di Ennio Abate
- In politica comunque c'eri
anche se ti dibattevi tra brutti fantasmi…
C'ero come in ipnosi.
M'avranno visto altri fare cose.
di Ennio Abate
- In politica comunque c'eri
anche se ti dibattevi tra brutti fantasmi…
C'ero come in ipnosi.
M'avranno visto altri fare cose.
In morte di Anna Cascella Luciani
di Ennio Abate
Apprendo solo oggi della morte di Anna Cascella Luciani. Ci eravamo sfiorati nel 1991 al tempo del premio Laura Nobile a Siena, rincontrati attorno al 2011 grazie a comuni amici romani e iniziato – con Poliscritture
allora cartaceo - un rapporto di amichevole e intensa collaborazione. Poi scintille,
attriti, la rottura.[1]
E il silenzio tra noi. L’ho seguita (o spiata come da dietro una tenda?) di tanto in tanto sul palcoscenico della sua
pagina FB.[2] Ora scelgo
di ricordarla con questo nostro scambio
di mail del 2015. C’è lei, ci sono io. E a me basta. Ciao Anna. [E. A.]
di Ennio Abate
25 aprile 2004
Caro X,
eccoti le informazioni che mi hai chiesto:
1. Prima di Salernitudine (Ripostes 2003), oltre a un
po' di poesie sparse in riviste, avevo pubblicato nel 1982
-stampandolo in una tipografia di amici: Edizioni CELES di Cologno Monzese
- solo un altro libretto, Samizdat Colognom (titolo
passato poi alla rivistina fotocopiata e omonima diffusa a mano tra
amici: 7 numeri tra 1999 e 2004). Poi, finalista al LAURA NOBILE del
1991, uscì presso Scheiwiller nel 1992 il volumetto 5 POETI
DEL PREMIO "LAURA NOBILE" 1991 con una selezione delle
poesie da me presentate in quell'occasione.
Gli avevo dato il titolo Salernitudine/Immigratorio/Samizdat. Per
il resto non mi sono mai dato da fare per pubblicare. Perché? Dovrei fare
- ma lo evito adesso - un lungo discorso, dove entrerebbero in gioco:
l'interruzione degli studi universitari cominciai a Napoli; il mio
trasferimento a Milano; le peripezie fra lavoro per sostenere me e la famiglia
che mi ero fatta e ripresa degli studi (abilitazione di disegno poi non
utilizzata e laurea in lettere, che poi mi ha fatto imboccare la via
dell'insegnamento); la militanza politica dal 1968 al 1976 in
Avanguardia Operaia che ebbe la precedenza sulla mia ricerca artistica
e letteraria continuata sempre in solitaria; il breve ma diretto rapporto
con Fortini (vecchio); un tentativo infelice di pubblicare una
raccolta più ampia e meditata delle mie "poeterie" da Manni.
«L’artista
non è semplicemente colui che ascolta sé come sorgente di verità… Abbiamo
bisogno di specialisti della letteratura e del mondo; così come abbiamo bisogno di poeti della
poesia e del mondo».
(Giancarlo Majorino (Atti del convegno di Letture, 1997)
1. Parto da una premessa che dovrebbe chiarire subito il senso di quanto dirò. È stato detto: «Per quanto male si possa dire del genere antologico… non se ne può fare a meno» (Parola plurale, pag. 10) E, in effetti, di antologie della poesia contemporanea se ne fanno e se ne faranno ancora. Ma è difficile occultare che la forma-antologia sia in crisi. E aggiungo: come la forma partito.
Che rimozione! Il '68
ridotto a "Reich, Marcuse, il Living Theatre, la Beat generation " (
e senza il '69). La storia ridimensionata a "ancella della poesia"; e, tra l'altro, se condivide la definizione riportata di Boine ("un
barile di merda che il diavolo rotola per la china della morte”), possibile che
la puzza non arrivi alla Signora Poesia? La tradizione che, invece di essere
esplorata, criticata, scelta per le cose da salvare, viene occultata dal velo
del Sacro ("La tradizione è un concetto sacro").
di Ennio Abate
Ahi, noi! I finti vivi
respiranti sazi e distratti
intenti alle proprie
- intere (crediamo) -
assorbenti storie!
