giovedì 16 marzo 2023

MOLTINPOESIA APPUNTO 1: La "sporca religione dei poeti"

 



Un amico:  - Ma secondo te, cosa intendeva Fortini con l’espressione “la sporca religione dei poeti”?…Tu ricordi in quale pagina di Fortini l’hai letta?…Grazie

mercoledì 15 marzo 2023

Poesia e presente

 



di Ennio Abate

A supporto di una riflessione sulla poesia contemporanea ripubblico un mio intervento  al  Convegno della rivista di Massimo Parizzi, “Qui. Appunti dal presente” – Milano, maggio 2005.

martedì 14 marzo 2023

Poesia Moltitudine Esodo



di Ennio Abate

Questo lungo saggio era comparso sul n. 7  inverno 2003/ 2004 della rivista INOLTRE edita dalla Jaca Book. Pur silenziato da poeti e critici allora operanti -  quasi tutti hanno preferito poi andare in direzioni   opposte all'ipotesi di poesia moltitudinaria e esodante da me proposta alla discussione -  lo ripubblico  in questo cupo 2023. Come documento di riflessione. Esistono ancora minoranze o singoli che non si sono rassegnati alla cancellazione di  ogni dialettica tra poesia e politica. Malgrado la crisi di entrambe. E prima o poi bisognerà pur  venir fuori dai pantani dell'iperspecialismo pseudo-accademico o  della spettacolarizzazione  dell'io liricheggiante in cui in troppi si sono cacciati.

sabato 5 febbraio 2022

In morte di Beppe Provenzale

 


di Ennio Abate

Mi è arrivata oggi da alcune amiche e amici la notizia della morte improvvisa di Beppe Provenzale«architetto e scrittore, critico d'arte e conferenziere. Mai pavone», come leggo dalla sua pagina su Facebook, ma per me soprattutto animatore vivace del Laboratorio Moltinpoesia, a cui, malgrado il nostro rapporto sospettoso e a volte tempestoso (da parte sua e da parte mia), molto però s'era appassionato. (Basta scrivere il suo cognome in 'cerca' per  vedere e rileggere i suoi numerosi contributi). Poi ci siamo persi di vista. Non so se e come mi avrebbe ricordato, se fossi morto io prima di lui, ma a me piace ricordarlo così:

Ciao Beppe, ecco, ti do  ancora una volta quella parola che, malgrado i nostri dissensi, non ti avevo mai tolto…

lunedì 20 dicembre 2021

Perché scriviamo poesie

 


Per una storia dei moltinpoesia/Appunti

 

Riporto dal sito di POLISCRITTURE l'articolo di Donato Salzarulo e i commenti che documentano la riflessione sul perché scriviamo poesie avvenuta tra febbraio e marzo 2009 nel Laboratorio Moltinpoesia di Milano [E. A.] 

lunedì 13 dicembre 2021

Mappe sì ma non così…


 

Riordinadiario 11 dicembre 2021 di Ennio Abate

Commento lasciato a MAPPA IMMAGINARIA DELLA POESIA ITALIANA CONTEMPORANEA di Laura Pugno su LE PAROLE E LE COSE (qui)

“Quindi in Italia ci sono 100 poeti degni di una antologia? Già è difficile trovarne 4 o 5.” (Andrea)

Anche la Mappa immaginaria della poesia italiana contemporanea di Laura Pugno – per carità intelligente, manageriale, sopportabilmente amicale e inclusiva – ripropone di fatto l’eterno, ideologico, arbitrario, crociano, liberale, élitario, taglio tra poesia e non poesia. Il problema non è se i poeti oggi siano 100 o 5. Anche perché non esiste autorità capace di deciderlo in modi convincenti. Il problema è che nella società italiana, passata bene o male attraverso una scolarizzazione di massa, anche l’esercizio della poesia è diventato ambiguamente, nebulosamente, forse democraticamente, di massa. (Ho parlato e scritto, altrove ma anche qui su LPLC, dei “moltinpoesia”). E questo fenomeno andrebbe studiato e capito nella sua complessità. Detto in breve, non mapperemo bene (fingendola “immaginaria”) la poesia italiana contemporanea senza una mappatura rigorosa anche della sua (supposta o reale) “periferia” (i “moltinpoesia”). Come non si capisce bene una città se non si tiene conto dei suoi dintorni, che possono svelare sorprese. Bisognerebbe, perciò, imparare dagli scienziati che inseguono e si scambiano tutti i dati disponibili. Invece, per pigrizia, per rendita di posizione conquistata e gelosamente difesa, si resta a pescare e a pensare soltanto nel proprio bacino di osservazione più o meno ristretto. E così continuano ad uscire periodicamente crestomazie, antologie, annuari e quant’altro. Come si fosse ancora nelle “patrie lettere” ai tempi di Leopardi o negli anni ’50 del Novecento. Aria alle stanze, signori e signore, per favore!

