. La pubblico qui su Poliscritture in questo 1° gennaio 2025 non tanto per pubblicizzare il mio lavoro ma come augurio a me stesso e a quanti come me non hanno voluto mai metterci una pietra sopra alle speranze del ’68-’69. Buon anno.

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giovedì 26 dicembre 2024

E GIA' I POETI IN TEMPI DI GUERRA...

 


di Ennio Abate

"Raimondi tende, forse da sempre, a spostare la propria attenzione  dall’antagonismo etico-politico alla conciliazione etico-morale, cioè al piano dell’esistenza in cui è ancora possibile o almeno sperabile costruire una forma di armoniosa condivisione. " (Pusterla)

E già, I poeti in tempi di guerra dell'antagonismo etico-politico se ne sbarazzano volentieri, senza rimorsi. E, come preti - ah, la "sporca religione dei poeti"! - mirano alla conciliazione etico-morale. Si perdonano, ma saranno perdonati? Temo e spero di no. Anche perché fingono di non sapere che è impossibile costruire questa benedetta "forma di armoniosa condivisione" esclusivamente sul "piano dell'esistenza". A meno di non contentarsi di coltivare il proprio giardino poetico-esistenziale-quotidiano (se lo hai) disinteressandosi a fatti come questi: " I cadaveri attirano branchi di cani che vengono a mangiarli. A Gaza la gente sa che dovunque veda dei cani è meglio non andare".

*Mio commento a 

Su “L’Atalante” di Stefano Raimondi

: https://www.leparoleelecose.it/?p=50648

mercoledì 27 novembre 2024

Poesia per un esodo

 



LAVORANDO A “NEI DINTORNI DI FRANCO FORTINI”
Da un’intervista (2013) di Ezio Partesana a Ennio Abate

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lunedì 11 novembre 2024

Consigli al giovin scrittor d’oggi (1998)


 


di Ennio Abate


1.

Se/ obbligato ai tic e vivaci moine
per salotti e soirées/ fra ceti medi e alti
hai corso
qualcosa di grandioso e abietto/ sullo sfondo
e in filigrana
feroci e oscure circostanze
sveli
la tua cartamoneta scritta

Piena di leggerezza/ allor
sarà nel crash delle utilitarie
la tua danza davanti alla ghigliottina

Leggendo «Composita solvantur» nel giorno della morte di Fortini

 


di Ennio Abate

giovedì 24 ottobre 2024

Sulla comunicazione in poesia a pochi/molti

 


RIORDINADIARIO 2011/ MOLTINPOESIA

di Ennio Abate

Se sto su una spiaggia affollata da molti bagnanti e vedo una persona che sta per affogare, mi rivolgo ai pochi a me vicini, che mi possono sentire e darmi una mano. Non alla folla lontana e distratta, alla quale le mie grida non arrivano o giungeranno incomprensibili. Per questa scelta qualcuno mi potrebbe mai accusare di aver voluto rivolgermi a pochi con l’intento di «creare nuove élites»?
L’immagine che ho della poesia oggi è proprio questa: una persona che sta per affogare. Tutti noi vorremmo salvarla. Io però vedo attorno molta agitazione, troppa confusione. E non m’illudo che alla (difficile) operazione di salvataggio possano partecipare i *molti*, ai quali pur si richiama nel nome il nostro Laboratorio. Non è possibile. Non subito almeno.
Le cause di questo scarto sono tante e complicate: il tipo di vita convulso che facciamo; il “rumore di fondo” dei mass media che comunque ci sommerge; gli orientamenti mutevoli dei singoli, ora più propensi all’autopromozione individualistica ora affascinati dall’obiettivo di una libera espressività ora diffidenti verso certi problemi (critica dei testi, rapporto tra tradizione e innovazione, ecc.) considerati troppo spesso oziosi o fisime per “intellettuali”.
Se questo mio punto di vista non è del tutto campato in aria, non mi sento affatto in contraddizione per aver scritto:

«la poesia deve rinunciare in partenza a raggiungere quanti non possono neppure "sentirla", essendo assordati da "questo mondo così distratto e frammentato"; e deve invece rivolgersi - perché vi è costretta, ma anche per scelta consapevole -ai pochi/molti. 
Fortini diceva: non parlo a tutti. Io userei questa termine "ambiguo" per indicare un potenziale io/noi capace di costruirsi tenendosi lontano sia dall’elitarismo dei “pochi ma buoni”e sia dal populismo dei rintronati dalla grancassa massmediale».

