Pubblico, rivisto dall'autrice, il testo che ha fatto di base all'incontro tenutosi alla Palazzina Liberty di Milano del 13 novembre 2012 (qui). Ci sono evidenti, anche se parziali e provenienti da altri contesto culturale, consonanze con la recente riflessione di G. Linguaglossa appena pubblicata (qui). [E.A.].
Sono qui per esporre un mio
breve scritto, “La competenza dei poeti”, in cui sostengo che i poeti, in
qualità di competenti, cioè di massimi conoscitori della lingua, possono -e
debbono- agire per riuscire concretamente a cambiare la non-lingua, la lingua
degradata a linguaggio, dell'informazione televisiva;
per ottenere,
quindi, concretamente, che si faccia in Italia (e poi in Europa) un cambiamento
linguistico dei telegiornali.
I) Ma perché si
dovrebbe agire proprio riguardo all'informazione -della televisione, e non riguardo alla sua pubblicità, o ad
altri suoi programmi?
Ecco,
innanzitutto per un motivo strategico: perché è più facile, meno contestabile,
iniziare a scalfire il linguaggio mediatico partendo dall'informazione.
Infatti, a differenza
dell'informazione, la pubblicità è, in qualche modo, intoccabile, poiché si sostiene -come fosse un dogma- che essa sia necessaria per finanziare tutto
il resto.
E riguardo agli
svariati altri programmi, chiamati, a volte, programmi-spazzatura, si sostiene,
altrettanto dogmaticamente, che c'è
molta gente a cui piacciono e dunque, proprio in nome della democrazia, del
rispetto di tutte le opinioni, non si possono, anch'essi, toccare.
L'informazione
è, dunque, strategicamente, il terreno meno impervio da affrontare, soprattutto
perché i poeti, quali specialisti della lingua, non chiederanno di cambiare i
contenuti dell'informazione, bensì la sua non-lingua, il suo linguaggio.