1991 (luglio o settembre)
5 poeti del premio Laura Nobile del 1991.
di Ennio Abate
1982
1 gennaio 1982
Sulle
poeterie
(poesie
‘62-’64) ho condotto in vari tempi le seguenti operazioni:
- commenti
(agosto 1975);
- racconti
sui miei tentativi di scrivere poesie;
- restauri;
- sviluppi;
- tentativi
di critica e autocritica.
Tali
operazioni non sono mai arrivate definitivamente in porto. Ma le ho
tentate con una certa tenacia per vari anni. Ho perseguito questi
scopi:
- non
dimenticare il passato in cui mi ero formato;
- dare
importanza
alla mia pratica poetica solitaria;
- utilizzare
i frammenti per indagare la mia esperienza.
febbraio 1982
1.
Perché
il mio poetare ha avuto bisogno di tanta clandestinità? (O
mortificazione?).
Desiderio
di stare
al riparo? Da
cosa o chi? L’ho
sentito come una malattia che volevo curarmi da solo?
Poesia e Moltinpoesia. Un percorso, un bilancio (1)
di Ennio Abate
Questi appunti di diario sono stati scritti tra 1977 e 1985 e riordinati nel 1999. Pubblico quelli del 1977.
Appunti
Riordinadiario
moltinpoesia 2002
di Ennio Abate
1.
Alla
poesia italiana la storia è ignota, non si assume il proprio stato
storico (96) |
[La
storia è storia dell’anima, cioè non-storia (105). Vari
esempi: Saba: «Il tempo entro cui si dispongono le esperienze… è
cronologico-biografico, con i suoi riferimenti a casi familiari e
sentimentali, nel senso di un romanzesco privato o microsociale,
mentre gli eventi sovraindividuali – prima guerra mondiale o guerra
del «fascista abbietto» e del «tedesco lurco» - restano sullo
sfondo (106)
Ungaretti: in lui il tempo è categoria
metastorica, neppure psicologica (106).
Montale: il tempo si
cerca… in prossimità della «crisi» esistenziale… i riferimenti
agli eventi sociali e civili s’infittiscono, ma si tratta di un
mondo «disertato da esseri umani e attraversato solo da messaggi
cifrati, da angeli travestiti da demoni… e da lemuri animali, la
riduzione degli eventi umani a quelli naturali e della guerra a
«bufera» è continua e spontanea (106)
Mentre nella poesia
recente (fine anni ’50, quindi siamo alla poesia
critica di Majorino)
«passato, presente e futuro tendono invece a riferirsi a eventi
collettivi, su quelli si ordina la biografia.
Il passato è
l’infanzia e la giovinezza ma anche e più spesso il tempo del
fascismo…
questo
inserimento delle biografie in un complesso di eventi ha voluto dire
anche inserire il proprio passato e il proprio futuro nel passato o
nel futuro di un popolo, o classe o genere umano (107) ]
a cura di Ennio Abate
Gli avvisi degli incontri copiati dal sito della CASA DELLA POESIA DI MILANO (qui) non sono in ordine cronologico. Li pubblico per ricordare i temi trattati e i nomi dei collaboratori del Laboratorio.
"Un
ultimo ragionamento: sui poeti moltitudine o gli scriventi di massa. Il cenno di Giancarlo Majorino al
centinaio di poeti che in attesa di “consacrazione” (48) dovranno essere
antologizzati tradisce, visto da vicino, una presa di posizione
paternalistica e liberale pare una scivolata trascurabile specie in questi
tempi dove contano solo i Personaggi, le Èlites. Da lontano, invece, il
problema appare più importante. All'ombra
di poche fortezze corporative, che amministrano la cosiddetta Qualità Poetica,
sono accampati miriadi di scriventi che sembrano poetare con gli scarti
delle prime. È un brutto segno e si capisce lo sconcerto di un critico come
Romano Luperini quando vede che “oggi si scrivono spesso poesie così come si
cammina sui prati, o come si fa un qualunque lavoro specializzato”[i], o di un poeta-critico come Majorino. Ma perché non si dovrebbe capire anche
lo sconcerto di chi non ha fatto in
tempo ad infilarsi attraverso i ponti levatoi quando erano aperti o li vede
arrogantemente sorvegliati oggi da certi cerberi editoriali venuti fuori anche
dal ‘68?
