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lunedì 21 marzo 2011

CONTRIBUTI
Ennio Abate
Su punteggiatura, caos e forma
In dialogo con Mayoor e Dedo


Il dialogo va riferito  "Una poesia di Marco Dedo" (qui) e ai commenti presenti in quel post (19 marzo 2011)

@ Mayoor

Concordo che chi scrive , anche quando si rivolge ad un interlocutore reale, come sto facendo io con te ora), si rapporta in parte più o meno con un interlocutore o lettore (nel caso di un libro) immaginario.
Non invece con quest’affermazione:« Il fatto di scrivere versi che non si curano degli a capo non è rubare qualcosa dalla prosa, è una scelta di libertà». Gli ‘a capo’ in prosa ci sono (o ci sono stati) e seguono o trasgrediscono propri codici più o meno (come tutti i codici) accettati.  Oggi non curarsi degli ‘a capo’ mi pare una scelta di libertà davvero trascurabile (lo fanno almeno tutti quelli che hanno assorbito per convinzione o di riflesso alcune trovate a suo tempo “scandalose” delle avanguardie).  A me non meraviglia né sorprende più. Al massimo ritengo che, quando uno è in preda a un’emozione forte o  parole o pensieri gli si “affollino in mente” numerosi e sfuggenti, per non farseli sfuggire e non potendo  frenare l’emozione, fa bene a  usare una punteggiatura  o abbreviazioni persino “private”. Per tutto un periodo  ho accumulato versi sostituendo la punteggiatura “normale” con  barrette (/). E mi capita di ritrovare appunti quasi stenografici o in una grafia  tanto nervosa e spasmodica da risultare a volte indecifrabile persino a me. Ma quanto  in una prima fase viene prodotto in un “raptus creativo” o in bozze viene comunque rivisto se si arriva alla stampa. E allora non mi si dica che la resa tipografica abbia ancora una sua  necessità “interiore”. Al massimo documenta a freddo, a distanza di tempo, come una fotografia, qualcosa che fu in quei determinati esperienza solitaria istanti vivo, veloce, affannoso, convulso.

sabato 13 marzo 2010

Ennio Abate: DIARIO DI LAVORO DEL LABORATORIO MOLTINPOESIA (dicembre 2008)


È stato difficile affrontare la discussione sul poema Viaggio nella presenza del tempo di Giancarlo Majorino ieri sera , martedì 2 dicembre, nel nostro laboratorio.
Questa l’impressione che ho ricavato dalla serata, che pur ha visto aggiungersi al gruppo dei frequentanti fissi nuovi volti.

lunedì 20 marzo 2023

MOLTINPOESIA APPUNTO 3: Sulle difficoltà della "critica dialogante"



di Ennio Abate.

Due frammenti di una discussione del Laboratorio Moltinpoesia. Era stato pubblicato
 Viaggio alla presenza del tempo di Giancarlo Majorino. Non piacque ad alcuni dei partecipanti al Laboratorio. Ci furono accuse di "gergalità" e di non "comunicabilità". Oltre all'intervista qui sopra riprodotta tentai di sostenere la necessità di una "critica dialogante" con queste due lettere. 

sabato 13 marzo 2010

Ennio Abate: DIARIO DI LAVORO DEL LABORATORIO MOLTINPOESIA (dicembre 2008 n.2)


Il 9 dicembre 2008 alla Libreria EquiLibri in Via Farneti 11 (Milano) si è tenuto un incontro con Giancarlo Majorino sul suo poema Viaggio nella presenza del tempo. Pubblico qui sotto le domande che ho proposto a Majorino per approfondire anche con lui il discorso sul suo poema.
La serata “in trasferta” è stata registrata da Nazareno Ferretti con la videocamera. Ferretti si è impegnato a produrre anche un CD-Rom che vedremo poi come utilizzare. Il Laboratorio era presente quasi al completo. Scarsa invece l’affluenza di esterni, malgrado mailing list etc. Il discorso resta aperto. Ora si tratta di continuarlo, come in realtà si sta facendo attraverso gli interventi per posta elettronica.
Un caro saluto
Ennio

sabato 15 giugno 2024

Su "Le poesie italiane di questi anni" (1959), in "Nuovi saggi italiani" di Franco Fortini

 


                                        Appunti 
Riordinadiario moltinpoesia 2002



di Ennio Abate

1.