Appendice

Ennio Abate 18 MAGGIO 2012 ALLE 12:05 (qui )

 @  Massimo Gezzi

«considera che ogni recinto ha il suo pastore, ed ha una guardia forestale che sorveglia i cinghiali, tenendoli lontani; ed anche considera che il mondo di fuori riserva sorprese» (Commento di Stan su Le parole e le cose 30 novembre 2011 alle 13:38)

«dentro il recinto ogni scelta conduce all’esaltazione del recinto medesimo» (Commento di Stan su Le parole e le cose 1 dicembre 2011 alle 17:00)

Salto i preamboli e chiedo:
1. perché una rubrica dedicata soltanto ai poeti nati negli anni Ottanta rinunciando in partenza a un bel respiro epocale?
2. perché sempre più spesso si vedono in giro “nuovi critici” che i “nuovi poeti” li cercano (e pare li trovino a credergli) esclusivamente nella loro generazione o in quella appena precedente o successiva?
3. continuare a proporre soltanto le “perle poetiche” che spuntano nel proprio “bacino di coltura” può parere amore per un lavoro artigianale ben fatto, ma non è anche segno di miopia, di pigrizia, di paura?
4. non converrebbe uscire dai recinti, in cui di solito le poesie poste “in vetrina” dal curatore di turno ricevono commenti di solito piattamente apologetici e poco argomentati o contestualizzati?
5. non si può coraggiosamente mettere a confronto le “perle” della cerchia A con quelle della cerchia B o C o D e aguzzare l’acume critico a 360 gradi e non a dieci o a venti o al massimo a trenta?

 


lunedì 8 novembre 2021

Moltinpoesia: né neoavanguardisti né heideggeriani

 

Per una storia dei moltinpoesia/Appunti

In questo articolo del 6 febbraio 2013 mi paiono interessanti  due punti:

1.  La lettura di un’intervista in cui Umberto Eco rievocava i caratteri del Gruppo ’63, che servì a capire la distanza abissale del Laboratorio Moltinpoesia da quella esperienza d'élite letteraria.
Scrivevo infatti: «Tra le risposte di Eco mi hanno colpito in particolare i passaggi in cui ricorda: – il rapporto competitivo ma tutto sommato abbastanza cordiale tra vecchi e giovani letterati (gli incontri del sabato al Blu Bar di piazza Meda a Milano); – la condizione sociale benestante e “garantita” dei partecipanti piccoli-medi borghesi del Gruppo ’63 («Noi eravamo già sistemati, tutti lavoravamo già nelle case editrici, nei giornali, in televisione e nell’università») ben distante da quella del precariato intellettuale odierno e dell’attuale ceto medio in via d’impoverimento; – la sua disincantata constatazione della impossibilità cinquant'anni dopo di fare gruppo  («Siamo in un’epoca di cani sciolti»); – l’attrazione  (per lui fatale e condizionante) del mercato («si metta nella situazione di uno scrittore che vede intorno a sé un mercato che può trasformare il suo prodotto in qualcosa che gli permette di vivere»); – «la possibilità e il gusto del confronto», che allora c’era («l’esperienza del Gruppo 47 tedesco, 
scrittori sperimentali che si ritrovavano a leggere i propri testi e poi a criticarsi ferocemente l’un l’altro») e che oggi è irreperibile».
L'esperienza del Laboratorio Moltinpoesia, appena conclusasi, era stata agli antipodi di quella: «sporadici o del tutto assenti i rapporti tra vecchi e giovani; estraneità al sistema delle case editrici dei giornali, della televisione e delle università; estraneità al mercato; difficoltà estrema del confronto e quasi impossibilità di ricucire il legame tra poesia e critica».  Mi accorgevo che non era stato possibile «il passaggio da me sperato e suggerito con insistenza dall’io/noi al noi» (almeno di un gruppo relativamente omogeneo).

sabato 6 novembre 2021

Celan


 

Celan è un poeta che più di tanti altri ho avvicinato muovendomi come in un buio e protendendo verso alcune delle sue poesie le mani (della mente, del cuore) come un cieco che palpa qualcosa di sconosciuto. L’ultima volta lo feci proprio con questo articolo nel 2016 (http://www.poliscritture.it/2016/11/03/celan-e-la-poesia-in-tempi-di-lotta-politica-bloccata/). Poi ho sempre letto – in una sorta di apprendistato illimitato e senza scopo preciso – quel tanto che mi è capitato di trovare in rete su di lui.

