Poiché in questa recensione su Roberto Piperno Linguaglossa fa riferimento alla discussione che, a varie voci, si è svolta su Tranströmer e i poeti italiani del secondo Novecento, segnalo che essa è reperibile qui [E.A.]
Roberto Piperno Sala d’attesa Campanotto, Udine, 2006
Roberto Piperno Esseri Edizioni Istituto Italiano di
Cultura, Napoli, 2010
Leggendo la poesia del romano
Roberto Piperno (classe 1938) sorge spontanea l’esigenza di fare una
precisazione: la poesia va interrogata, alla poesia non bisogna chiedere
Nulla... ma non per una sua presunta «superiorità» ma proprio perché essa
rimane muta e sorda di fronte alle richieste di chi vuole applicarle la
stampigliatura del prezzo, del sublime, del de-sublimato, della follia,
dell’impegno, del ritorno al privato, del concerto eufonico, etc. Ma il fatto è
che per INTERROGARE la poesia occorre possedere una DOMANDA da porle; è la DOMANDA che fa squillare la RISPOSTA della poesia,
non la richiesta. E anche la richiesta di voler sapere a che cosa serva la
poesia è piuttosto indice di una mentalità borghese e impiegatizia, come se noi
dicessimo a un matematico a che cosa servano quelle strane equazioni con otto
incognite. A tali richieste non c'è risposta plausibile e possibile, tranne uno
squillante silenzio. Se ci chiediamo a che cosa serva una immagine della poesia
di Transtromer, l'unica risposta possibile è il silenzio.