E 1958 - Ecco i versi di allora:
«dentro
la tana delle
lucertole
nei
rigagnoli
nei gusci
di noci
sotto le
foglie
in mezzo
ai nidi
abbandonati
un
silenzio c’era
e luce e
calore
che neppure
supponevo»
E 2017 - Vengono da ricordi delle tue esplorazioni di ragazzo in campagna?
a Luigi Manzi
in ricordo e in omaggio
Riporto
dalla pagina Facebook di Matteo Marchesini questo stralcio di un articolo del 1999 di
Alfonso Berardinelli:
di Ennio Abate
”Sui confini della poesia” (1978) si legge in “Nuovi saggi italiani 2” alle
pagg. 313-327 del volume della Garzanti pubblicato nel 1987. Si tratta di una
lezione che Fortini tenne presso l’università del Sussex nel maggio 1978. Il
testo non è di agevole lettura forse perché rivolto a un pubblico di
studiosi. Negli anni passati l'ho letto più volte avendo in mente la questione
dei moltinpoesia, di cui mi
occupai soprattutto ai tempi del Laboratorio Moltinpoesia di Milano
(2006-2013). E su di esso ho già scritto su Poliscritture nel 2020 (qui).
Da lì ricavo oggi
questa sintesi. I numeri tra parentesi rimandano alle pagine del
libro di Fortini. [E. A.]
di Ennio Abate
Sono curioso di sapere
che diranno di Fortini e di Majorino soprattutto. Per il momento mi rileggo
quanto scrissi il 3 febbraio 2011 sulla loro "poesia critica" in un
articolo intitolato "Da quali nemici e falsi amici si devono guardare
i poeti (esodanti) [ Seconda puntata] su questo stesso blog (qui il testo completo):
Un equivoco forse resta nell’uso (utopistico?) che ho fatto finora del
termine «moltitudine poetante». Credo mi abbia suggestionato l’idea, afferrata di corsa (da Eluard, ad
esempio), che in questo scritto Fortini attribuiva ai surrealisti, profeti per lui dell’«avvento di una umanità
in cui non si sarebbero stati più poeti perché tutti lo sarebbero stati, perché ogni comunicazione sarebbe stata automatica, assolutamente spontanea e immediata in un mondo di liberi» (pag. 1275).
Ma davvero, a distanza di tanto tempo dai surrealisti, condividendo la loro tensione, ho dato ad intendere che "essere molti in poesia" significhi "tutti (facilmente o già) poeti"?
Non mi pare. Mi è chiaro infatti che i molti in poesia, di cui oggi parlo, sono un segno della crisi della poesia (o di una nuova crisi della poesia) più che il segno di una sua diffusione vitale e prorompente. E che bisogna proprio partire dalla crisi della poesia invece di parlare genericamente solo di "cattivi poeti" odierni, come se la poesia godesse ottima salute.
Varie pagine di amici su Facebook hanno ricordato che oggi, 7 aprile, è l'anniversario della nascita nel 2028 di Giancarlo Majorino, morto il 20 maggio 2021. Lo voglio ricordare io pure, trascrivendo una domanda e la sua risposta da una nostra conversazione del 5 giugno 2002 sul fenomeno degli "scriventi poesia". Da lì ebbe inizio la mia ricerca e la teorizzazione dei moltinpoesia.
- L’esigenza di scrutare davvero e non così
impressionisticamente questa massa di
scrittura poetica è positiva. I testi però, che arrivano sul mio tavolo, a volte sono poesie per modo di dire. A volte sono delle comunicazioni poeticistiche.
Questo un po’ dà fastidio. Non lo dico per una difesa corporativa (almeno, per
quel che mi riguarda,io sono attento a ‘sta faccenda). Il fastidio nasce perché
tante energie vengono a volte imbrigliate per cose che forse non sono le vere
cose che si cercano.Tante volte son forme di solitudine, di assenza di
comunicazione; altre volte anche di bisogno di esserci, di avere una
presenza.Così tutto diventa subito un
po’ ambiguo: come se uno sognasse che entrando di lì, dalla scrittura in
versi (che mi obbliga a tener conto primariamente di ciò che sento necessario e
non meno della possibilità di dare forma a ciò), potesse venirne chissà cosa.