Oggi, 6 novembre 2021, mi limito a segnalare un altro testo critico su Celan di un suo appassionato studioso.
L’ho appena letto su ANTINOMIE:

“Siamo una sola carne con la notte”
LUIGI REITANI
31/10/2021
https://antinomie.it/index.php/2021/10/31/siamo-una-sola-carne-con-la-notte-2/

 


venerdì 5 novembre 2021

e era ricascato nella salernitudine

 



E cumme faceve a acchiappà/ a pruvà ancore/ chella cosa/ ca isse sule (quanne?)/ aveve  ncuminciate a chiamà/ a salernitudine/?/
e ca sicure/ fine a quanne stette a Salierne/ nunn’a chiamava accussì/

E ca po che ere?/ e a pruvave sule isse?/ e scumparive appene se guardave attuorne/

 E ere na parole?/ Nu sentimente? /Nu state d’animo? /Nu rulore?/ na  cose/ ere na cose e baste/

Ca spuntave  in mente certi iuorne/ cumm’a oggi che m’ha scritte chiste e Salierne/ per farmi sapere ca pure isse ere e chella parrocchia, / se vuleve fa prevete pure isse/ e ha ditte: ‘i piaceri della carne’/ e m’ha fatte quase rire/ ma m’ha ditte/ e nunn’o sapeve/ ca è muorte Giògiò/ ad agosto/

 E allora è na cosa ca  spunta quenne  se vene a sapé che è muorte quacchune/ ca è muorte pure Giògiò/ e ogni morte  tu o saie/per chi suona la campana/ per te/ e per  i tuoi / per tanti

E sta salernitudine ca è  penziere e morte e è pensiere  e suonno o dormiveglia/ e ca nunn’à niente a che fa cu chist'ate cu  cui se parle e se scrive mo/  e  ca spunte sule quanne scrive a Eggidie/ o penze a Mìneche/ a Nannìne/ e a zia Ludimilla/ che nome!/ e ca nunn’a niente a che fa cu ati discorsi ca fanne G e B e D  e F/

E. A.  3 novembre 2021

lunedì 11 marzo 2013

AVVISO





DALL' 11 MARZO 2013
IL BLOG "MOLTINPOESIA"
CONTINUA LA SUA ATTIVITA'
TRASFORMANDOSI
NEL NUOVO BLOG
"POESIA E MOLTINPOESIA"

PER VISITARLO, PROPORRE TESTI E COMMENTARE
CLICCA QUI SOTTO
http://moltinpoesia.wordpress.com/

PER CERCARE UN VECCHIO POST PUBBLICATO DAL MARZO 2010 AL MARZO 2013

SCRIVERE NOME AUTORE O PAROLA CHIAVE  
NELLA CASELLA  RETTANGOLARE IN ALTO A SINISTRA

sabato 9 marzo 2013

Umberto Simone, Poesie.



UN ORDINE DEL VEGLIO

Un ordine del Veglio della Montagna, sussurrato appena,
e il giovane Assassino scosta la zanzariera
e sorridendo accetta quel pugnale che, desto, brilla come
una selce del Delta al calo della piena. Poi, paese

lo dà a paese, regno a regno; a ogni stazione
trova ostesse materne e cambio di cavalli;
con jeans immacolati pur senza guado passa, con stivali
lucidi pur senza sentiero viene;

pur senza fretta, sciolto, dinoccolato, arriva;
fra quercia e quercia appare ai taglialegna dell’ultimo bosco -
lungo l’ultimo ponte incrocia il carro dei comici - e il cieco
fermo all’ultimo bivio ne sente i tacchi sopra i rovi secchi.

Cremisi d’occidente strapiomba per la valle addosso al campo.
Qualcosa sta accadendo, ma la segale è alta e lo nasconde.


DISCUSSIONE
Giorgio Mannacio,
Su "Come leggere
e interpretare la poesia".


Desidero  intervenire nel fitto dialogo tra Abate, Linguaglossa ed altri (qui). I miei rilievi – che vogliono essere osservazioni su singoli punti (precisazioni, dubbi, aperture su orizzonti paralleli etc.), nella ritenuta impossibilità di una sintesi esaustiva – seguiranno,più o meno fedelmente,l’ordine che hanno assunto,nel blog, i vostri contributi.

LINGUAGLOSSA (1 )

Dici: la poesia apre l’impensato al pensiero. La correzione che farei è questa: la poesia apre all’impensabile. Non c’è mai nulla di impensato nella poesia (questa la mia esperienza ) sia nei contenuti che nelle modalità. Si “ cattura “ l’impensabile – cioè quanto non è definibile in termini concettuali e/o scientifici – nei confini di un dire in qualche modo intellegibile. Tale intelligibilità si raggiunge attraverso una “ scienza “ . In questo senso va inteso l’aforisma “ars sine scientia nihil" attribuito ad uno dei costruttori del Duomo di Milano.
Il rapporto tra l’impensabile e il pensato della poesia si può anche descrivere in termini di mimesis (Aristotole, Tommaso) mediata però dal pensiero leopardiano di cui a Zibaldone, 6
( almeno nella mia lettura ) che privilegia “ la tensione nell’imitazione” piuttosto che il suo risultato.

giovedì 7 marzo 2013

Ennio Abate,
Poesia ed elezioni.