Questa “proliferazione poetica...
non s'attenuerà” (226), anche perché la verticalizzazione corporativa non s'è
mai attenuata negli ultimi decenni. Ed è tutto il fenomeno della scrittura
di massa che, assieme ad un nuovo
ripensamento della Poesia e della Letteratura di Qualità, andrebbe fatto
coraggiosamente riemergere e non guardato dal buco della serratura di una
disciplina universitaria. Non basta
lucidare alcuni nuovi criteri di critica
dei testi. Non basta l'allargamento della corporazione poetica o una maggiore
inclusione di meritevoli, neppure in antologie spostate fuori
dalla corporazione, come pare prospettare Majorino.
Cosa vuol dire, piuttosto, per questi
poeti-massa spostarsi? Il problema, comunque, Majorino l'ha posto, apparentemente ai margini del suo discorso generale. È
proprio quello: “l'enorme rimanente giace nella penombra”; “e le ombre qui che
fanno? Parlano le ombre? Pensano le ombre? Scrivono le ombre? La massa matassa
dei muti e dei semimuti, dei senza cibo, degli accoltellatori per forza,
quattro quinti del mondo, cosa fanno?” (364).
Le ombre: quelle della
moltitudine poetante, quelle dei semimuti,
etc. C'è qualcuno che saprà interrogarle
e non scegliere solo le "migliori" o le più "presentabili"
in Tv, all'università, nelle case editrici, nelle istituzioni cosiddette civili
ma "nostre"?
«L’artista
non è semplicemente colui che ascolta sé come sorgente di verità… Abbiamo
bisogno di specialisti della letteratura e del mondo; così come abbiamo bisogno di poeti della
poesia e del mondo».
(Giancarlo Majorino (Atti del convegno di Letture, 1997)
1. Parto da una premessa che dovrebbe chiarire subito il senso di quanto dirò. È stato detto: «Per quanto male si possa dire del genere antologico… non se ne può fare a meno» (Parola plurale, pag. 10) E, in effetti, di antologie della poesia contemporanea se ne fanno e se ne faranno ancora. Ma è difficile occultare che la forma-antologia sia in crisi. E aggiungo: come la forma partito.
di Ennio Abate
Sono curioso di sapere
che diranno di Fortini e di Majorino soprattutto. Per il momento mi rileggo
quanto scrissi il 3 febbraio 2011 sulla loro "poesia critica" in un
articolo intitolato "Da quali nemici e falsi amici si devono guardare
i poeti (esodanti) [ Seconda puntata] su questo stesso blog (qui il testo completo):
Varie pagine di amici su Facebook hanno ricordato che oggi, 7 aprile, è l'anniversario della nascita nel 2028 di Giancarlo Majorino, morto il 20 maggio 2021. Lo voglio ricordare io pure, trascrivendo una domanda e la sua risposta da una nostra conversazione del 5 giugno 2002 sul fenomeno degli "scriventi poesia". Da lì ebbe inizio la mia ricerca e la teorizzazione dei moltinpoesia.
- L’esigenza di scrutare davvero e non così
impressionisticamente questa massa di
scrittura poetica è positiva. I testi però, che arrivano sul mio tavolo, a volte sono poesie per modo di dire. A volte sono delle comunicazioni poeticistiche.