Mi sembra che ci sia una domanda muta che è ancora più forte, una
insoddisfazione verso la vita che si fa. E questa è una grande molla di
cambiamento. Ma, per esempio, se uno senza saperlo ripete forme poetiche già
collaudate come se fossero proprie, in questo vedo un’illusione, ma anche
un’ignoranza sul fatto che il ricorso a sé, all’interiorità di sé, non dà
maggiore autenticità. Il ‘sé’ è pieno di
condizionamenti: è solo lo studio accanito, il confronto senza paura con
l’altro da sé che può aiutare.
di Ennio Abate
Questi sono gli appunti che usai per il mio intervento sul tema proposto all’incontro del 25 giugno 2007 dalla Casa della poesia al Trotter di Milano.
Partiamo dal titolo di questa serata: Il territorio della poesia. Le riviste. Lo intendo come un invito a parlare della poesia pubblicata sulle riviste di poesia o su quelle che trattano anche altro; e mi pare sia sottinteso che le riviste siano ancora oggi i luoghi più investiti dai flussi vivi e magmatici della poesia che si facendo oggi in Italia; e che, quindi, andrebbero considerati i più attendibili per dar conto dello stato della poesia italiana assieme alle antologie di poesia, che in tali flussi dovrebbero mettere un po’ di ordine. Subito dopo mi chiederei: come operano le riviste di poesia e quelle non esclusivamente di poesia nel territorio della poesia? Ma anche - questione per me importante - cosa fanno ai confini di questo territorio della poesia?
di Ennio Abate
Continuo in forma di appunti la selezione in ordine cronologico di miei scritti inediti o apparsi su riviste oggi introvabili che siano riconducibili al concetto ‘moltinpoesia’. Da un mio intervento del maggio 2005 al Convegno della rivista di Massimo Parizzi, “Qui. Appunti dal presente”, già pubblicato per intero (qui) estraggo questi 4 punti:
Questi sono gli appunti della mia lettura di "Parola plurale", uscita nel 2005 da Sossella Editore nel 2005. Una sintesi fu pubblicata nel 2007 su questo blog e si può leggere qui
1. Il titolo.
Questa è la bozza del testo concordato nel 2005 dai promotori dell'inchiesta sulla moltitudine poetante (qui) e poi non più pubblicato per dissensi che portarono allo scioglimento del gruppo. [E. A.]
Tra il 2003 e il 2004 a Milano un gruppo di lavoro composto da Ennio Abate, Paolo Rabissi, Lelio Scanavini, Franco Tagliafierro e Adam Vaccaro preparò questa accurata inchiesta sul "fenomeno della odierna diffusione a livello di massa della scrittura poetica". Ecco premessa e domande.
28 giugno 2002
di Ennio
Abate.
Due frammenti di una discussione del Laboratorio Moltinpoesia. Era stato pubblicato Viaggio alla presenza del tempo di Giancarlo Majorino. Non piacque ad alcuni dei partecipanti al Laboratorio. Ci furono accuse di "gergalità" e di non "comunicabilità". Oltre all'intervista qui sopra riprodotta tentai di sostenere la necessità di una "critica dialogante" con queste due lettere.
Leggo su LE PAROLE E
LE COSE 2 l'articolo POESIA, PRIMA PERSONAPLURALE / 2: CHARLES BERNSTEIN a cura di
Lorenzo Mari e Gianluca Rizzo.
Ho trovato di particolare interesse e in buona sintonia con alcune mie passate riflessioni sui "moltinpoesia" questi passi tratti dai materiali di C.
Bernstein proposti dai due curatori:
1.
«Ciò di cui ci si deve
dispiacere, invece, non è l’assenza di un pubblico di massa per un qualsiasi
poeta, ma piuttosto l’assenza di un pensiero poetico che sia, per tutti, una
potenzialità realizzata».
di Ennio Abate
Quali colombe dal disio chiamate…?
No, come gocce d’ignote bufere
alle vetrate della Casa della Poesia
Giancarlo [1] , premono molti scriventi.
Chi sono? Quanti? Perché così scrivono?
A che mirano? Curarsi di loro
o il brusio di pubblico dal palco reggere
modulandone ossequi e domande?
E chi sono per noi che su riviste
di poesia pubblichiamo i versi
che ci piacciono? Fratelli? Concorrenti?
Compagni di strada? Pedine da manovra?
Possiamo aprirci benevoli ad essi
reggere invidia, angosce, deliri
non sfuggirli, non costruire valli
interiori? E mostrare anche l’errore
dell’energia spostata dal reale
dal vero alienata? E parlare a lungo-
con loro, seguirne lo sciamare
nella notte e poi riprendere a scrivere?