Alla poesia italiana la storia è ignota, non si assume il proprio stato storico (96) |

[La storia è storia dell’anima, cioè non-storia (105). Vari esempi: Saba: «Il tempo entro cui si dispongono le esperienze… è cronologico-biografico, con i suoi riferimenti a casi familiari e sentimentali, nel senso di un romanzesco privato o microsociale, mentre gli eventi sovraindividuali – prima guerra mondiale o guerra del «fascista abbietto» e del «tedesco lurco» - restano sullo sfondo (106)
Ungaretti: in lui il tempo è categoria metastorica, neppure psicologica (106).
Montale: il tempo si cerca… in prossimità della «crisi» esistenziale… i riferimenti agli eventi sociali e civili s’infittiscono, ma si tratta di un mondo «disertato da esseri umani e attraversato solo da messaggi cifrati, da angeli travestiti da demoni… e da lemuri animali, la riduzione degli eventi umani a quelli naturali e della guerra a «bufera» è continua e spontanea (106)
Mentre nella poesia recente (fine anni ’50, quindi siamo alla
poesia critica di Majorino) «passato, presente e futuro tendono invece a riferirsi a eventi collettivi, su quelli si ordina la biografia.
Il passato è l’infanzia e la giovinezza ma anche e più spesso il tempo del fascismo…
questo inserimento delle biografie in un complesso di eventi ha voluto dire anche inserire il proprio passato e il proprio futuro nel passato o nel futuro di un popolo, o classe o genere umano (107) ]

martedì 12 dicembre 2023

Com’è nato il termine ‘moltinpoesia’

 


di Ennio Abate 
Ecco quattro tracce del passaggio dal discorso sugli scriventi di massa a quello della moltitudine poetante, poi moltinpoesia:

1
2 ottobre 2001/ gennaio 2002
Da Ennio Abate, La poesia da lontano. Qualche ragionamento su Poesie e realtà 1945 - 2000 di Giancarlo Majorino in Esercizi critici. Letteratura e altro, gennaio 2002

"Un ultimo ragionamento: sui poeti moltitudine o gli  scriventi di massaIl cenno di Giancarlo Majorino al centinaio di poeti che in attesa di “consacrazione” (48) dovranno essere antologizzati tradisce, visto da vicino, una presa di posizione paternalistica e liberale pare una scivolata trascurabile specie in questi tempi dove contano solo i Personaggi, le Èlites. Da lontano, invece, il problema appare più importante.  All'ombra di poche fortezze corporative, che amministrano la cosiddetta Qualità Poetica, sono accampati miriadi di scriventi che sembrano poetare con gli scarti delle prime. È un brutto segno e si capisce lo sconcerto di un critico come Romano Luperini quando vede che “oggi si scrivono spesso poesie così come si cammina sui prati, o come si fa un qualunque lavoro specializzato”[i],  o di un poeta-critico come Majorino. Ma perché non si dovrebbe capire anche lo sconcerto di chi  non ha fatto in tempo ad infilarsi attraverso i ponti levatoi quando erano aperti o li vede arrogantemente sorvegliati oggi da certi cerberi editoriali venuti fuori anche dal ‘68?
Questa “proliferazione poetica... non s'attenuerà” (226), anche perché la verticalizzazione corporativa non s'è mai attenuata negli ultimi decenni. Ed è tutto il fenomeno della scrittura di massa che, assieme  ad un nuovo ripensamento della Poesia e della Letteratura di Qualità, andrebbe fatto coraggiosamente riemergere e non guardato dal buco della serratura di una disciplina universitaria.  Non basta lucidare alcuni nuovi criteri di  critica dei testi. Non basta l'allargamento della corporazione poetica o una maggiore inclusione di meritevoli, neppure in antologie spostate fuori dalla corporazione, come pare prospettare Majorino. 
Cosa vuol dire, piuttosto, per questi poeti-massa spostarsi? Il problema, comunque,  Majorino l'ha posto, apparentemente  ai margini del suo discorso generale. È proprio quello: “l'enorme rimanente giace nella penombra”; “e le ombre qui che fanno? Parlano le ombre? Pensano le ombre? Scrivono le ombre? La massa matassa dei muti e dei semimuti, dei senza cibo, degli accoltellatori per forza, quattro quinti del mondo, cosa fanno?” (364).
Le ombre: quelle della moltitudine poetante, quelle  dei semimuti, etc.  C'è qualcuno che saprà interrogarle e non scegliere solo le "migliori" o le più "presentabili" in Tv, all'università, nelle case editrici, nelle istituzioni cosiddette civili ma "nostre"