Questo un po’ dà fastidio. Non lo dico per una difesa corporativa (almeno, per
quel che mi riguarda,io sono attento a ‘sta faccenda). Il fastidio nasce perché
tante energie vengono a volte imbrigliate per cose che forse non sono le vere
cose che si cercano.Tante volte son forme di solitudine, di assenza di
comunicazione; altre volte anche di bisogno di esserci, di avere una
presenza.Così tutto diventa subito un
po’ ambiguo: come se uno sognasse che entrando di lì, dalla scrittura in
versi (che mi obbliga a tener conto primariamente di ciò che sento necessario e
non meno della possibilità di dare forma a ciò), potesse venirne chissà cosa.
Mi sembra che ci sia una domanda muta che è ancora più forte, una
insoddisfazione verso la vita che si fa. E questa è una grande molla di
cambiamento. Ma, per esempio, se uno senza saperlo ripete forme poetiche già
collaudate come se fossero proprie, in questo vedo un’illusione, ma anche
un’ignoranza sul fatto che il ricorso a sé, all’interiorità di sé, non dà
maggiore autenticità. Il ‘sé’ è pieno di
condizionamenti: è solo lo studio accanito, il confronto senza paura con
l’altro da sé che può aiutare.
Questi sono gli appunti della mia lettura di "Parola plurale", uscita nel 2005 da Sossella Editore nel 2005. Una sintesi fu pubblicata nel 2007 su questo blog e si può leggere qui
1. Il titolo.
di Ennio
Abate.
Due frammenti di una discussione del Laboratorio Moltinpoesia. Era stato pubblicato Viaggio alla presenza del tempo di Giancarlo Majorino. Non piacque ad alcuni dei partecipanti al Laboratorio. Ci furono accuse di "gergalità" e di non "comunicabilità". Oltre all'intervista qui sopra riprodotta tentai di sostenere la necessità di una "critica dialogante" con queste due lettere.
di Ennio Abate
Quali colombe dal disio chiamate…?
No, come gocce d’ignote bufere
alle vetrate della Casa della Poesia
Giancarlo [1] , premono molti scriventi.
Chi sono? Quanti? Perché così scrivono?
A che mirano? Curarsi di loro
o il brusio di pubblico dal palco reggere
modulandone ossequi e domande?
E chi sono per noi che su riviste
di poesia pubblichiamo i versi
che ci piacciono? Fratelli? Concorrenti?
Compagni di strada? Pedine da manovra?
Possiamo aprirci benevoli ad essi
reggere invidia, angosce, deliri
non sfuggirli, non costruire valli
interiori? E mostrare anche l’errore
dell’energia spostata dal reale
dal vero alienata? E parlare a lungo-
con loro, seguirne lo sciamare
nella notte e poi riprendere a scrivere?
[2006]
Nota
Giancarlo è il poeta Giancarlo Majorino (1928-2021), presidente in quegli anni
della Casa della Poesia con sede nella Palazzina Liberty di Milano, dove,
grazie a lui, tenemmo gli incontri del Laboratorio Moltinpoesia
(2006-2012).
A supporto di una riflessione sulla poesia contemporanea ripubblico un mio intervento al Convegno della rivista di Massimo Parizzi, “Qui. Appunti dal presente” – Milano, maggio 2005.
Questo lungo saggio era comparso sul n. 7 inverno 2003/ 2004 della rivista INOLTRE edita dalla Jaca Book. Pur silenziato da poeti e critici allora operanti - quasi tutti hanno preferito poi andare in direzioni opposte all'ipotesi di poesia moltitudinaria e esodante da me proposta alla discussione - lo ripubblico in questo cupo 2023. Come documento di riflessione. Esistono ancora minoranze o singoli che non si sono rassegnati alla cancellazione di ogni dialettica tra poesia e politica. Malgrado la crisi di entrambe. E prima o poi bisognerà pur venir fuori dai pantani dell'iperspecialismo pseudo-accademico o della spettacolarizzazione dell'io liricheggiante in cui in troppi si sono cacciati.