[2006]
Nota
Giancarlo è il poeta Giancarlo Majorino (1928-2021), presidente in quegli anni
della Casa della Poesia con sede nella Palazzina Liberty di Milano, dove,
grazie a lui, tenemmo gli incontri del Laboratorio Moltinpoesia
(2006-2012).
Un amico: - Ma secondo te, cosa intendeva Fortini con l’espressione “la sporca religione dei poeti”?…Tu ricordi in quale pagina di Fortini l’hai letta?…Grazie
A supporto di una riflessione sulla poesia contemporanea ripubblico un mio intervento al Convegno della rivista di Massimo Parizzi, “Qui. Appunti dal presente” – Milano, maggio 2005.
Questo lungo saggio era comparso sul n. 7 inverno 2003/ 2004 della rivista INOLTRE edita dalla Jaca Book. Pur silenziato da poeti e critici allora operanti - quasi tutti hanno preferito poi andare in direzioni opposte all'ipotesi di poesia moltitudinaria e esodante da me proposta alla discussione - lo ripubblico in questo cupo 2023. Come documento di riflessione. Esistono ancora minoranze o singoli che non si sono rassegnati alla cancellazione di ogni dialettica tra poesia e politica. Malgrado la crisi di entrambe. E prima o poi bisognerà pur venir fuori dai pantani dell'iperspecialismo pseudo-accademico o della spettacolarizzazione dell'io liricheggiante in cui in troppi si sono cacciati.
di Ennio Abate
Mi è arrivata oggi da
alcune amiche e amici la notizia della morte improvvisa di Beppe Provenzale, «architetto e
scrittore, critico d'arte e conferenziere. Mai pavone», come leggo dalla sua
pagina su Facebook, ma per me soprattutto animatore vivace del Laboratorio
Moltinpoesia, a cui, malgrado il nostro rapporto sospettoso e a volte
tempestoso (da parte sua e da parte mia), molto però s'era appassionato. (Basta
scrivere il suo cognome in 'cerca' per vedere e rileggere i suoi numerosi
contributi). Poi ci siamo persi di vista. Non so se e come mi avrebbe
ricordato, se fossi morto io prima di lui, ma a me piace ricordarlo così:
Per una storia dei moltinpoesia/Appunti
Riporto dal sito di POLISCRITTURE l'articolo di Donato Salzarulo e i commenti che documentano la riflessione sul perché scriviamo poesie avvenuta tra febbraio e marzo 2009 nel Laboratorio Moltinpoesia di Milano [E. A.]
Riordinadiario 11 dicembre 2021 di Ennio Abate
Commento lasciato a MAPPA IMMAGINARIA DELLA POESIA
ITALIANA CONTEMPORANEA di Laura Pugno su LE PAROLE E LE COSE (qui)
“Quindi in Italia ci sono 100 poeti degni di una antologia?
Già è difficile trovarne 4 o 5.” (Andrea)
Anche la Mappa immaginaria della poesia italiana
contemporanea di Laura Pugno – per carità intelligente, manageriale,
sopportabilmente amicale e inclusiva – ripropone di fatto l’eterno, ideologico,
arbitrario, crociano, liberale, élitario, taglio tra poesia e non poesia. Il
problema non è se i poeti oggi siano 100 o 5. Anche perché non esiste autorità
capace di deciderlo in modi convincenti. Il problema è che nella società
italiana, passata bene o male attraverso una scolarizzazione di massa, anche
l’esercizio della poesia è diventato ambiguamente, nebulosamente, forse
democraticamente, di massa. (Ho parlato e scritto, altrove ma anche qui su
LPLC, dei “moltinpoesia”). E questo fenomeno andrebbe studiato e capito nella
sua complessità. Detto in breve, non mapperemo bene (fingendola “immaginaria”)
la poesia italiana contemporanea senza una mappatura rigorosa anche della sua
(supposta o reale) “periferia” (i “moltinpoesia”). Come non si capisce bene una
città se non si tiene conto dei suoi dintorni, che possono svelare sorprese.
Bisognerebbe, perciò, imparare dagli scienziati che inseguono e si scambiano
tutti i dati disponibili. Invece, per pigrizia, per rendita di posizione
conquistata e gelosamente difesa, si resta a pescare e a pensare soltanto nel
proprio bacino di osservazione più o meno ristretto. E così continuano ad
uscire periodicamente crestomazie, antologie, annuari e quant’altro. Come si
fosse ancora nelle “patrie lettere” ai tempi di Leopardi o negli anni ’50 del
Novecento. Aria alle stanze, signori e signore, per favore!