venerdì 28 aprile 2023

Come se niente (cioè la guerra in Ucraina in corso) fosse, torna la "Grande Poesia a Milano"...

 di Ennio Abate

 Leggo su FB che "dal 2 al 23 maggio torna la #poesia all' Università degli Studi di Milano con "UNIMI Connect Poesia 2023. Grande Poesia a Milano”, nuova edizione del ciclo di incontri aperto alla comunità universitaria e cittadina "ospiti" dell’Aula Magna di via Festa del Perdono 7 , ogni martedì, alle ore 18.30.Con la cura artistica di Maurizio Cucchi e la partecipazione degli attori Paolo Bessegato ed Elena Sardi, l’iniziativa si articola in quattro incontri dedicati ad altrettanti poeti: 𝐅𝐫𝐚𝐧𝐜𝐨 𝐅𝐨𝐫𝐭𝐢𝐧𝐢 (Una volta per sempre, 2 maggio), 𝐆𝐢𝐚𝐧𝐜𝐚𝐫𝐥𝐨 𝐌𝐚𝐣𝐨𝐫𝐢𝐧𝐨 (Gli alleati viaggiatori, 9 maggio), 𝐀𝐥𝐝𝐚 𝐌𝐞𝐫𝐢𝐧𝐢 (La presenza di Orfeo, 16 maggio) e 𝐀𝐧𝐭𝐨𝐧𝐢𝐨 𝐏𝐨𝐫𝐭𝐚 (I rapporti umani, 23 maggio)."
Sono curioso di sapere che diranno di Fortini e di Majorino soprattutto. Per il momento mi rileggo quanto scrissi il 3 febbraio 2011 sulla loro "poesia critica" in un articolo intitolato "Da quali nemici e falsi amici si devono guardare i poeti (esodanti) [ Seconda puntata] su questo stesso blog (qui il testo completo):

venerdì 7 aprile 2023

Giancarlo Majorino e gli "scriventi poesia"



 Varie pagine di amici su Facebook hanno ricordato che  oggi, 7 aprile, è l'anniversario  della nascita nel 2028 di  Giancarlo Majorino, morto il 20 maggio 2021. Lo voglio ricordare io pure, trascrivendo una domanda e la sua risposta da una nostra conversazione del 5 giugno 2002  sul fenomeno degli "scriventi poesia". Da lì ebbe inizio la mia ricerca e la teorizzazione dei moltinpoesia.

 - Esiste oggi una tendenza a fare indagini sulla poesia soprattutto negli immediati dintorni del critico o poeta  (al limite fra i propri amici o coetanei). Ti pare del tutto utopistico, invece, una ricerca come quella che vorrei tentare su un consistente campione di quasi sconosciuti scriventi poesia? 