Riprendo e rilancio  la discussione incominciata attorno alla "Poesia di piazza" di Lucio Mayoor Tosi (qui)

Così in questi giorni un amico:

«Caro Ennio, avevo già letto l'articolo di Carlo Formenti (qui), invece quello di Sergio Bologna (qui) non lo conoscevo: semplici, chiari e acuti, come sempre. Io negli ultimi giorni avevo previsto il successo elettorale di Beppe Grillo tanto che ho vinto una scommessa con dei colleghi, però non l'ho votato. E avevo previsto anche l'ennesima sconfitta della sinistra cosiddetta radicale che ormai si è ridotta a un'esigua minoranza.
Seguo con attenzione l'evoluzione del movimento 5 stelle, ma ci sono alcuni aspetti che non mi convincono. Hanno scelto di entrare in Parlamento ma dicono di voler cambiare le regole della democrazia rappresentativa. Vedremo come. Saranno addomesticati pure loro? E' troppo presto per dirlo. Inoltre in questa situazione economica e finanziaria molti dei punti del loro programma sono irrealizzabili senza rovesciare il mondo. Troppi proclami! Comunque sono riusciti a dare uno scossone al sistema politico italiano e questo non può che farmi piacere. Ciao, G. »

Io non ho votato. Il mio scetticismo verso le forze politiche in campo è stato totale. E  non sono né  piacevolmente sorpreso per l’exploit grillino né dispiaciuto per la nuova batosta della sinistra.  Resta il problema di valutare il fenomeno: schiuma del sistema o spina nel suo fianco? Ulteriore segno di crisi (l’ingovernabilità) o iniziale, confusa reazione ad essa?

mercoledì 6 marzo 2013

Rita Simonitto,
Sul dibattito poesia-realtà.



Questa riflessione è stata  collocata come commento (in tre parti) sotto al post "DISCUSSIONE Come leggere e interpretare la poesia. Due opinioni a confronto". Mi sembra più adeguato riportarla  in un post autonomo. [E.A.]
Mi trovo in difficoltà nell’entrare in questa discussione nel senso di far dialogare le tre anime rappresentate dalle posizioni del critico (Linguaglossa, in primis), di quelle del lettore-critico-poeta (Ennio, ad esempio) e quelle mie di interessata alla poesia e scrivente-versi.
Proverò cercando di focalizzarmi sui temi che mi sembrano centrali: uno riguarda ‘il dispositivo’ mentre l’altro riguarda il soggetto (non solo inteso come sub-jectum) e la sua relazione con la realtà; e il nesso con la poesia.

lunedì 4 marzo 2013

Arsenij Tarkovskij,
Poesie scelte.
Traduzione di Donata De Bartolomeo
e presentazione
di Giorgio Linguaglossa




Catalogo delle stelle


Finora non ci avevo pensato.
A che mi serve un catalogo delle stelle?
Nel catalogo dieci milioni
di numeri di telefoni celesti,
dieci milioni di numeri
di telefono di nebbie e mondi,
codice pieno di luminescenza e scintillio,
elenco di abbonati dell’universo.
Io so qual è il nome della stella,
troverò anche il suo telefono,
aspetterò il turno della terra,
girerò l’alfabeto d’acciaio:
L – 13 – 40 – 25
Io non so dove cercarti.
Si metterà a cantare la membrana del telefono:
Risponde Alfa Orione.
Sono in viaggio, io ora sono una stella.
Io ti ho dimenticato per sempre.
Sono una stella – sorellina dell’aurora,
non vorrò nemmeno venirti in sogno.
Di te non mi importa più nulla.
Telefonami tra trecento anni.

(1940-1945)

sabato 2 marzo 2013

Lucio Mayoor Tosi,
Poesia di piazza.



Dopo i risultati (sorprendenti/allarmanti?) delle recenti elezioni fervono discussioni accese in mailing list e siti.  Ieri Pietro Peli, oggi Lucio Mayoor Tosi provano ad annusare l'aria che tira e a parlarcene  in diretta e in poesia. [E.A.] 

Non capisco, non conosco la novità
di questo voto
che contiene, sembra, i colori del veleno
e invade
le camere serrate nel gas televisivo.
Sapevo
che le lettere firmate con una sola croce
non dicono
che arriveranno presto volumi di versi
taglienti
sulle mani dei ladri. Non lo credevo possibile.
Credevo
bastasse essere in molti dentro una piazza
farsi vedere
alle finestre ben chiuse del parlamento
e dalla piazza
farsi sentire come folla occupante per un giorno
soltanto
un giorno pieno di fumo e batoste.

venerdì 1 marzo 2013

Pietro Peli,
Quattro epigrammi postelettorali.