Certo, uno strumento potente per arrivare ai*molti* ci sarebbe: la comunicazione attraverso i media. Non la ritengo opera del demonio da cui stare alla larga. Però è a tutti evidente che, per quanto qualcuno tra noi possa aver imparato a parlare «universalmente in modo appropriato e comprensibile», l’accesso all’uso di questi mezzi gli è in genere impedita.«Chi ha il potere di selezionare i messaggi da veicolare attraverso i mass media usa – ho scritto - criteri non diversi da quelli con cui Berlusconi sceglie le sue *escort*e i partiti i loro candidati alle elezioni». Provatemi il contrario.

Conclusioni. La critica – almeno quella che ancora sta addosso a «questa realtà oggettiva» e non occulta l’esistenza dei rapporti di forza diseguali (per cui alcuni accedono attivamente ai mass media e altri possono essere solo pubblico passivo o semipassivo dei mass media) - è oggi l’unico salvagente che possiamo buttare alla poesia. Ed i poeti dovrebbero essere i primi ad esercitarla, anche nei propri confronti. Solo avendo presente questo stato di cose, sfavorevole alla ricerca in generale e alla stessa ricerca poetica, si potrà «tornare a chiamare le cose col loro nome». E (forse)a farsi intendere anche dai molti, oggi irraggiungibili. Non esiste più (e non solo in poesia) nessun «codice condiviso», nessuna «comunità che fa uso di quel codice condiviso». La frammentazione è tale che, anche quando si cerca di “comunicare” con le più oneste intenzioni, non ci si intende. E, allora, credo che il discorso di Fortini, solo in apparenza aristocratico, avesse chiara proprio questa realtà; e chiedesse giustamente di tenerne conto; e di far pulizia delle false idee che circolano anche in poesia.




24 gennaio 2011

martedì 15 ottobre 2024

Piccola Accademia [Troppo Sorridente] di Poesia!




di Ennio Abate

Vedere poeti e poete così sorridenti mentre
il governo Meloni manda gli immigrati in Albania
l’esercito israeliano ha bombardato le tende
degli sfollati all’interno di un ospedale,
bruciando vive le famiglie che ci dormivano..
.

domenica 13 ottobre 2024

Quattro poesie

 



di Cristiana Fischer


istante afferra immenso 
eterno sconosciuto

coscienza onde del campo

nulla riflette 
il lago in superficie 

lunedì 7 ottobre 2024

Attilio Mangano. Una poesia.

 


Amore inquieto e struggente


Amore inquieto e struggente
ti prego, ora chiudi la porta.
Adesso nessuno ci sente.
Ascolta, mia madre è morta.

Ricordo le calze ai balconi,
l’infanzia, un giardino d’estate,
la casa dai rossi mattoni,
le piccole grandi serate.

Adesso si fa più lontana
la mia giovinezza. Impaziente
la gatta col filo di lana
ci dà una risata da niente.



sabato 28 settembre 2024

Donato Salzarulo

 


Gli esercizi di lettura e gli altri interventi qui raccolti sono stati realizzati in un lungo arco di tempo che va dal febbraio1995 al gennaio 2024. Essi rappresentano la testimonianza di un intenso colloquio con l’opera di un poeta e saggista fra i più importanti del secondo Novecento letterario italiano.

(dalla PREFAZIONE di Donato Salzarulo a IL GATTO DI FORTINI, prima edizione agosto 2024)


domenica 22 settembre 2024

“Dove c’è fumo c’è arrosto”

 


“Un po’ per celia e un po’ per non morir” (Ettore Petrolini)
Riflessioni sotto forma di filastrocche

di Rita Simonitto

A una volpe saputella
Borbottavan le budella.
Da più giorni non mangiava
Le saliva già la bava
All’idea di un bel desco

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sabato 21 settembre 2024

Per Gianfranco Ciabatti

 


di Roberto Bugliani

“La crisi del movimento operaio ha influenzato in maniera eccentrica la poesia italiana che ha poco discusso il chiudersi di un’epoca pur così ricca e intensa come quella segnata dalla lotta di classe. Tra le eccezioni figura l’esperienza di Gianfranco Ciabatti, sindacalista, quadro politico e autore di cinque raccolte poetiche” (Giuseppe Andrea Liberti, “Nel riflusso. Gianfranco Ciabatti tra poesia e critica politica”, abstract; 2002).
Sono trascorsi tre decenni dalla prematura scomparsa di Gianfranco Ciabatti. Questi trent’anni hanno pesato come il proverbiale masso di Sisifo sopra ogni ambito della realtà socio-politica e culturale italiana; in sostanza, essi hanno rappresentato un cruciale lasso di tempo nel corso del quale sono stati portati a termine processi di progettazione strutturale e di ri-configurazione capitalistica, processi le cui peculiari caratteristiche l’opposizione di classe (o quel che ne restava dopo il suo riflusso politico) non aveva saputo cogliere.