- L’esigenza di scrutare davvero e non così impressionisticamente  questa massa di scrittura poetica è positiva. I testi però, che arrivano sul mio tavolo,  a volte sono poesie per modo di dire. A  volte sono delle comunicazioni poeticistiche. Questo un po’ dà fastidio. Non lo dico per una difesa corporativa (almeno, per quel che mi riguarda,io sono attento a ‘sta faccenda). Il fastidio nasce perché tante energie vengono a volte imbrigliate per cose che forse non sono le vere cose che si cercano.Tante volte son forme di solitudine, di assenza di comunicazione; altre volte anche di bisogno di esserci, di avere una presenza.Così  tutto diventa subito un po’ ambiguo: come se uno sognasse che entrando di lì, dalla scrittura in versi (che mi obbliga a tener conto primariamente di ciò che sento necessario e non meno della possibilità di dare forma a ciò), potesse venirne chissà cosa. Mi sembra che ci sia una domanda muta che è ancora più forte, una insoddisfazione verso la vita che si fa. E questa è una grande molla di cambiamento. Ma, per esempio, se uno senza saperlo ripete forme poetiche già collaudate come se fossero proprie, in questo vedo un’illusione, ma anche un’ignoranza sul fatto che il ricorso a sé, all’interiorità di sé, non dà maggiore autenticità. Il  ‘sé’ è pieno di condizionamenti: è solo lo studio accanito, il confronto senza paura con l’altro da sé che può aiutare.

venerdì 12 marzo 2010

Paolo Pagani: Su moltitudine e poesia

1. Io riconosco, e rivendico, il diritto per tutti di scrivere. Ed anche quello di “diventare pubblici”, nel senso di far circolare il proprio lavoro e di provare ad essere letti/ascoltati, attraverso i molteplici canali - non necessariamente la stampa - per mezzo dei quali fare uscire il proprio lavoro dalla chiusura della propria intimità.

sabato 1 novembre 2025

RIFLESSIONI IN FORMA DI DIARIO SULLE MIE "POETERIE" (1977)

 


                                          Poesia e Moltinpoesia. Un percorso, un bilancio (1)

di Ennio Abate

 Questi appunti di diario sono stati scritti tra 1977 e 1985 e riordinati nel 1999. Pubblico quelli del 1977.

mercoledì 15 dicembre 2010

DISCUSSIONE
Non trovi che questa poesia "Rivoluzione" sia orribile?



Dopo la pubblicazione su questo blog di Due poesie di Eugenio Grandinetti ho ricevuto questa mail:

Caro Ennio, giusto per riallacciare discorsi interrotti, ma non trovi che questa poesia "Rivoluzione" sia orribile? E' puro e semplice discorso politico, neanche tanto originale né approfondito, costruito su righe con "a capo".
Questa è proprio il tipo di NONpoesia civile che non solo non mi piace né interessa, ma penso sia addirittura dannosa. 
Ma scusa, hai letto anche tu i passaggi CIVILI del libro di Majorino [Viaggio nella presenza del tempo], con una forza interna, uno sdegno vero, una poesia che rafforzava il messaggio e l'indignazione. Come fai ora a pubblicare una poesia del genere? Il confronto è spietato.
 Scusa la franchezza, ma a volte non capisco proprio le tue scelte.
Ciao

venerdì 12 marzo 2010

FOGLIETTONE "MOLTINPOESIA" N.3 novembre 2009

SAGGIO, PROSA, POESIA
Palazzina Liberty 14 maggio 2009
di Ennio Abate

Giovedì 14 marzo 2009 alla Palazzina Liberty di Milano la Casa della
poesia ha proposto un «Trittico di genere: saggio, poesia, prosa». Sulla
ribalta tre autori: Gherardo Bortolotto, Andrea Inglese e Massimo Riz-
zante, rispettivamente nelle vesti (strette, a quanto poi si è capito) di
prosatore, di poeta e di saggista.

lunedì 8 novembre 2010

DISCUSSIONE
Rilanciando sul caso Merini:
No alla sofferenza produttiva
No al populismo televisivo









Commento di Ennio Abate 
(Cfr. in questo blog anche COMMENTI
L'ape furibonda
omaggiata e punzecchiata)


@ Emilia Banfi

 1. «La sofferenza dell'indigeno non produce poesia, essendo egli un indigeno ma la potrebbe produrre in chi lo vede soffrire».