I
Me l’avete stuprata per anni, per secoli
la terra in cui sono nato:
ora i frutti sono intinti
di terra velenosa.
Nessuna croce
basterà a rivangarlo dove altri
con pervicacia di chirurgo
o bocca da merciaio
ne hanno lacerato l’opinione.
Solo il grido, è sciarpa al vento
pronta a strapparsi senza difesa.
Si sconta il non essere sempre stati così.

giovedì 28 febbraio 2013

DISCUSSIONE
Come leggere e interpretare la poesia.
Due opinioni a confronto.


Riprendo da qui un commento di Giorgio Linguaglossa e rispondo alle sue tesi. [E.A.]

* Linguaglossa ad Abate

Caro Ennio Abate,
quando dico che dobbiamo leggere e interpretare la poesia tenendoci a distanza da categorie dell'economia come rapporti di produzione e forze produttive e economicistiche come salario e capitale, non intendevo certo fare ritorno a Croce al concetto di poesia=lirica pura; dico soltanto che dobbiamo leggere la poesia come un particolare genere, come dire, una particolare forma di linguaggio, ed è soltanto applicando le categorie del linguaggio che noi possiamo entrare dentro la serratura della poesia e dentro la cassaforte del Moderno. Non occorre la dinamite per far saltare il Moderno ma basta una poesia per cambiare le carte in tavola di ciò che si intende (comunemente e convenzionalmente) per poesia. I «conflitti» in poesia devono potersi rintracciare all'interno del suo dispositivo estetico e poetico, questo voglio dire, e non all'esterno. I conflitti esistono nella forma poetica come «traccia», orma mnestica; e, a volta sono invisibili ad intere epoche. Voglio dire che tanto più alta è la formalizzazione dei testi quanto più in profondità scendono i «conflitti». Insomma, il discorso è complesso e poliedrico e andrebbe inquadrato da differenti punti di vista ermeneutici.

domenica 24 febbraio 2013

Cesare Viviani,
Poesie.
Con una nota di Giorgio Linguaglossa.


da “Infinita fine” Einaudi, Milano, 2012



Ha avuto il coraggio di sporgersi dal trono
il monarca,
di sporgersi da un lato
tanto da assumere
una posizione ridicola, non so
se lo faceva per scoprire qualcosa
sulla fascia esterna del trono
o perché si era stancato del cerimoniale.
Poi nella festa parlarono tutti, nessuno taceva,
parlavano, parlavano,
parlavano anche
del percorso di torrenti e fiumi,
dai monti al mare.
Intanto bevevano, bevevano,
alcuni fino a stordirsi.


venerdì 22 febbraio 2013

Rita Simonitto,
Otto poesie.



Il falso muove e vince in poche mosse

Cresciuti tra zanzare e DDT e i tossici amianti
(eppure seducenti al nostro invincibile Walhalla,
la lotta al drago-fuoco sconfitta da una foglia),
e i manifesti di bimbi martoriati dalle caramelle/mine
venute giù dal cielo, la atroce manna dei liberatori...

Credi che solo là si siano aperte le ferite?

O non invece nei crepacci, abissi dove la verità si sperde,
eppure pieni di appigli e sponde cui aggrapparsi,
anche se poi con rovina resi bianchi gli occhi
dal buio persistente che confonde il nemico
con l’amico ecco l’ignavia che sempre si ripete?

(04.08.2011)

mercoledì 20 febbraio 2013

SEGNALAZIONE
www.robertoroversi.it


Quanti vogliono conoscere o approfondire la poesia di Roberto Roversi dispongono  da qualche giorno dei materiali che verranno pubblicati sul sito   a lui dedicato: 
dal quale ricopio la pagina d'intenti. [E.A.]
La famiglia di Roberto Roversi – nella persona di Antonio Bagnoli – invita il collettivo Bartleby e l’Università di Bologna a dialogare per trovare una soluzione condivisa e istituzionale che, al di fuori da qualunque uso strumentale del nome e della figura di Roberto Roversi, consenta il proseguimento del prezioso lavoro di catalogazione della parte del “fondo Roversi” in possesso del collettivo, e la sua conseguente massima fruibilità da parte del pubblico.
  

martedì 19 febbraio 2013

Ennio Abate,
“Laboratorio Moltinpoesia di Milano” (2006-2012):
sulle difficoltà e i dilemmi
del cooperare tra poeti-massa.