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martedì 17 settembre 2024

Poesia e politica


di Ezio Partesana

 Il contenuto politico della scrittura non coincide con il contenuto materiale anche se, quando accade, il problema è risolto; il dubbio resta per quei testi che parlano d’altro, dal timbro lirico o personale. Se ogni forma è un contenuto storico sedimentato, tuttavia non si può rispondere alla domanda di ordine sociale, se un componimento sia o meno “politico”, limitandosi alla ricostruzione interne delle sue ereditate forme; scrivere sonetti nell’età contemporanea, per esempio, è certo una scelta di opposizione e distanza dal poetare di tutti e chiunque, ma si possono scrivere quartine e terzine anche dicendo sciocchezze reazionarie. L’opposizione tra sentimento privato dell’esistenza e impegno civile è appunto una opposizione e in quanto tale non genera nulla; si prende partito, uno tra i disponibili, e se ne rivendicano le ragioni come in sogno di fronte a un giudizio universale. L’astrazione del recente discutere sul tema nasce da questo: dall’ipotesi che ogni individuo sia libero di scrivere, e leggere, quello che vuole, l’illusione cioè che la lingua sia una forma inerte e pura della quale ci si può servire (o a lei ubbidire, a seconda) affinché questa o quella cosa vengano dette. Si dimentica volentieri, insomma, che la trama e le parole, il ritmo e il nome, sono prodotti collettivi di una struttura sociale che nasconde le contraddizioni anche con il linguaggio, e i suoi derivati prodotti. Non si può dire tutto, in fine, non solo perché le condizioni di chi ascolta sono controllate dal lavoro, dall’educazione, dall’etnia, e via dicendo, ma anche perché la scrittura (o il disegno, o la musica) è soggetta alla stessa ideologia entro la quale vivono gli uomini. Però si può sedurre e mentire, vale a dire escogitare una lingua che, in obbligato e apparente ossequio allo stato di cose, lasci però l’amaro in bocca del “non dovrebbe essere così”; una poesia (nel senso più ampio possibile del termine) che avveleni i pozzi del dominio scherzando con le pozzanghere. La mia modesta risposta alla domanda su quale sia una scrittura politica è dunque questa: chi dice la verità in un mondo di menzogna è sempre rivoluzionario.


lunedì 9 settembre 2024

Gli amici morti

 




di Ennio Abate


Da un’ombra gli amici morti
annunciavano: vorremmo aiutarvi.

Impossibile, tra me dicevo. Esitavo,
però, e, per non rompere con loro,
cominciavo: siamo tanto diversi.
(Voi morti ormai, noi vivi, intendevo).

In sogno ancora vi parliamo, dicevano.

Più in allarme, allora, mi chiedevo:
come fossimo vivi? o tutti già morti?
E, per uscire dal dubbio, proponevo:
su, prendiamo un caffè insieme.

Ma no. Volevano restare nel sogno,
non uscirne. E in coro insistevano:
aiutarvi, guidarvi, passarvi la nostra
saggezza.

Sempre scettico aggiungevo: come
riconoscervi? Siete  in una folla
immensa. E stizzito: O avete continuato
a invecchiare e a capire più di noi?
Solo morendo, potremmo darvi retta.

Sorridevano ora: con le vostre guerre
che fate, se non morire e far morire?
Troppo ingrossate il popolo dei morti
e trascinate nella nostra ombra
l’azzurro del cielo e del mare, il vento,
gli amori. Avvertirvi, fermarvi, vorremmo.

(9 settembre 2024)

martedì 3 settembre 2024

La Giustizia

 


“Un po’ per celia e un po’ per non morir” (Ettore Petrolini)
Riflessioni sotto forma di filastrocche

di Rita Simonitto

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domenica 1 settembre 2024

IN UN SOGNO CON ATTILIO

 


Attilio Mangano (1945- 2016) 



di Ennio Abate


Nella stanza da pranzo

di casa mia, di adesso.

Piatti sporchi, posate.

Sparecchiavo la tavola.


Attilio dall’ombra

mi mostrava un giornale

- uno speciale de il manifesto

di una volta.

Oggi è la sinistra che governa:

mi annunciava serio.

Stupito io. Come può essere? - tra me dicevo - E’ cosa contraria a quel che pensiamo da anni.

Non volevo però contraddirlo.
E ho cominciato: Attilio,
siamo diversi ma possiamo
ancora parlare ...
E per farlo più a lungo possibile:
Prendi un caffè con me, gli proponevo.




(31 agosto 2024)