Per me non la produce mai. La poesia nasce quando la sofferenza dà tregua, non grazie alla sofferenza. Smettiamola con questa visione della sofferenza che produce.
La sofferenza è sofferenza e produce  negli altri soltanto sofferenza o  istintivo distanziamento o cinismo. Solo una Maria Teresa di Calcutta, in base alla sua fede cattolica e all’esaltazione della Croce e della sofferenza di Cristo, può “amare” la Sofferenza (e magari anche alcuni sofferenti) e costruire una ambigua “macchina per alleviare la sofferenza”. Ambigua perché pienamente inserita nel sistema (che io chiamo capitalistico) che – non dimentichiamolo – produce progresso tecnico e scientifico ma anche grandissime sofferenze, fino alle guerre. Questa “macchina per alleviare la sofferenza” ha aspetti dannosi quanto il sistema (per me il capitalismo), ma gode del velo nobilitante dell’umanitarismo.

venerdì 5 novembre 2010

COMMENTI
L'ape furibonda
omaggiata e punzecchiata














Commento di Ennio Abate

Attirato dall’argomento e curioso di sapere cosa avrebbero detto di più e meglio rispetto a noi del Laboratorio MOLTINPOESIA, che ne discutemmo nel marzo 2010 (Cfr. in nota il resoconto), sono andato. Assenti per ragioni varie Majorino, Mussapi e Riccardi, omaggio e lettura critica sono spettati ai restanti. In breve cosa hanno detto?
Kemeny ha raccontato aneddoti curiosi e divertenti su alcuni suoi incontri con Alda Merini, è sembrato affascinato dalla sua esperienza umana dolorosa e ha letto due poesie di lei che egli giudica belle e, come si dice, resistenti al Tempo.
Lamarque ha parlato di produzione poetica fluviale, ha aggiunto che – come tutti i poeti - Merini  ha lasciato poesie belle e poesie brutte e che, in assenza di una più severa selezione, la sua fama di poetessa osannata in vita potrebbe  appannarsi ora che i riflettori su di lei si sono spenti.

mercoledì 16 febbraio 2011

CRITICA
Ennio Abate
Dan-Nazione Inglese-Indiana!

 Per continuare la discussione su poesia e politica.
Samizdat di E.A. pubblicato 14 febbraio 2011 alle 12:43  sul sito di NAZIONE INDIANA nello spazio 'commenti' del post

Poesia civilizzata sul popolo egiziano


di Andrea Inglese

Caro Andrea Inglese,
mi scuso per questa mia incursione incivile in Nazione Indiana. Le cose fuori dai denti che di seguito dirò forse oggi ti entreranno da un orecchio e usciranno dall’altro, ma io le invio a quel giovane che avevo conosciuto come studioso di Fortini e di Majorino, due scrittori vecchi più di me, ma che, in misura diversa e con scelte politiche e stilistiche diverse, non si erano/sono assoggettati alla democrazia pluralista di cui in questo sito senza bussole si discute.
La tua «poesia civilizzata/ in lingua umana, tutta scaturita da dentro», con il suo «contenuto» pur esso «in lingua umana», non mi è piaciuta. È ben scritta. Si “capisce” dall’inizio alla fine. Ma che me ne faccio della forma “bella” e “comunicativa”, se trasmette il pessimo e falso (per me) messaggio politico che in Egitto, con l’aiuto di Obama e degli USA, il “popolo” o “la gente” ««si fa la democrazia da sola», come se fosse in un paese liberato dai suoi invasori o dittatori?

mercoledì 15 marzo 2023

Poesia e presente

 



di Ennio Abate

A supporto di una riflessione sulla poesia contemporanea ripubblico un mio intervento  al  Convegno della rivista di Massimo Parizzi, “Qui. Appunti dal presente” – Milano, maggio 2005.