1. In una recente intervista sulla storia del Gruppo ’63 (qui) alla domanda «Lei ritiene che un’esperienza simile, in cui si fa gruppo, sia oggi ripetibile?»,  Umberto Eco risponde: «Mi pare difficile. È cambiato il clima. Balestrini ha cercato di far nascere un Gruppo 93, ma ciascuno poi ha corso per conto proprio. È un po’ per lo stesso motivo per cui oggi i giovani non si riuniscono più in associazioni o partiti. Siamo in un’epoca di cani sciolti». E più avanti lapidariamente aggiunge: «L’ultima possibilità data a una generazione di fare gruppo fu il ’68, ma non era gruppo letterario bensì politico. Diciamo che molte di quelle energie che in un’altra epoca sarebbero confluite in un’attività letteraria allora confluirono nella politica.». Queste parole di Eco, per le circostanze in cui le ho letto (qui), mi hanno colpito. Non credo che un destino, una maledizione, la «condizione postmoderna», la crisi generale condannino i poeti all’individualismo, ma l’esperienza empirica (anche personale) sembra confermare l’esattezza della diagnosi; e il fallimento (o interruzione o trasformazione…) del progetto «Laboratorio Moltinpoesia di Milano» (Per un rendiconto, aggiornato al 2011, delle sue iniziative leggi sotto Appendice 2) impone quantomeno un ripensamento.

lunedì 18 febbraio 2013

Laura Canciani,
Due inediti.




da  “Fortezza e contentezza in viola”


L’acqua è venata di rosa

L’acqua è venata di rosa.
È chiamata Fontanarosa per il ferro puro,
quasi un pensiero puro
 - al centro di un piccolo campo
c’è un ippocampo -
come toccante.
«Quali occhi quali parole sontuose ametista
o abbracci tesi spalancati sull’abisso del non so niente?»

sabato 16 febbraio 2013

Adam Zagajewski,
Cinque poesie.
Con una nota di Giorgio Linguaglossa.


Kierkegaard su Hegel


Kierkegaard diceva di Hegel: ricorda qualcuno
che erige un enorme castello, ma vive
in una semplice capanna, lì nei pressi.
Così l’intelligenza abita in una modesta
stanza del cranio, e quegli stati meravigliosi
che ci furono promessi sono ricoperti
di ragnatele, per ora dobbiamo accontentarci
di un’angusta cella, del canto del carcerato,
del buonumore del doganiere, del pugno del poliziotto.
Abitiamo nella nostalgia: Nei sogni si aprono
serrature e chiavistelli. Chi non ha trovato rifugio
in ciò che è vasto, cerca il piccolo. Dio è il seme
di papavero più piccolo al mondo.
Scoppia di grandezza.


lunedì 11 febbraio 2013

Rita Simonitto,
Per chi suona la poesia.




Questo intervento di Rita Simonitto (sue poesie e interventi si trovano inserendo il cognome in 'Cerca nel blog', a destra in alto) può ben coadiuvare il ripensamento della funzione  di questo blog, che --   da solo o  con il contributo di altri - vorrei avviare dopo il distacco dal "Laboratorio Moltinpoesia" di Milano. Rita teme che la eterogeneità del materiale poetico finora proposto possa significare una mia scelta  a favore dell'ibridazione e del nomadismo (poetico). Sembrerebbe confermarlo la stessa immagine (per ora) simbolo del blog: il camion multicolore dei migranti nel deserto in  sostituzione de "Il quarto  Stato" di Pellizza da Volpedo). D'altra parte, nota ancora Rita, gli articoli di critica finora pubblicati contrasterebbero questa opzione pluralistica. Vi coglie, infatti, un'intenzione normativa, quasi la ricerca di un canone prescrittivo da imporre alla ricerca del singolo poeta. Ci sarebbe stata (o ci sarebbe), dunque, un'oscillazione tra due poli opposti. E, per uscirne Simonitto indica due direzioni di lavoro: il rapporto di chi scrive con la realtà (da ridefinire; e in proposito si sta svolgendo un intenso dibattito sul "nuovo realismo" documentato nel libro di AA.VV. Bentornata realtà, Einaudi, Torino 2012...); la ricerca (implicita o esplicita) di un interlocutore-lettore-destinatario, che  ogni scrittura poetica (fosse pure la più lirica e solitaria) sottintende. Ci penserò... [E.A.]


"...And therefore never send to know for whom the bell tolls. It tolls for thee".
 (John Donne)

E’ un incipit un po’ provocatorio visto e considerato che essa poesia  dovrebbe suonare essenzialmente per chi la scrive: sia nel senso che ri-suona, ovvero dà una sonorità di parola a delle rappresentazioni interiori del poeta su se stesso e sul mondo, e sia nel senso che suona a lutto, il lutto che egli incontra nell’esporre, nero su bianco, il suo pensiero unito all’accettazione dolorosa di poter esprimere soltanto una verità parziale rispetto a quanto esperito.
Rappresentazione che non significa ‘spettacolarizzazione’ della realtà, come peraltro pare essere la moda di oggi (dalla guerra, ai programmi culturali televisivi, alle manifestazioni politiche) bensì tentare di rendere esplicita il più possibile la trama che la sottende.

domenica 10 febbraio 2013

SEGNALAZIONE
INCONTRO CON APPENDICE.


giovedì 14 febbraio, ore 18
 Palazzina Liberty, Largo Marinai d'Italia 1,Milano - Ingresso libero

Il futuro dei Moltinpoesia

Ennio se ne va portandosi via la critica e la sua preziosa idea del reale.

