lunedì 18 ottobre 2010

DISCUSSIONE
BRACCIO DI FERRO TRA IO E NOI
IN MOLTINPOESIA
Intervento 1: Luciano Roghi

Sarebbe sempre preferibile il noi rispetto all'io. Il noi dà la possibilità di condividere quanto ognuno è in grado di esprimere.
Credo che il poeta, nonostante sia un solitario, scriva impressioni che per estrarre e portare in superficie, debba necessariamente ricorrere all'attenzione, alla cura e al riguardo.
E' un processo laborioso e impegnativo. Il risultato finale è però quello di destinare agli altri (e naturalmente a se stessi), parole di grande utilità.
Leggendo le poesie del Blog è prevalente ancora l'io: comincio a percepire il noi quando un autore mostra un interesse per un altro artista (es. Luisa per la Szymborska) e ne diffonde, con convinzione,  il pensiero. E' in quei momenti che l'io si allontana per concentrarsi su qualcos'altro, che magari ci è affine, ma che ci impegna diversamente perchè l'attenzione non è più rivolta al sè.
Il noi è presente anche quando vi è l'immedesimazione in una situazione, quando si fa propria una condizione che non ci appartiene, ma che ci coinvolge al punto di iniziarne lo studio e approfondirne il senso.

Cari saluti.

Luciano

1 commento:

Anonimo ha detto...

@luciano
Si percepisce la presenza del noi, come tu dici, quando si fa propria una condizione che non ci appartiene. Si chiama empatia, o più semplicemente, mettersi nei panni dell’altro e assumere un punto di vista diverso dal proprio. È questa l’universalità della poesia. Se riescono in questo intento, l’io lirico, l’io poetico, l’io psicologico e l’io empirico hanno raggiunto il loro obiettivo. Hanno raggiunto i tanti tu per creare un unico coro di emozioni e suggestioni. Credo sia questo il concetto di “moltitudine poetante” espresso anche da Ennio Abate. Il noi poetante, a primo impatto, può sembrare un miscuglio di io/sé serrati nel loro involucro e alla ricerca di un proprio posto nel mondo, ma poi questa moltitudine si scambia fecondi messaggi a vari livelli e di valori diversi. Si innesca il processo di crescita. Le differenze e le affinità finiscono per creare un’unica omogeneità feconda.
Cosa dici, Ennio, mi sbaglio?
Giuseppina Broccoli