giovedì 20 novembre 2025

RIFLESSIONI IN FORMA DI DIARIO SULLE MIE "POETERIE" (1987-1990)


Poesia e Moltinpoesia. Un percorso, un bilancio (6)


di 
Ennio Abate

1987

31 ottobre 1987

Gruppo poesia a  casa di Anna Ditel. Come allargare il discorso ad altri temi e farlo interagire con la redazione di "Laboratorio Samizdat" [1].

sabato 23 giugno 2012

CRITICA
Ennio Abate
A lato di una discussione
su «Le parole e le cose»
per un meridiano
delle poesie di Fortini



Pubblico anche su questo blog un mio lungo commento-riflessione su una discussione di cui non riassumo i termini. Gli interessati possono documentarsi direttamente  qui [E.A.]


Finora in questo post  ci sono stati spunti di discussione interessanti, ma di botto, emerse le differenti opinioni e menati gli ultimi fendenti [1] essa si è bloccata. Tento per conto mio di  rimettere  i pezzi finiti per terra sul tavolo e insistere. Tratterò due punti:

1. Meridiano delle poesie di Fortini: sì/no

Non sono addentro a nessuna faccenda editoriale. E ragiono solo per supposizioni e deduzioni dai dati che mi arrivano. Mi chiedo io pure: come mai la Mondadori, che pur ha già pubblicato «Saggi ed epigrammi» di Fortini, non accetta o ritarda la pubblicazione delle sue poesie? C’è o no questa *damnatio memoriae* cui allude Luperini? O magari opera in forme mascherate? Quali? S’è manifestata,  forse, successivamente alla pubblicazione del primo Meridiano dei «Saggi ed epigrammi»? Chi avesse dati per non farci sproloquiare a vuoto, è pregato di metterli a disposizione. Grazie.

domenica 31 ottobre 2010

DISCUSSIONE
Poeti costruttori e critici demolitori?

 





F.FELLINI Finale di OTTO E MEZZO

Mayoor -
Ma perché non hai considerato questa  frase?
"La mia affermazione, scontata, che dice che il critico demolisce va riferita proprio al metodo. Non intendevo certo dire che il critico vuol demolire per il gusto di farlo". Avrei postato questo video se avessi saputo come fare. Puoi farlo tu?
Abate -

Certamente. Ma riprecisando anche qui la mia posizione già espressa in un commento.
Mettiamola così: se oggi il poeta (o l'uomo in generale) potesse vivere in armonia assoluta (o quasi) con gli altri uomini (società) e la natura, non avrebbe bisogno né di costruire né di demolire alcunché.
Ma l'armonia è una tale falsità che da secoli le religioni, le filosofie, le arti (poesia compresa), per rimediare a un mondo che nega in mille modi ogni possibile armonia, bellezza, convivenza pacifica, felicità, devono continuamente costruire dei, Dio, Essere Supremo (Ragione), mondi superiori (o infernali) o paralleli.  Che diventano più o meno presto gabbie,
fanatismi, clausure nazionalistiche o comunitarie, gerarchie burocratiche; e fanno rinascere rabbia, insofferenza, voglia di distruggere e demolire. I costruttori (tu dicevi i poeti) sono separabili così nettamente dai demolitori (tu dicevi i critici)?
Ne dubito. Mi pare arduo che uno passi tutta la sua vita esclusivamente a costruire e un altro soltanto a demolire.
Tutto avviene in spazi e tempi precisi. Uno nasce dopo una guerra, ed è chiaro che la spinta a costruire prevarrà. Uno nasce nell'Italia attuale della deindustrializzazione, del degrado della politica, della "diddatura dell'ignoranza" (Majorino)
e mi pare più ovvio che gli venga la voglia di demolire.

Nota.  Fellini ebbe la "fortuna" di operare dopo la guerra. Noi la "sfortuna" di farlo oggi.