Riusciranno i Moltinpoesia che restano a fare gruppo tra la folla?

APPENDICE
Pubblico qui  la lettera inviata agli iscritti alla mailing list dei "moltinpoesia" il 1 febbraio 2013 e, pur augurando sinceramente la riuscita dell'incontro, faccio notare che   la "critica" e la "preziosa idea del reale" me le sono portate via  perché non ben accolte. [E.A.]

Cari/e amici/che, vi comunico in modo semplice la convinzione che ho maturato: per me l'esperienza del Laboratorio Moltinpoesia è esaurita. Incontratevi come volete. Io non parteciperò all'incontro. Se le idee ci fossero state, sarebbero venute fuori. Se le volontà  individuali di collaborazione fossero state autentiche, sarebbero venute fuori. Dal 2006 al 2012 c'è stato tutto il tempo per farle fiorire. Curerò ancora personalmente  e da solo il blog, come ho dovuto in pratica fare finora. E toglierò il sottotitolo "Il blog del Laboratorio Moltinpoesia, Palazzina Liberty, L.go Marinai d'Italia 1, Milano" e la foto della Palazzina Liberty. Resto disponibile a mantenere i contatti individuali con ciascuno di voi e, dove si verificassero le condizioni, a collaborare ad eventuali iniziative o proposte. Ma non a  mantenere in vita un Laboratorio, che laboratorio non è riuscito ad essere. Non è stato possibile. Non mi inoltro in analisi delle cause. Non mi spargo neppure il capo di ceneri. Ho fatto quel che ho potuto. Ora sento di dover dire: basta. Un caro saluto

sabato 9 febbraio 2013

Gilberto Isella,
Poesie.



www.occhioinbanca


se non v'è nulla nulla più da vedere
gli occhi li puoi depositare

sul posacenere a esempio:
cipolle ispirate che il fumo le ricambi
di pianti e scarabocchi o d'altro scempio

meglio su cremagliere, col tonfo finale
nel caveau della tua banca eletta,
da elettronici frati risanati,
al riparo da turbe di luci impertinenti
forzando alla cieca un'aurea via
che dall'onfalo dell'urbe sfoci
in digitale rada

intorno a un foto-nada allora
perfetta vedrai orbitare la tua vista


(Mappe in controluce, Book Editore, 2011)

Luisa Colnaghi,
"Da una zona d'ombra".
Alcune poesie.
Con la presentazione di Guido Oldani.


Luisa Colnaghi, “DA UNA ZONA D'OMBRA”  Ed. La Vita Felice  2012


La spera di sole
sulle mani stanche
una macchia bianca
un graffio sul tavolo
nebbia di tristezza
nell’aria immobile

angoscia temperata
nel pulviscolo d’oro

venerdì 8 febbraio 2013

Anna Maria Ercilli,
Poesie.



Così poco

I pensieri precedono le parole
e ancora rincorrono spazi,
vedo parti di cielo, lune di ieri
e poche altre cose sospese, forse
semi alati di un giardino murato-
Non rattristarti ci resta così poco
per incontrarci - un poco di tutto-


Mario Marchisio,
"La falena sulla palpebra.
Poesie gotiche 1973-2007".
Con una nota di Giorgio Linguaglossa.



Mario Marchisio La falena sulla palpebra. Poesie gotiche 1973-2007 Mimesis, Milano 2008

Ofelia

C’è un vento lieve che increspa l’acqua
C’è un vento che l’accarezza:
Erba, fiume, fronde contro il cielo,
E lei nell’acqua e i pesci che la schivano.
E un tiepido raggio esplora il silenzio,
Un sole tiepido indugia sul vetro
Nero dei suoi occhi, scende agli splendori
Dell’esilio senza tempo a cui fa vela
Mentre resta là in fondo cullata
Dal guizzo dei pesci, né trema
Se gelo anche l’abbraccia. non trema
Ofelia, di verdi alghe incoronata.


mercoledì 6 febbraio 2013

Ennio Abate,
Riflessione sul fare gruppo
a partire da un'intervista
ad Umberto Eco.