Appendice
Ennio Abate 18 MAGGIO 2012 ALLE 12:05 (qui )
@ Massimo Gezzi
«considera che ogni recinto ha il suo pastore, ed ha una
guardia forestale che sorveglia i cinghiali, tenendoli lontani; ed anche
considera che il mondo di fuori riserva sorprese» (Commento di Stan su Le
parole e le cose 30 novembre 2011 alle 13:38)
«dentro il recinto ogni scelta conduce all’esaltazione del
recinto medesimo» (Commento di Stan su Le parole e le cose 1 dicembre 2011 alle
17:00)
Salto i preamboli e chiedo:
1. perché una rubrica dedicata soltanto ai poeti nati negli anni Ottanta
rinunciando in partenza a un bel respiro epocale?
2. perché sempre più spesso si vedono in giro “nuovi critici” che i “nuovi
poeti” li cercano (e pare li trovino a credergli) esclusivamente nella loro
generazione o in quella appena precedente o successiva?
3. continuare a proporre soltanto le “perle poetiche” che spuntano nel proprio
“bacino di coltura” può parere amore per un lavoro artigianale ben fatto, ma
non è anche segno di miopia, di pigrizia, di paura?
4. non converrebbe uscire dai recinti, in cui di solito le poesie poste “in
vetrina” dal curatore di turno ricevono commenti di solito piattamente
apologetici e poco argomentati o contestualizzati?
5. non si può coraggiosamente mettere a confronto le “perle” della cerchia A
con quelle della cerchia B o C o D e aguzzare l’acume critico a 360 gradi e non
a dieci o a venti o al massimo a trenta?
In questo articolo del 6 febbraio 2013 mi paiono interessanti due punti:
Celan è un poeta che più di tanti altri ho avvicinato
muovendomi come in un buio e protendendo verso alcune delle sue poesie le mani
(della mente, del cuore) come un cieco che palpa qualcosa di sconosciuto.
L’ultima volta lo feci proprio con questo articolo nel 2016 (http://www.poliscritture.it/2016/11/03/celan-e-la-poesia-in-tempi-di-lotta-politica-bloccata/).
Poi ho sempre letto – in una sorta di apprendistato illimitato e senza scopo
preciso – quel tanto che mi è capitato di trovare in rete su di lui.
Oggi, 6 novembre 2021, mi limito a segnalare un altro testo
critico su Celan di un suo appassionato studioso.
L’ho appena letto su ANTINOMIE:
“Siamo una sola carne con la notte”
LUIGI REITANI
31/10/2021
https://antinomie.it/index.php/2021/10/31/siamo-una-sola-carne-con-la-notte-2/
E cumme faceve a acchiappà/ a pruvà ancore/ chella cosa/ ca isse sule (quanne?)/ aveve ncuminciate a chiamà/ a
salernitudine/?/
e ca sicure/ fine a quanne stette a Salierne/ nunn’a chiamava accussì/
E ca po che ere?/ e a pruvave
sule isse?/ e scumparive appene se guardave attuorne/
E ere na parole?/ Nu sentimente? /Nu state d’animo? /Nu rulore?/ na cose/ ere na cose e
baste/
Ca spuntave in mente certi iuorne/ cumm’a oggi che m’ha
scritte chiste e Salierne/ per farmi sapere ca pure isse ere e chella parrocchia, / se vuleve fa prevete pure isse/ e ha ditte: ‘i piaceri della carne’/ e m’ha fatte quase rire/ ma m’ha ditte/ e nunn’o sapeve/
ca è muorte Giògiò/ ad agosto/
E allora è na cosa ca spunta quenne
se vene a sapé che è muorte quacchune/ ca è muorte pure Giògiò/ e ogni
morte tu o saie/per chi suona la campana/ per te/ e per i tuoi / per tanti
E sta salernitudine ca è penziere e morte e è pensiere e suonno o dormiveglia/ e ca nunn’à niente a
che fa cu chist'ate cu cui se parle e
se scrive mo/ e ca spunte sule quanne scrive a Eggidie/ o penze a Mìneche/ a Nannìne/ e a zia Ludimilla/ che nome!/ e ca nunn’a niente a che fa cu ati discorsi ca fanne G e B e D e F/
E. A. 3 novembre 2021