Non so quanti frequentatori del blog hanno notato che sotto il nome Moltinpoesia ho tolto il sottotitolo «blog del Laboratorio Moltinpoesia di Milano». Ho cancellato anche la foto della Palazzina Liberty  dove ci riunivamo e sostituito l’immagine de Il quarto stato di Pelizza da Volpedo con quella dei migranti neri appollaiati con le loro suppellettili su un camion che va nel deserto. E, per finire, mi sono dimesso da coordinatore del Laboratorio. Spiegherò più avanti, sedate le polemiche,  le ragioni per cui ho ritenuto esaurita quell’esperienza di fare gruppo durata dal 2006 al 2012.

Gianni Iasimone,
da "Chiavi storte".




-1 Gelo nell’anima

Fiocchi pazzi girano e scendono tutt’intorno
che precipita con essi alla velocità del saccheggio,
della bugia di chi ormai ti volge le spalle.

Compresi noi futuri barboni che, nonostante il tempo
e il vento che ringhia come un frustrato, reggiamo il passo
piuttosto bene, sul ghiaccio ai margini della crisi.

Più tosti che prima ma con ossa e carne a pezzi
dei giorni nostri e altri a venirci incontro
dentro con una coperta calda.

Un pugno di terra feconda,
una parola che non sia
trappola sotto la candida neve.

martedì 5 febbraio 2013

Natasha Trethewey,
da "Bellocq's Ophelia".


Ho trovato un esempio significativo del rapporto poesia/storia di cui si è discusso nel post di Pietro Peli (qui) nelle poesie di Natasha Trethewey, poetessa afroamericana che lavora sulla relazione tra storia pubblica e storia privata ed esplora l'intreccio di aspetti politici e sociali di un evento storico con l'oggi.  Certo la distanza dagli eventi (rispetto a quelli implicati nel post di Pietro Peli) rende meno spasmodico e scivoloso il lavoro sulla memoria e forse meno scomode le implicazioni sul presente. Ma l'interrogazione sulla difficoltà dell' essere umani di fronte alla pesantezza della storia mi pare simile. [E.A.]

Dalla rivista HEBENON (Nota in Appendice)
Testo e traduzione di Giorgia De Cenzo
Ernest J. Bellocq, fotografo dei primi del '900 fece una serie di fotografie alle prostitute di
Storyville, il quartiere a luci rosse di New Orleans. Natasha Trethewey, ispirata dalle foto
di Bellocq, ha dato voce nelle sue poesie al personaggio immaginario di Ofelia, una delle
prostitute di Storyville, una donna di sangue misto, dalla pelle chiara che narra la sua
storia. Sempre messa in mostra, esposta come una sorta di animale esotico o fenomeno da
baraccone per questa sua duplicità di donna bianca all'apparenza ma dal "sangue nero",
Ofelia ci parla della sua condizione di mistosangue nel Mississippi dei primi del '900, del
suo difficile adattamento alla vita nel bordello e del suo incontro con Bellocq. Bellocq
non solo la fa posare per le sue fotografie, ma le insegna l'arte della fotografia. Attraverso
l'arte fotografica, Ofelia riesce finalmente a ritrovare una nuova libertà, passando dallo
stato di donna-oggetto osservata da occhi esterni (gli sguardi dei clienti del bordello o
l'obiettivo di Bellocq) a quello di osservatrice attiva in grado di esplorare il mondo
esterno e il mondo dell'anima attraverso l'obiettivo della macchina fotografica.
I)
Bellocq's Ophelia
from a photograph, c. a. 1912
In Millais's painting, Ophelia dies faceup,
eyes and mouth open as if caught in the gasp
of her last word or breath, flowers and reeds
growing out of the pond, floating on the surface
around her. The young woman who posed
lay in a bath for hours, shivering,
catching cold, perhaps imagining fish
tangling in her hair or nibbling a dark mole
raised upon her white skin. Ophelia's final gaze
aims skyward, her palms curling open
as ifshe'sjust said, Take me.

lunedì 4 febbraio 2013

Flavio Almerighi,
Poesie.



Ventuno Gennaio 2029


pensa che dilemma
un variété di fogli, ninfee
e militari in libera uscita,
i calci d’alba al mattino
e gli onerosi passi
senza olio né caffè

vorrei salutare ridendo
tutta la pioggia a venire,
invece ho intorno
un’urgenza circondariale
di pianto a lenire
e amorevoli braccia


Giorgio Linguaglossa,
I polinomi perifrastici
di Bruno Galluccio.



 
Bruno Galluccio Verticali Einaudi, Torino, 2012

Il discorso poetico del napoletano Bruno Galluccio in quest’esordio mette in opera un linguaggio formale-artificiale, una sorta di polinomio perifrastico nel quale i singoli polinomi non rispondono che a se stessi, poiché non sono regolati dalla logica della significazione del linguaggio relazionale; è come se ogni segmento del polinomio perifrastico scantonasse a modo proprio (motu proprio) eleggendo la sovranità di leggi sintattiche provvisorie e desultorie.